Dopo l’autorizzazione della Commissione Europea e dell’Aifa, in Italia è adesso disponibile anche il vaccino Covid per i ragazzi (Pfizer-BioNtech) a partire dai 12 anni. Le prenotazioni per questa fascia d’età sono aperte al momento solo in quattro regioni – Lombardia, Veneto, Campania e Calabria – ma la notizia ha già generato, come spesso accade, pareri discordanti e non pochi dubbi da parte dei genitori.
Anche coloro che si sono sottoposti al vaccino anti Covid senza alcuna esitazione, infatti, nel momento in cui si trovano a dover fare questa scelta per i propri figli, possono manifestare qualche perplessità. Le domande sono molte: il vaccino è davvero sicuro per i ragazzi? Che effetti collaterali può avere sui più piccoli? Non si rischia che i ragazzi finiscano per fare da “cavie” per la scienza?
Per rispondere ai dubbi più comuni dei genitori abbiamo rivolto qualche domanda alla Dottoressa Elena Bozzola, Consigliere e Segretario Nazionale della Società italiana di Pediatria.
Dottoressa, perché è importante vaccinare anche i più giovani?
«Sicuramente in un’ottica di immunità di gregge ma non solo. Dobbiamo pensare che più aumenta la copertura vaccinale in tutto il territorio italiano e minore è la circolazione del virus. Tuttavia non vacciniamo i nostri adolescenti solo per proteggere gli altri ma anche e soprattutto per loro stessi. È vero che l’incidenza della malattia legata al Coronavirus è inferiore nei più giovani ma sappiamo anche che il rischio zero non esiste. Si sono verificate purtroppo morti anche tra i ragazzi e tra i bambini in Italia e non sempre si è trattato di minorenni fragili o con patologie pregresse. Senza contare che, anche a distanza di un episodio di infezione da Covid, sintomatica o paucisintomatica, si può verificare anche nei soggetti perfettamente sani, la cosiddetta Mis-C, una forma di malattia infiammatoria che coinvolge più organi essenziali e che può comportare ricoveri lunghi in ospedale o, nei casi più gravi, pericolo di vita. A questo si aggiunge un dato importante: in Italia ci sono 10 milioni di adolescenti, di questi uno su 10 è un soggetto fragile che ha quindi un rischio maggiore rispetto agli altri di contrarre delle forme gravi di malattia. Questi sono i principali motivi per cui noi pediatri consigliamo la vaccinazione anche agli adolescenti sani».
Quali sono gli effetti collaterali del vaccino riscontrati in questa fascia d’età?
«Gli effetti collaterali sono sovrapponibili a quelli riscontrati negli adulti e sono quelli comuni a tante altre vaccinazioni che ormai conosciamo. Si tratta per lo più di febbre, dolore nel punto di somministrazione, stanchezza, lieve astenia nei giorni successivi. Effetti collaterali di gran lunga inferiori rispetto ai benefici dati dalla vaccinazione che ha una copertura che sfiora il 100% contro le forme gravi e la morte. Dobbiamo anche ricordare che il Covid ha portato quella che io definisco una “seconda pandemia” per i giovani: abbiamo purtroppo osservato una maggiore incidenza dei disturbi del comportamento alimentare, forte stress, depressione, autolesionismo, alto rischio di suicidio, dipendenza da videogiochi. I ragazzi hanno il diritto di tornare a una vita normale, di frequentarsi tra loro, di uscire e stare insieme ma in sicurezza. Sicurezza che solo il vaccino può dare».
A preoccupare i genitori sono anche quelli che potrebbero essere gli effetti a lungo termine del vaccino non ancora conosciuti. Come rassicurarli?
