Giorgio Filocamo: un ravellese autentico
La morte accende i riflettori sulle persone che travolge, quasi un ossimoro una contraddizione, e pure è la triste realtà delle società civili. E non poteva essere diversamente per la dipartita di Giorgio Filocamo. La sua dipartita ha scosso la collettività ravellese questa mattina; il tam tam ha attraversato Ravello in un battibaleno; i social, il telefono, il passaparola, ne hanno diffuso la notizia uniti da un sottile ma potente filo conduttore: il dispiacere. Questa è la sintesi che ho colto; e dire che Giorgio era esattamente l’opposto del clamore, della visibilità, dell’ostentazione. Un uomo che ha fatto della mitezza e della riservatezza il suo pane quotidiano.
Posso dire di essere “cresciuto” con Giorgio; lui irrompeva nella scena commerciale di Ravello nel 1974 ed io in quella amministrativa nel 1975. Bontà sua mi accreditò da subito come degno della sua stima e del suo supporto, ed io capii immediatamente che avevo un porto sicuro nel quale rifugiarmi con i tantissimi ospiti che si susseguivano a Ravello. Entravo nel suo laboratorio-museo-negozio (l’ordine non è casuale) introducendo gli ospiti di turno e Giorgio era pronto ad accoglierli come se ciascuno di loro fosse il Re del mondo, poi, quasi come una liturgia consolidata, seguivano parole di encomio non per i suoi oggetti meravigliosi ma per la mia persona, chiudeva con la ciliegina sulla torta mentre liberava dal cordone l’accesso al museo: “accompagnateli voi siete il padrone e più bravo di me”.
Le prime volte rimanevo interdetto e confuso, poi capii. Giorgio in quei frangenti non rendeva solo omaggio alla mia persona, ma esaltava all’ennesima potenza Ravello, la sua cultura dell’accoglienza, il rispetto per le Istituzioni al di là delle persone, il suo amore per questa terra. Giorgio, quando impattava un turista un visitatore, si mostrava come il degno e insuperabile erede dei nostri progenitori medioevali che Boccaccio definiva “uomini ricchi e procaccianti in atto di mercatantía sí come alcuni altri”; all’uscita dal museo Giorgio era lì ad aspettare con in mano sempre e comunque con uno dei suoi oggetti per omaggiare l’ospite e, ancora una volta, l’ennesima, attribuiva a me il merito e l’idea del gesto. Una lezione di vita che si perpetuava ogni giorno, senza mai farla dipendere dal clima o dalle mutazioni climatiche della politica.
Giorgio lascia un’eredità che ho il forte timore possa svanire nel nulla; non mi riferisco certo a quella giuridica che lascia ad Annamaria, Emilia e Tiffany, quella sta in buone mani che sapranno onorare la sua memoria e i suoi insegnamenti; mi riferisco a quella morale e commerciale che lascia al Paese. Se Giorgio avesse gestito la sua attività solo per monetizzare le sue capacità, oggi sua moglie e le sue figlie avrebbero di sicuro un bel patrimonio immobiliare di cui disporre, ma Ravello sarebbe molto più povera di valori e di insegnamenti; sì perché Giorgio, come Francis Nevile Reid, è stato un osservante praticante della Responsabilità Sociale di Impresa: MAI, e sottolineo MAI, un’attività delle Istituzioni o di un’Associazione ravellese, è rimasta senza il supporto dell’amico e benefattore Giorgio, come pure quei tanti bisognosi che hanno bussato alla sua porta sono tornati indietro a mani vuote.
Dei morti si finisce per parlare sempre bene, è vero! Ma per Giorgio sarebbe impossibile non farlo; i suoi segni scolpiti prima nell’asfalto di piazza Vescovado e poi nel basolato della nuova piazza Duomo, sono tanti, troppi, per cadere nell’oblio. Ai Ravellesi tutti resta oggi il ricordo di un uomo straordinario che, a differenza di tanti di noi, non è nato a Ravello, ma l’ha scelto come sua patria e sua dimora, e forse proprio per questo ha saputo essere nei suoi confronti più grato e riconoscente di noi che, spesso, siamo permeati da una RAVELLESITA’ spocchiosa e presuntuosa.
Oggi posso con serenità affermare che, per essere Ravellese autentico e degno dei nostri padri, abbiamo un modello in più a cui ispirarci:
Giorgio Filocamo!
Grazie Giorgio per quello che hai dato a Ravello e a me come insegnamento, ma grazie anche per quello non mi hai fatto venire mai meno: il tuo sostegno e conforto nei momenti difficili.
Ovunque tu sia non considerare finita la tua missione, resta a fianco a tutti noi e continua a illuminare i nostri passi. Quel Dio, che non solo hai voluto esporre come oggetto prezioso nella tua vetrina, ma che hai testimoniato con la tua vita, saprà ricompensarti e custodire i tuoi cari.