Sorrento. 14 marzo GIORNATA MONDIALE DEL PAESAGGIO
Il nostro paesaggio è un paesaggio culturale, cioè un paesaggio nel quale i dati naturali, la conformazione fisica, l’idrografia, la flora entrano continuamente in rapporto con l’opera dell’uomo, e così si caricano di memorie e significati. […]
Il paesaggio è storico anche perché è sempre visto attraverso gli occhi dell’osservatore, che non sono mai innocenti ma condizionati da un gusto, una poetica, un’idea di ciò che il paesaggio deve essere, che porta letteralmente a non vedere alcune cose a beneficio di altre.
“Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
Esso è componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità.
Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Il Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.
RISORSE PAESAGGISTICHE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLA
PENISOLA SORRENTINA
Stefania Palmentieri1
L’immagine prevalente della Penisola Sorrentina che ci è stata tramandata nei secoli nelle opere dei numerosi intellettuali, scrittori e artisti che in ogni epoca vi hanno soggiornato, è quella di un’area particolarmente “attraente” sia per le sue indiscutibili bellezze naturali, che per il gran numero di emergenze culturali, storiche e artistiche che hanno costituito da sempre il punto di forza dell’identità locale. Il paesaggio sorrentino si presenta come un sistema estremamente complesso, segnato dalla stratificazione storica delle trasformazioni sociali ed economiche indotte dai diversi processi di territorializzazione Già nel 1794 Giuseppe Maria Galanti scriveva “I poeti antichi ebbero ragione di dire ch’era questo il soggiorno delle incantatrici sirene…”. Una nota interessante, che apre la strada alla nostra analisi del paesaggio sorrentino, è quella di Giotto Dainelli (1930) che nella Guida della escursione alla Penisola
1 Università degli Studi di Napoli Federico II, DADAT sez. di Geografia
Sorrentina scritta in occasione dell’ XI Congresso Geografico Italiano, fa una comparazione tra paesaggio rurale e paesaggio urbano, tra giardini di agrumi e centri abitati, cogliendo quello che tutt’oggi costituisce, secondo E. Manzi (2001b), il tratto più originale del paesaggio sorrentino: l’agrumeto compenetrato nel tessuto urbano, classica manifestazione della complessità del paesaggio mediterraneo. Più in particolare, la complessità del paesaggio sorrentino si fissa e si consolida tra Otto e Novecento: un “paesaggio di mare” e “di terra” al tempo stesso, in cui le produzioni agricole sono funzionali al traffico marittimo che a sua volta dona a molte di esse la possibilità di ampliarsi: le attività mercantili, marinare e pescherecce sono infatti agevolate dalla vicinanza a Napoli che ha sempre costituito un grande mercato di assorbimento dei prodotti sorrentini (frutta, olio, vini, latticini) e ha fornito i capitali per le trasformazioni agrarie, per i nuovi indirizzi colturali, e la diffusione dei modelli urbani. (Ruocco 1982) Tra questi, purtroppo, rientra anche la speculazione edilizia degli anni Sessanta e Settanta, che ha portato alla costruzione della maggior parte delle residenze secondarie, indice di un tipo di turismo “stanziale”, per lo più napoletano. Questo fenomeno ha condotto alla profonda trasformazione del paesaggio costiero con la formazione di una vera e propria “conurbazione” tra i comuni di Meta, S. Agnello e Sorrento. In seguito a questo fenomeno, anche il paesaggio agrario circostante ha perso la sua armonia e quella che alcuni chiamano scapediversity indice di sostenibilità e di vitalità nel rapporto uomo-ambiente naturale. (Manzi 2000, 2001b) D’altro canto il paesaggio è fatto di componenti macroregionali e microregionali, comprensibili sistemicamente ma anche a scale diverse. Quando consideriamo i centri storici minori