«Adesso disponiamo solo di sperimentazioni a breve termine, tuttavia conosciamo la composizione del vaccino e sappiamo che non contiene sostanze definibili come pre-cancerogene o in qualche modo dannose per l’organismo. Inoltre è bene tener presente che il vaccino, anche una volta immesso nel mercato, viene costantemente studiato e monitorato. Non ci sono attualmente informazioni che possano farci pensare a una condizione di rischio per i più giovani: è lo stesso vaccino utilizzato per gli adulti, ormai da più di un anno, se contiamo anche l’esperienza degli Stati Uniti. A preoccupare dovrebbero invece essere gli effetti a lungo termine dell’infezione da SARS-CoV-2. La sindrome post Covid infatti colpisce anche i ragazzi, con conseguenze che vanno dalle difficoltà respiratorie ai problemi di natura neurologica, fino alla Mis-C, che si verifica quando ormai l’infezione sembra essere passata e si pensa di essere fuori pericolo».
Si apprende da un comunicato dall’Aifa che il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza dell’Ema sta valutando casi molto rari di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e pericardite (infiammazione della membrana attorno al cuore) verificatisi dopo la vaccinazione con Comirnaty, soprattutto in persone di età inferiore a 30 anni. Cosa sappiamo ad oggi?
«Ad oggi sappiamo che queste patologie non sono considerate tra gli eventi avversi correlati con certezza alla vaccinazione. Nei pochi casi in cui si è verificata una infiammazione del muscolo cardiaco in soggetti immunizzati, la condizione è stata lieve e risoltasi in breve tempo. In più, è importante sottolineare che non è stata dimostrata una correlazione certa con il vaccino. Conosciamo invece le complicanze a livello cardiaco associate al Covid. Purtroppo anche su quei vaccini somministrati ai bambini ormai da decenni circolano notizie relative ad effetti secondari gravi che preoccupano ancora oggi alcuni genitori. Io ritengo fondamentale effettuare un corretto counseling alle famiglie. Come pediatri ci stanno già arrivando molte telefonate di genitori preoccupati dall’idea che i figli possano diventare “cavie” per la scienza. La sperimentazione del vaccino invece è già avvenuta e nel momento in cui viene approvato da Ema e Aifa vuol dire che è sicuro. Bisogna pensare che essere sottoposti al vaccino è un privilegio, non un sacrificio, non una sperimentazione».
Quali sono le informazioni relative alla salute dei ragazzi da segnalare in sede di anamnesi? Ci sono casi in cui è meglio evitare il vaccino?
«L’anamnesi viene effettuata in modo molto meticoloso dai medici, esattamente come succede per gli adulti. Vengono valutate attentamente le condizioni del soggetto, come eventuali predisposizioni ad anafilassi o reazioni allergiche a precedenti vaccini. Va detto però che anche ai soggetti allergici il vaccino può essere somministrato, con un periodo di sorveglianza più esteso. È il medico che valuta attentamente eventuali campanelli d’allarme per una possibile reazione».
Che ruolo hanno i pediatri? Saranno loro a somministrare i vaccini per questa fascia d’età?
«Ci sono delle trattative ministeriali in corso e probabilmente ci saranno differenze sostanziali da regione a regione. Noi auspichiamo la partecipazione massiva dei pediatri di famiglia perché i genitori si sentono solitamente più rassicurati dalla presenza di un medico che già conosce il bambino e con cui c’è già un rapporto di fiducia. In ogni caso, che si faccia dal pediatra di famiglia piuttosto che in ospedale o presso l’ASL, l’importante è che la vaccinazione venga effettuata perché anche i bambini si ammalano, anche loro possono essere serbatoio di infezione ma soprattutto anche loro hanno diritto ad essere sani e a non contrarre malattie».
Ad oggi l’unico vaccino disponibile per la fascia 12-15 è Comirnaty. A che punto sono le sperimentazioni degli altri vaccini per i più giovani?
«Moderna è già stato sperimentato per la fascia 12-17 anni su 3700 adolescenti e ha dato ottimi risultati. Si stanno facendo le sperimentazioni di Pfizer anche sulle fasce dei piccolissimi a partire dai 6 mesi, anche in questo caso con ottimi risultati. Ci auguriamo che a breve potremo contare su dati positivi che ci permetteranno di vaccinare anche i più piccoli».