I terrazzamenti della Costa d’Amalfi, paesaggio culturale UNESCO: vecchi problemi e nuove soluzioni. Intervista a Marina Fumo, direttrice Cittam
I terrazzamenti della Costa d’Amalfi, paesaggio culturale UNESCO: vecchi problemi e nuove soluzioni. Intervista a Marina Fumo, direttrice Cittam e promotrice eventi sui terrazzamenti.
- La tutela dei terrazzamenti della Costa d’Amalfi è una tematica cocente non solo per chi vive il territorio, ma per tutto il mondo scientifico e culturale. Il rischio è quello di perdere un patrimonio unico al mondo per i recenti mutamenti climatici e le inevitabili trasformazioni socio-antropiche. Una situazione di pericolo alla quale ha prontamente risposto il CITTAM, Centro di Ricerca Interdipartimentale dell’Università Federico II di Napoli, che da anni approfondisce in maniera multidisciplinare tutte le problematiche connesse alla salvaguardia e alla valorizzazione dei materiali e delle tecniche costruttive tradizionali in area mediterranea e non solo. Il Centro Universitario per i Beni Culturali, di Ravello, che ha redatto il Piano di Gestione della Costiera Amalfitana e che con il CITTAM ha organizzato il webinar sul tema, ha intervistato la direttrice del CITTAM, l’architetto e professoressa Marina Fumo, che ringraziamo per aver accettato. Com’ è quando avete sentito l’urgenza di portare avanti questa iniziativa di studio coinvolgendo e facendo dialogare ricercatori e professionisti?
L’iniziativa di far convergere gli studi del Cittam sui terrazzamenti della Costa d’Amalfi è nata perché da sempre il Cittam si occupa di tecniche tradizionali in area mediterranea, ma da qualche anno il problema della manutenzione, della tenuta e della salute – direi- dei terrazzamenti è all’ordine del giorno per fatti di cronaca, di crolli e di frane… Considerando la fragilità di quel territorio, che è un territorio collinare che arriva rapidamente al mare, sono fondamentali le vie di comunicazioni libere per cui i crolli e le frane creano problemi a tutta l’economia e alla vita quotidiana degli abitanti; negli ultimi anni purtroppo questi eventi si sono intensificati anche a causa dei cambiamenti climatici, di piogge incessanti, concentrate in alcune ore e anche dovute al fatto che spesso molti appezzamenti sono abbandonati, non sono più ben manutenuti e quindi non esiste la vegetazione che farebbe anche da contenimento idrico.
Il sistema di terrazzamenti della Costa d’Amalfi è un sistema complesso che vede insieme delle opere murarie a secco, le màcere, ed un terreno retrostante che da queste pietre viene mantenuto, ma soprattutto sul quale si dovrebbe coltivare; se si interrompe questa coltivazione, se non ci sono più le piante che da un lato aspirano l’acqua e dall’altro con le stesse radici fanno un contenimento dei terreni, è chiaro che una pioggia straordinaria diventa un problema, se trova soltanto dei terreni aridi. Quindi la questione dei terrazzamenti va vista con uno sguardo multidisciplinare, con uno sguardo complesso -vorrei dire- e il CITTAM ha l’interesse ad occuparsene perché nell’ambito del centro di ricerca operano degli studiosi che si occupano sia di geologia che di ingegneria idraulica che di tecnica costruttiva e quindi ci si può interessare di questi manufatti. La sollecitazione al CITTAM, in verità, è venuta dal territorio già da qualche tempo, poi l’ultimo episodio di febbraio scorso ha accelerato la promozione di questo evento che è stato fatto il 26 marzo online, con un webinar. Avevamo aspettato un po’ pensando si potesse fare in presenza, già da tempo, ma evidentemente non siamo fuori pericolo dalla pandemia e quindi abbiamo dovuto cogliere l’occasione di questo sistema che, devo ammetterlo, offre la