di grande fama come Sorrento e altri meno noti, ma di pari cultura territoriale e interesse paesistico come Massa Lubrense, ci accorgiamo che elementi “minori” del paesaggio possono apparire importanti, acquisendo oggi valori non nuovi ma di maggiore spessore per la loro crescente rarità e per la loro valenza identitaria e dunque culturale. L’agrumeto urbano e periurbano sorrentino si presta in tal senso come caso esemplare di paesaggio culturale; ad esso è strettamente connessa la casa rurale della penisola che, come nota Mario Fondi (1991), rappresenta una delle principali testimonianze dell’antica civiltà contadina di quest’area. Domenico Ruocco (1951), inquadra la dimora rurale della Penisola Sorrentina nel contesto tipico delle contrade mediterranee. dove la coltura degli agrumi –trasformata da promiscua a speci alizzata- si era, sin dai tempi più antichi, già estesa a spese dell’oliveto e del vigneto, su ben visibili terrazzamenti. Ancora oggi le case sparse o raggruppate in Risorse paesaggistiche per lo sviluppo sostenibile della penisola sorrentina 183 piccoli nuclei sono numerose, mentre i centri abitati di maggior rilievo si trovano ai confini delle aree più intensamente coltivate. Il frazionamento fondiario e colturale alquanto accentuato, la forma quadrangolare e la ridotta dimensione dei campi sono altri tratti tipici di questo paesaggio. Oggi è scomparsa l’antica sovrapposizione a più livelli delle colture -prodotti orticoli e colture erbacee, legumi, vigneti, alberi da fruttoche per secoli ha costituito il tratto caratterizzante dell’assetto agricolo policolturale. (Fondi, 1991). Poiché tanto l’insediamento quanto le col ture dipendono anche dalla morfologia del terreno, è necessario operare nella Penisola Sorrentina una distinzione in tre aree: la bassa collina, la collina vera e propria e la conca di Agerola. La prima comprende le terrazze del versante settentrionale e la fascia di collina a lieve pendio che si estende in media fino all’altitudine di 200 m. Qui, come in quasi tutte le aree pianeggianti, le coltivazioni sono costituite quasi esclusivamente da agrumi; le colture della vite, dell’olivo e degli agrumi predominano invece nella fascia collinare intorno ai 200m, su fondi che si estendono in buona parte su lieve pendio, mentre. sulle pendici ripide e più aride del versante meridionale, che si affaccia sul golfo di Salerno, predominano ad altitudini elevate l’olivo e la vite; gli agrumi invece appaiono sparsi in piccole gole
, valli e terrazze di breve estensione, ma dove più ampie sono le possibilità di
irrigazione.
Anche l’insediamento, come la distribuzione delle colture, dipende dalle
condizioni storiche o naturali che hanno spinto l’uomo a cercare una sede per le sue
dimore. Secondo un fenomeno comune a gran parte del Mezzogiorno, laddove la
morfologia si presenta piuttosto accidentata, come nel caso del versante meridionale
della Penisola Sorrentina, la popolazione accentrata è più numerosa di quella sparsa.
D’altro canto, la morfologia impervia ed aspra, allungando troppo le distanze tra le
case sparse, le ha rese, sin dai tempi più remoti, troppo isolate e malsicure. La
popolazione sparsa è infatti distribuita non lontano dalle principali vie di
comunicazione, tra i singoli centri di origine medioevale, nati dalla necessità di difesa
contro le incursioni piratesche che obbligarono le popolazioni a riunirsi in piccoli
aggregati, in genere intorno a una torre di vedetta da dove si potesse tener d’occhio le
coste, o intorno ad un castello che potesse servire da riparo e da difesa, o intorno ad un
convento o una chiesa che segnassero per così dire il “cuore” del villaggio da difendere
tutti uniti. D’altra parte la penisola, priva di risorse minerarie e quindi tagliata fuori
dalle linee percorse dai grandi traffici, non ha mai offerto le condizioni che
