L’Inghilterra spinta in finale da un dubbio rigore, onore alla Danimarca. Wembley sarà di fuoco per l’ Italia
L’Inghilterra spinta in finale da un dubbio rigore, onore alla Danimarca. Wembley sarà di fuoco per l’ Italia ecco cosa scrive Bruno Majorano su Il Mattino.
Ci sono voluti due tempi regolamentari, due tempi supplementari e una valanga di polemiche per un rigore inesistente concesso ai padroni di casa, ma in finale ci tocca l’Inghilterra che batte la Danimarca per 2-1. Succede tutto al termine di una semifinale sulla carta non avrebbe dovuto avere storia. E non solo per i valori tecnici, ma perché una delle due gioca nel suo stadio, davanti alla sua gente. Ecco perché il boato dei 60 mila di Wembley diventa un leggerissimo sospiro quando la punizione perfettamente calciata da Damsgard finisce la sua corsa alle spalle di Pickford.
È il gol del vantaggio – inatteso – della Danimarca, ma anche il primo gol incassato dall’Inghilterra dall’inizio del torneo: non esattamente il più incoraggiante tra i presagi.
I danesi stanno bene in campo, se la giocano a viso aperto: d’altra parte tra le due squadre sono loro quelli a non avere nulla da perdere. L’Inghilterra sente il peso della responsabilità e a tratti la spinta di Wembley si trasforma in pressione. Anzi, oppressione. Per sbrogliare una matassa che rischiava di diventare il peggiore dei rompicapo, ci pensa l’uomo più atteso: Kane. L’inizio della fase finale del torneo è coincisa con la fine del suo letargo: in gol contro la Germania, in gol contro l’Ucraina, non segna contro la Danimarca, ma tira fuori un gioiello così bello da sembrare appena trafugato dalla Torre di Londra, direttamente dalla preziosa collezione della Regina. Come detto non si tratta di un gol, ma di una verticalizzazione che allo stesso tempo squarcia la solidissima (ma forse troppo alta) difesa danese e il cielo di Wembley. Il resto viene da sé: controllo di Saka, la palla al centro e l’autorete di Kjaer nel disperato tentativo di anticipare Sterling a porta vuota.
L’EQUILIBRIO
Nella ripresa la Danimarca se la gioca: Hjulmand toglie Dolber, ma non si copre, e mette dentro Poulsen. Altro che pullman davanti alla propria area di rigore: seppur si giochi nella patria di quello a due piani, i danesi si divertono e non si nascondono. Anche perché poi lì dietro hanno Kasper Schmeichel che nel Dna ha i cromosomi miracolosi. Papà Peter in Inghilterra è diventato grande, ma con la Danimarca è diventato uomo. Il figlio d’arte ha una voglia matta di seguire le orme di famiglia e con un paio di parate da fuoriclasse vero. Sono quelle che tengono a galla la nazionale di Kjaer che nella ripresa sostanzialmente supera la metà campo quasi solo sulle palle lunghe. Ma l’Inghilterra, dal canto suo, non sfonda. La manovra offensiva sembra il sole verso l’alba: che fa luce ma non scalda. O meglio scalda il pubblico, i guantoni di Schmeichel, ma non la rete alle sue spalle, che poi sarebbe l’unica cosa utile alla causa in vista delle finale. E pensare che Southgate le prova tutte: i soliti continui cambi di modulo. Stavolta si parte con la difesa a 4, ma sostanzialmente lì dietro ci restano solo i due centrali, perché i terzini attaccano a testa bassa. Walker da una parte, Show d’altra. Rice e Philipps sono i soliti mastini davanti alla difesa, ma quando possono vanno a dare una mano a quelli davanti. Tutti inserimenti che sarebbero buoni se solo portassero al gol, ma niente. Non segna nessuno e si veleggia inesorabilmente ai tempi supplementari.
L’URAGANO
Ma i danesi non sono irlandesi e la birra rimasta in corpo finisce in fretta. Nel giro ci pochi minuti si capisce che sarà un assedio. L’Inghilterra prende in prestito le navi alla sua celebre marina militare e arma in cannoni. Prima Kane, poi Grealish poi Sterling, con Schmeichel costretto agli straordinari. Il guizzo decisivo porta la doppia firma: Sterling-Kane. Il primo si procura un rigore molto dubbio (Maehle non lo tocca) mentre in campo ci sono due palloni, il secondo si fa prima ipnotizzare del portiere danese e poi ribatte in rete la respinta corta.