possibilità di coinvolgere molte più persone… Infatti, il presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Salerno, Michele Brigante, che con noi ha collaborato all’organizzazione dell’evento, ci diceva che sono passate circa duemila persone a seguire questo evento e quindi ci fa molto piacere sapere che ci sia un interesse professionale su questo tema. Il Cittam ha sempre avuto attenzione ai territori perché, pur essendo un centro di ricerca interdipartimentale dell’Università degli studi di Napoli Federico II, sappiamo bene che le ricerche di cui ci occupiamo debbano essere utili per il territorio e per le comunità che le abitano; quindi abbiamo, con piacere e con interesse, rivolto l’attenzione appunto alla Costa d’Amalfi che è “paesaggio culturale”, iscritto nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Inoltre il Cittam nell’ambito della Federico II ha promosso e coordinato per l’Italia il primo Master Erasmus Mundus sui paesaggi culturali Unesco nel 2008, da moltissimi anni ci occupiamo della Costa d’Amalfi con il supporto del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, in particolare nella persona del responsabile scientifico, il professore Ferruccio Ferrigni, un ex collega della Federico II. Perciò diciamo pure che quel territorio lo conosco abbastanza, lo conosciamo abbastanza, proprio perché di anno in anno vi abbiamo portato studenti da tutto il mondo e con loro abbiamo incontrato abitanti, abbiamo percorso chilometri a piedi e quindi ci siamo un po’ resi conto di come fosse e di come anche sta mutando e sia mutato quel paesaggio.
- Un lavoro lungo anni ed anni che ha riscosso i risultati attesi. A darne testimonianza ci sono i quasi due mila professionisti ed appassionati che il 26 marzo si sono collegati all’evento da tutta la penisola e non solo, c’erano collegamenti dall’estremo oriente nonostante il fuso orario. A monte del successo conseguito quali sono stati gli aspetti più interessanti ed inediti che sono emersi durante i lavori del convegno?
Gli aspetti più interessanti che sono emersi dall’incontro di studio del 26 marzo sicuramente sono quelli che possono sfociare in atti concreti, operativi, normativi o comunque, in indirizzi tecnici che siano più chiari, più rispettosi della tutela, che diano più garanzie ai professionisti del settore.
La situazione attuale è che, nonostante che “l’arte dei muretti a secco” sia stata da poco dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, non si riesce a giustificare, da un punto di vista normativo, la stabilità di un muro a secco tradizionale…Di conseguenza, il più delle volte le operazioni di manutenzione, che in passato erano effettuate in maniera empirica dai contadini gestori stessi degli appezzamenti, sono state trascurate, innescando abbandono e quindi degrado strutturale delle màcere, come vengono chiamati i muri a secco in Costiera Amalfitana. Dovendo ripristinare i muri a secco,in ossequio alle procedure legislative vigenti, che si esplicano in richieste amministrative ed autorizzazioni, si finisce per mettere in atto un regime protezionistico puramente formale, che favorisce l’utilizzo del calcestruzzo armato, in qualche caso addirittura con pali di fondazione in cemento armato:e pietre calcaree diventano soltanto un rivestimento, a memoria di quella che fu una tecnica tradizionale. Ovviamente, quando l’UNESCO ha tutelato il paesaggio culturale “Costa d’Amalfi” l’ha tutelato per com’era e, se modificassimo tutti i muri a secco con muri di calcestruzzo armato rivestito da pietre, non solo non sarebbe più un paesaggio culturale UNESCO, ma si renderebbe ancora più fragile il territorio gravandolo di elementi non drenanti come, invece, sono i muri a secco.