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naturalmente spingono la popolazione ad addensarsi in grandi centri. In una regione
litoranea la popolazione che vive delle risorse del mare si stabilisce per lo più vicino
alla costa: ciò spiega perché nella fascia fino a 100m di altitudine si localizzino i centri
maggiori di tutta la penisola, a testimonianza della tendenza della popolazione ad
addensarsi nei punti in cui sono facilitati gli scambi e i traffici. L’addensamento sulle
fasce altimetriche più elevate (250-700m) va invece ricondotto alla fertilità del suolo:
il fitto insediamento di queste aree testimonia allora che, accanto al mare, l’attività
agricola ha costituito un ulteriore fattore di distribuzione della popolazione sorrentina
e amalfitana. In particolare, sul versante meridionale, dove il terreno è aspro e tutto
proteso sul litorale, ogni area pianeggiante è stata sfruttata per l’insediamento: si spiega
così come sin dai tempi più remoti la popolazione si sia addensata sulle aree terrazzate
e in prossimità delle spiagge, per lo più costituite da piccoli greti sassosi. Qui il terreno
è in lievissimo pendio, data la forma a conoide delle spiagge; e sulle conoidi, ai piedi
dei promontori rocciosi o dei versanti montani in cui si sono inerpicati i castelli, i
conventi, le chiese si adagiano le piccole case dei borghi. Solo Marina di Vietri,
tuttavia, nato come geminazione del maggiore e più alto centro di Vietri sul mare,
presenta l’impianto di “centro di spiaggia”; tutti gli altri centri del versante amalfitano
hanno forme miste e derivano da un nucleo originario che sorse in alto, sui pendii o
sui costoni, la cui popolazione è pian piano scesa fino al mare quando, in età moderna,
cessarono le incursioni piratesche e si costituirono lungo la costa dei centri di forma
triangolare come Amalfi, Strani, Maiori e Minori. Altri centri si sono sviluppati ad
altitudini maggiori perché la caletta in cui si traevano a riva le imbarcazioni era troppo
piccola per ospitare le case che invece sorsero su brevi ripiani cui si accedeva dal mare
mediante piccole scale scavate nello strapiombo della roccia. A non molta distanza dal
mare sorsero invece i centri di costone e di pendio, con nuclei più addensati laddove
la pendenza si addolciva e con case sparse laddove si inaspriva. I centri di fondovalle
non sono molto numerosi e si allineano nella stretta valle del torrente di Tremonti a
nord di Maiori; del resto essi non potevano fiorire in un contesto in cui le valli sono
strette e dirupate, affogate dagli aspri costoni e dai pendii rocciosi che su di esse
incombono (Merlini, 1937).
Più in generale, il sistema sorrentino presenta un tratto comune a molte regioni
costiere mediterranee: pur in presenza di un contesto socio-culturale comune, è
evidente la netta discrepanza tra il paesaggio delle aree interne e quello costiero, segno
di una diversa vocazione territoriale che nel tempo ha dato vita nelle due aree ad una
Risorse paesaggistiche per lo sviluppo sostenibile della penisola sorrentina
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diversa evoluzione economica. La fascia costiera, da sempre demandata alla funzione
ricettiva, è stata interessata dalla speculazione edilizia legata soprattutto al fenomeno
delle seconde case e dalla realizzazione di un gran numero di strutture ricettive
alberghiere. Questi elementi hanno concorso in misura considerevole alla profonda
trasformazione del paesaggio e al conseguente impoverimento dell’identità locale. Si
tratta infatti di un’edilizia in molti casi completamente avulsa dal genius loci, che ha
modificato anche l’originaria pianta compatta dei centri, rendendola lineare e
originando un continnum urbanizzato che poi è confluito nella conurbazione costiera
sorrentina.
