Capri, le parole dei bambini dopo la tragedia «Ho sentito l’autobus traballare e ho avuto tanta paura»
Capri, le parole dei bambini dopo la tagedia: “Ho sentito l’autobus traballare e ho avuto tanta paura”.
Mentre pronunciava queste parole con un filo di voce, Gaia, distesa su un lettino nel pronto soccorso dell’ospedale del Mare, cercava lo sguardo della madre. «Non riesco a ricordare cosa sia accaduto, a un certo punto ho visto tutta la gente a terra» ha raccontato la 14enne di Pavia con metà volto tumefatto e l’occhio destro fasciato.
La minore, trasportata nel presidio di Ponticelli insieme alla madre, dopo la prima assistenza all’ospedale Capilupi, a Capri, è stata ricoverata, insieme ad altre 13 persone, in un reparto aperto appositamente per i feriti nell’incidente caprese. «Abito con la mia famiglia a Pavia ma veniamo ogni estate a Capri e la nostra vacanza era cominciata da poco» ha continuato incredula la 14enne ancora insicura su cosa fosse realmente accaduto. Da primo pomeriggio fino alle 20 di ieri, è stato continuo il via vai dell’elicottero del
Servizio Regionale di Emergenza 118 e di un secondo mezzo per l’elisoccorso che hanno trasportato all’ospedale del Mare i pazienti spaventati e confusi, per i quali la direzione strategica dell’Asl napoletana ha predisposto un servizio di assistenza psicologica, cominciato fin dalle prime ore di ricovero.
«Ho sentito delle scosse come di un terremoto e ho stretto al mio petto i miei due figli» ha raccontato una signora che ieri non smetteva di pregare così come aveva fatto nel momento in cui l’autobus è precipitato. «Mi sono affidata alla Madonna e le ho chiesto di salvare i miei figli – ha spiegato commossa la paziente – sono stata ascoltata ed è andata bene anche a me, nonostante sia in ospedale».
Nell’area dedicata al ricovero dei pazienti trasportati da Capri si sono intrecciate le storie di chi si è sentito miracolato e fortunatamente per tutti gli assistiti non ci sono state prognosi di rischio vita ma, nella maggior parte dei casi, i feriti hanno riportato politraumi, escoriazioni, fratture e ferite lacero contuse multiple. «Stavo raggiungendo con delle amiche il bed&breakfast dove trascorrere le nostre vacanze, per questo mi trovavo sull’autobus e non avrei mai pensato di ritrovarmi in un incubo» ha raccontato una delle ragazze soccorse ieri al pronto soccorso di Ponticelli. Per fronteggiare l’emergenza sanitaria, l’Asl in sinergia con il sindaco di Capri e la Prefettura di Napoli, ha inviato nella mattinata personale sanitario con due elicotteri della Polizia d Stato e della Guardia di Finanza e, successivamente, sono stati trasportati a Napoli prima i pazienti con condizioni maggiormente critiche e in serata, i feriti meno gravi. Due minori, tra cui un 12enne veneto con fratture multiple e una lesione al bacino, sono stati trasportati al Santobono, anche per loro non c’è alcun rischio di vita.
«Sembrava fosse venuto giù un palazzo», ha raccontato Marco che stava nella piazza di Marina Grande ed era tra quelli che che hanno assistito al volo del minibus. Moltissime le persone che dopo aver ascoltato il fracasso e visto la tanta polvere che si levava alle spalle del lido Le Ondine sono corse per prestare i primi soccorsi.
«È stata una scena agghiacciante quando siamo arrivati – racconta Luca, uno dei conducenti dei taxi del porticciolo caprese – alcuni bambini avevano le ossa che sporgevano dalle gambe, molte persone erano insanguinate, gridavano disperate». Non tutti si sono subito resi conto della portata della tragedia. «Chi poteva – raccontano due anziani signori fermi ore sul posto dell’incidente – si è messo in salvo da solo uscendo con difficoltà dal minibus e arrampicandosi verso le uscite. È stato più semplice perché l’autobus è caduto sul fianco dal lato del conducente e quindi la porta siamo riusciti ad aprirla subito dal lato opposto. Ma non abbiamo subito compreso che, all’interno di quel mezzo, ci fosse anche una persona deceduta».
Sul posto sono quindi arrivati i soccorsi del 118, c’è stato un timido tentativo per rianimare l’autista Emanuele Melillo con un defibrillatore, ma subito si è capito che non c’era nulla da fare se non accertarne il decesso.