Dall’incontro di studio è emersa, grazie ai relatori che si sono succeduti e grazie ai loro apporti specifici, che si possono ritrovare nel volume degli atti del convegno, una duplice proposta risolutiva: chi sostiene che sarebbe possibile trovare un modo per codificare i muri a secco, individuando delle buone pratiche di intervento come riferimento operativo pratico echi, invece, sostiene che si possa pensare ad una modellazione numerica agli elementi finiti. Quindi, si sono delineate due posizioni: una parte dall’idea di creare un modello teorico rispetto al quale riferirsi ed implicherebbe studiosi universitari e/o professionisti che dovranno cimentarsi nello studio e nell’approfondimento delle soluzioni teoriche; un’altra prospettiva, invece, prevede di andare in deroga alle verifiche strutturali considerando che stiamo trattando due categorie del Patrimonio UNESCO, sia l’Arte dei muretti a secco che il Paesaggio Culturale Costa d’Amalfi. Con l’esigenza di tutela paesaggistica, dunque, si potranno definire e fornire dei codici di pratica locali per dare ai professionisti delle indicazioni operative e dei riferimenti efficaci, magari differenziati in funzione della tipologia dimensionale. L’idea trainante è quella di partire da indicazioni operative, assunte dalla storia della cultura materiale locale, grazie alle quali si possano proporre nuove formule normative: è una posizione rivoluzionaria dal punto di vista concettuale, ma potrebbe essere la soluzione salvifica per il “problema” perché così facendo continueremmo a conservare la cultura costruttiva e le maestranze specializzate, delineando nuove figure professionali volte alla progettazione, alla direzione lavori e al controllo della posa in opera delle màcere.
- Si fa grande l’attesa per l’evento di settembre. Durante il convegno era forte, da parte di tutti, la tentazione di parlare delle nuove soluzioni auspicabili e risolutive, soprattutto per l’insufficienza normativa in merito alla realizzazione e alla manutenzione delle macere. Ma l’intuito di chi fa ricerca sta anche nel comprendere l’importanza del tempo per lo studio e l’approfondimento prima di giungere a nuove proposte. Quali sono le aspettative per il prossimo incontro?
Decorso un po’ di tempo dal primo evento e pubblicati gli atti, quindi le memorie di quanto è stato esposto nell’incontro webinar del 26 marzo, confidiamo di sollecitare l’interesse e la passione per questo tipo di manufatti nei professionisti che hanno seguito il webinar e che riceveranno la call, così da consentire un incontro stimolante e dialettico a settembre. Ci auguriamo di ascoltare, dal vivo, posizioni anche contrastati tra di loro, ma grazie alle quali potrà esserci un confronto tale da arrivare ad una sintesi e a delle indicazioni operative da proporre al legislatore. Perciò, salvo restrizioni pandemiche, il programma è quello di fare un incontro in presenza a Ravello, Villa Rufolo, presso il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali a Villa Rufolo.
Si auspica che l’evento autunnale possa essere la sintesi di un dibattito su posizioni differenti, per arrivare a un unico documento propositivo. L’intento dell’iniziativa promossa dal CITTAM è stato complessivamente quello operativo per cui la prima parte è stata dedicata alla focalizzazione dei problemi, ormai vecchi, dai vari punti di vista disciplinari; adesso, però, miriamo a proporre nuove soluzioni tecniche con procedure facilmente comprensibili e condivisibili che diano sicurezza ai professionisti e, soprattutto, ai territori.
Nel salutare, mi permetta di ricordare che ci sarà un prossimo convegno, a fine settembre, di cui definiremo la data in funzione delle restrizioni sanitarie e della modalità. Tra pochi giorni saranno anche disponibili gli Atti del Convegno, con spedizione in tutta Italia a domicilio compresa nel prezzo di 12 euro; per riceverne copia, gli interessati potranno contattare direttamente l’editore che se ne occupa: editoreluciano@libero.it
Ringraziamo ancora la professoressa Marina Fumo per la sua disponibilità ed il suo lavoro, invitando tutti a fare la propria parte per la salvaguardia di territori e paesaggi che sono patrimonio mondiale dell’umanità: un dovere, ancor prima che una necessità. Per gli aggiornamenti potete consultare la pagina Facebook del CITTAM o contattare la segreteria organizzativa all’indirizzo di posta elettronica cittam@unina.it