Le aree interne della Penisola, ancorate ad attività di tipo agricolo e zootecnico, si
presentano sicuramente meno vive economicamente e funzionalmente rispetto a quelle
costiere: sono queste le aree interessate dal fenomeno dell’abbandono della terra,
specie da parte dei giovani, attratti dalle maggiori possibilità lavorative offerte
dall’area costiera e dalla vicina metropoli partenopea. Solo con l’attuazione di
politiche di pianificazione volte allo sviluppo in tali aree di attività di stimolo per
l’economia, come l’agriturismo, i centri interni della Penisola Sorrentina potrebbero
rinvigorirsi economicamente e demograficamente, purché oltre all’eco- compatibilità,
tali attività turistiche si porrebbero anche nel rispetto delle tradizioni e dell’identità
locale. Ciò permetterebbe infatti a queste aree non solo di inserirsi in reti di relazioni
a scala sovralocale e di innalzare il livello di integrazione con le aree costiere –
caratteristica questa determinante per la crescita della competitività territoriale -, ma
anche di integrare diverse attività quali turismo e agricoltura in un’ottica di
complementarità funzionale. Si pensi alla realizzazione di percorsi storici che integrino
centri dispersi, come quelli di mezza costa e di crinale, nei quali una forma seppur
minima di turismo culturale potrebbe effettivamente costituire una primo input di
sviluppo.
I dati della popolazione residente dei centri costieri sorrentini, mettono in evidenza
il forte incremento demografico in tutti i comuni nel periodo compreso tra il 1881 e
l’immediato dopoguerra. Il dato negativo di Piano di Sorrento non è imputabile ad un
decremento demografico reale visto che nel censimento del 1881 il circondario di
Piano includeva frazioni minori (Cerreto, Trinità e Mortora) che evidentemente nel
censimento del 1951vengono considerate a parte. L’analisi di questo dato ci aiuta a
comprendere la forte crescita economica e dunque demografica che in questi centri è
stata evidentemente legata allo sviluppo del settore terziario e del turismo sin dai primi
Stefania Palmentieri
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del ‘900. Crescita che non si è arrestata, anzi si è incrementata nell’intero arco del
secolo, mantenendo costanti i valori di incremento specie nei centri della conurbazione
costiera.(Tabella 1)
Tabella 1: Lavoratori occupati nei diversi settori di attività economica dei principali
comuni della Penisola Sorrentina e totale residenti, al 2001 (Fonte ISTAT)
COMUNE Agricoltura Industria
Altre
attività
Totale
occupati
Totale
residenti
Amalfi 39 223 1.450 1.712 5.428
Massa Lubrense 477 835 2.878 4.190 12.880
Maiori 110 307 1.239 1.656 5.740
Meta 57 362 1.901 2.320 7.696
Minori 71 213 616 900 3.023
Piano di Sorrento 209 721 3.148 4.078 12.833
Positano 38 301 991 1.330 3.882
Ravello 63 133 658 854 2.508
Sant’Agnello 109 425 2.068 0,125 8.421
Sorrento 233 911 4.459 5.603 16.536
Vico Equense 522 1165 4.174 5.861 20.048
Tot. Regionale 110.543 400.707 975.143 1.486.393 5.701.931
La salvaguardia dei centri storici e del paesaggio m sorrentino deve fondarsi su un
criterio estetico teorico sorretto da una complessa conoscenza dei meccanismi
sistemici del territorio. Si tratta di ripristinare e salvaguardare, per quanto possibile, la
commistione tipica degli insediamenti mediterranei tra rurale e rurbano. Ciò dovrebbe
risultare meno difficile per i centri e le regioni di grande fama paesistica e turistica
come quelli della Penisola Sorrentina; i fondi necessari sarebbero infatti forniti
dall’Unione Europea , secondo quanto previsto dalla Convenzione Europea del
Paesaggio. Il turismo non si configurerebbe più in tal modo solo come veicolo di
denaro, ma anche come ulteriore strumento di diffusione a scala mondiale della fama
di questi luoghi, sostenuta da fatti concreti, visibili nella direzione della tutela e
valorizzazione sostenibile. (Manzi, 2001 b)
Un patrimonio paesaggistico di tale entità esige infatti una tutela attenta e capillare.
La Regione Campania ha disposto un piano paesistico-territoriale per l’area
Sorrentino-Amalfitana in cui alcune “Aree” e “Zone” sono fatte oggetto di protezione
paesistica. Le Aree sono accorpamenti di comuni, le Zone sono microegioni con
caratteri di maggiore o minore urbanizzazione o con emergenze paesaggistiche,
naturalistiche, agricole, infrastrutturali, ecc. L’agrumeto per esempio, risulta oggetto
di interesse nelle categorie che includono giardini, insiemi di pregio vegetazionale o
Risorse paesaggistiche per lo sviluppo sostenibile della penisola sorrentina
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di interesse archeologico, insediamenti antichi accentrati, parchi speciali e territoriali,
risorse naturali integrate ecc.
