Il 26 marzo sciopero dei medici del 118 della Regione Campania

20 marzo 2021 | 00:10
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Il 26 marzo sciopero dei medici del 118 della Regione Campania

Il prossimo 26 marzo i medici del servizio d’emergenza territoriale della Regione Campania incroceranno le braccia. A proclamare lo sciopero 16 sigle sindacali che si sono dati appuntamento sotto la sede della Regione Campania a Napoli. In una lettera inviata al prefetto di Napoli e al presidente della Regione Campania si chiarisce che la protesta nasce dopo la decisione della sospensione dell’indennità oraria di 5 euro e 16 centesimi già percepita dai medici del 118 dal 1999 ad oggi, ma anche la restituzione delle indennità già ricevute.

Sulla vicenda – come riporta TV Medica – è intervenuto il dottore Attilio Maurano, responsabile regionale della Cisl Medici: “A ricorrere allo sciopero dunque 16 sigle sindacali che rappresentano le professionalità impegnate sulle ambulanze, camici bianchi che andranno in corteo a protestare sotto la sede della Regione Campania – Palazzo Santa Lucia a Napoli – per ribadire il ruolo fondamentale svolto in questi anni e, soprattutto, negli ultimi dodici mesi caratterizzati dall’emergenza continua provocata dall’epidemia di Covid 19. Addirittura i medici si ritrovano al centro di potenziali azioni di recupero delle Asl fino a un quinto dello stipendio. E’ in questo modo che si risponde – da parte della Regione, ma, più in generale, dello stesso Stato – alla situazione in atto, caratterizzata dall’esigenza primaria e non discutibile, che vede l’azione dei medici e di tutto il personale sanitario al centro della battaglia quotidiana contro la pandemia? Si vuole, cioè, mettere in campo un’azione di tagli – che andrà, senza dubbio, approfondita e chiarita con attenzione da parte di tutte le componenti in campo – nel momento nel quale si procede con tutte le energie disponibili, e con tutte le competenze che siamo in grado di mobilitare, ad uno sforzo cruciale per salvare vite umane? Mentre da un lato si richiede – e si ottiene senza alcuna difficoltà, come è gusto che sia, da parte dell’intera categoria medica – ogni disponibilità e ogni sforzo possibile, dall’altro, invece, si procede sulla strada delle azioni legali che, naturalmente, agiscono sul piano della questione economica. E’ così, proprio nel momento dell’emergenza, che si intende riallacciare il filo di un dialogo che resta la strada maestra per rendere la nostra Sanità sempre più responsabile e solidale non solo rispetto alle terribili emergenze che stiamo affrontando, ma anche in relazione al contesto più generale che va, senza dubbio, affrontato e migliorato, con spirito di servizio e promozione delle professionalità che restano il punto di forza di un settore primario nel nostro sistema pubblico. Rispetto a queste considerazioni più generali, ma, in ogni caso, sostanziali per orientarci con chiarezza nel percorso che siamo chiamati a compiere con la responsabilità che caratterizza la professione medica, corriamo, quindi, il rischio di assistere in questi giorni difficili oltre al taglio della retribuzione (che è stato già posto in essere) alle azioni di recupero. E’ mai possibile che la Regione, lo Stato, procedano su questo binario caotico e certamente non rispettoso della situazione nella quale siamo immersi, senza soffermarsi a chiedere che cosa, in realtà, si attiva e che cosa prende forma? Di fronte alla cittadinanza, per esempio, quale significato si propone con questa iniziativa? Che cosa si intende attribuire alla classe medica che, invece, contemporaneamente si pone al centro della riconoscenza e della gratitudine per quanto ha fatto e per quanto continua a fare? Senza dubbio siamo in un periodo di grande confusione istituzionale con la quale, giorno per giorno, siamo chiamati a confrontarci e a rispondere con responsabilità e volontà di dialogo. Ma, soprattutto, non rinunciando a manifestare per rivendicare la tutela dei nostri diritti. E, soprattutto, per ricordare che quando si affronta un’emergenza così grave e mortale per la salute di noi tutti, cittadini italiani ed europei, si devono rispettare i “soldati” in campo, quelli che stanno combattendo per il bene collettivo. Per il bene della comunità, che resta il riferimento principale per rimanere, tutti insieme, nel nostro Stato di civiltà. Anche se, troppo spesso, lo dimentichiamo senza chiederci mai perché possa accadere una cosa così grave e pericolosa.”