Specie per Sorrento, presa d’assalto nel periodo della speculazione edilizia degli
anni Sessanta e Settanta, è oggi sentita la necessità di protezione degli ultimi giardini
e delle pochissime aree di agrumeto ancora presenti nel tessuto urbano storico e in
quello perturbano. Sorrento conserva infatti un aspetto paesistico decoroso che esprime
la vocazione sia di luogo di turismo qualificato, sia di località centrale della Penisola
in senso culturale, storico e funzionale. Non solo: essa esprime la corrispondenza con
l’immaginario paesistico colto e meno colto, nazionale e internazionale, perché il
paesaggio dell’agrumeto sorrentino rientra nelle immagini impresse nella memoria. E’
per questo che gli agrumeti e i giardini residui vengono visti con una maggiore
sensibilità: essi costituiscono una parte integrante del tessuto urbano che a Sorrento e
dintorni è a lungo stato caratterizzato dalla simbiosi tra giardini e costruito.
Volendo a questo punto stabilire il livello di competitività territoriale dell’area in
esame, vale a dire quanto delle risorse qui presenti venga utilizzato non solo a fini
turistici, ma soprattutto in vista di una rifunzionalizzazione che guardi agli insiders, ci
chiediamo se la dotazione delle risorse materiali e immateriali venga valorizzata e
“riconvertita” per concorrere all’apertura e al rilancio del territorio verso l’esterno e
quale sia stato il ruolo svolto da tale sistema nel contesto regionale Ci chiederemo
altresì se vengano o meno attivate delle politiche di sviluppo a scala locale o
sovralocale per adeguare il sistema al cambiamento che inevitabilmente gli deriva dal
contatto con l’esterno.
Le nuove linee programmatiche poste in essere dalla Regione Campania per lo
sviluppo locale prevedono interventi relativi alle opere infrastrutturali da finanziare
nell’ambito del Piano Integrato Territoriale Sorrentino- Amalfitano. Nato
ufficialmente nel giugno del 2000 per qualificare l’offerta di una delle principali mete
di turismo internazionale, questo Pit, che conta 35 enti proponenti di cui 27
amministrazioni comunali, punta all’integrazione tra aree costiere e interne, cercando
di coniugare, attraverso una attenta azione di salvaguardia e difesa del suolo, la
valorizzazione delle risorse ambientali e culturali con un processo di integrazione
socio-economica che si accompagni al rafforzamento di un sistema di relazioni che
favorisca l’apertura verso l’esterno anche delle aree interne. Il Pit vede in prima fila le
amministrazioni provinciali di Napoli e Salerno e si pone l’obiettivo di accrescere la
competitività del territorio secondo tre direttrici: potenziamento e riqualificazione del
Stefania Palmentieri
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sistema di accoglienza e valorizzazione del patrimonio culturale, assetto e difesa del
territorio e dell’ambiente, organizzazione del sistema della mobilità in chiave
sostenibile. E’ previsto il recupero e la riqualificazione delle masserie e di edifici
storici e storico-industriali, la valorizzazione dei beni archeologici, monumentali e
ambientali, il rilancio dei prodotti tipici, lo sviluppo di infrastrutture per lo sport e il
tempo libero, il recupero dei borghi rurali, gli aiuti per l’impresa dell’accoglienza, la
certificazione della qualità, l’incentivazione a misura di sicurezza del territorio. Il Pit
prevede anche azioni di assetto e difesa idrogeologica, creazione e potenziamento di
impianti di depurazione, realizzazione di parcheggi, riqualificazione e ampliamento di
approdi per il turismo da diporto e la realizzazione di sistemi di trasporto pubblico
alternativi. L’obiettivo dichiarato è quello di “valorizzare un sistema di notevole pregio
dal punto di vista culturale e al tempo stesso mirare a conservare identità e tradizione”.
Combinando la possibilità di accedere ai finanziamenti previsti da più assi e misure
del POR è stato posto obiettivo di sviluppo incardinato su tre elementi: turismo,
cultura, ambiente. Attraverso il recupero del patrimonio archeologico si intende
garantire una riqualificazione del tessuto urbano e del territorio promuovendo
l’immagine e le funzioni sociali della Penisola sorrentina attraverso la
rifunzionalizzazione e dunque la nuova fruizione delle antiche vestigia. Il recupero e
la riconversione delle aree, di cui alla L 236/93 per lo sviluppo armonico ed
ecocompatibile dell’area è l’idea forza del Pit che interessa 14 comuni. L’attuazione
dei progetti infrastrutturali è diretta a risolvere innanzitutto le carenze esistenti,
essendo forte l’esigenza della costruzione di nuovi porti. Già nel 2001 un consorzio di
imprese locali ha presentato insieme al comune di Massa nell’ambito di una procedure
di project financing una proposta relativa al rilancio dell’area portuale; idea che poi è
stata integrata all’interno di un progetto più ampio lanciato successivamente dall’ente
regionale: il Programma Quadro, finalizzato al rilancio delle attività portuali nella
provincia di Napoli, nel quale occupa un capitolo specifico la costiera sorrentina, dalle
coste di Vico fino all’approdo Rocomone.
Questi interventi favorirebbero non solo l’integrazione territoriale tra la penisola e
il contesto regionale, ma rilancerebbero anche nei centri costieri nuove forme di
imprenditoria legata ad attività secondarie, accrescendone la funzione di nodi di
sviluppo a scala sovra-locale. L’evoluzione economica della popolazione costiera si è
infatti orientata quasi esclusivamente verso le attività ricettive, trascurando la
possibilità di incrementare il secondario attraverso, ad esempio, la trasformazione dei
Risorse paesaggistiche per lo sviluppo sostenibile della penisola sorrentina
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prodotti agricoli locali. La produzioni tipiche del limoncello e dell’olio sono di scala
ridotta, non sufficiente ad assicurare una diversificazione dello sviluppo economico
che invece costituirebbe un ulteriore fattore di competitività territoriale anche per le
aree interne.
L’appiattimento dell’economia locale, incentrata quasi esclusivamente sul settore
turistico e i processi di omologazione in atto si accompagnano ad un progressivo
appiattimento culturale che priva anche il paesaggio della sua funzione di referente
culturale per gli insiders e di veicolo di crescita culturale per gli outsiders
Dal punto di vista della competitività, quello sorrentino potrebbe dunque essere
inquadrato in una tipologia di “sistema territoriale potenziale”. Ad una notevole
dotazione di risorse sia materiali che immateriali, fa riscontro una scarsa propensione
al rinnovamento, essendo la sua economia arrestata su posizioni immutate da circa 40
anni: lo testimoniano la netta predominanza delle attività legate al turismo sin dagli
anni ’60 e la scarsissima presenza di quelle connesse al settore secondario, in cui si
assiste alla prevalenza di investimenti provenienti dall’esterno, non sufficienti a
stimolare un cambiamento della “rotta regionale”, che rimane dunque ancorata ad
obiettivi pregressi.
Una via per accrescere il livello di competitività territoriale del sistema sorrentino
potrebbe essere costituita dalla rifunzionalizzazione delle sedi e dimore delle aree
rurali interne. Ciò permetterebbe non solo, come abbiamo già detto, il rilancio di queste
aree e il loro inserimento nelle reti sovralocali, ma anche una certa
“destagionalizzazione” dei flussi turistici, grazie alle nuove opportunità che si
offrirebbero all’agriturismo che, svincolato da condizioni climatiche particolari,
permetterebbe di estendere la stagione turistica a tutto l’arco dell’anno, di creare nuove
opportunità lavorative e dunque di ricondurre i giovani in queste aree un tempo da loro
abbandonate, di elevare il livello di integrazione territoriale e dunque la competitività
stessa del sistema.
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