Arte Contemporanea. Intervista all’artista Prisco De Vivo, presente al SyArt Sorrento Festival 2021.




Intervista di Maurizio Vitiello – Risponde l’artista Prisco De Vivo, presente al SyArt Sorrento Festival, V Edizione, a Villa Fiorentino, sino al 05.09.2021.
MV – Puoi segnalare il tuo percorso dei vari livelli di studio?
PDV – Ho frequentato l’Istituto d’Arte di Torre Annunziata (Na) e qualche anno di Accademia delle Belle Arti a Napoli, ma i vari livelli di studio di cui parli li ho sperimentati altrove, per esempio negli studi degli artisti che ho frequentato nel tempo.
In quelle circostanze ho, anche, misurato “lo stato dell’arte”; non solo … ho, anche, esplorato, con molta umiltà, ciò che mi risultava insondabile al di sopra o al di sotto della vita.
MV – Puoi raccontare i tuoi sogni, i tuoi desideri iniziali e i sentieri che avevi intenzione di seguire?
PDV – I miei sogni vengono ripresi attraverso le mie opere che risultano, quasi sempre, visionarie e simbologiche; esse, lungamente, hanno attraversato i miei desideri.
Per i sentieri da esplorare, invece, lo faccio costantemente con la mia scrittura e la mia poesia con la pazienza di un chierico.
MV – Quando è iniziata la voglia di “produrre arte”?
PDV – Credo proprio dalla mia infanzia. Sono stato un artista molto precoce. Già all’età di quindici anni il mio primo operato riscontrò l’interesse di uno dei maestri della pittura come Pietro Annigoni, il quale non si spiegava tanta espressività e drammaticità nel mio già maturo disegno.
MV – Mi puoi indicare gli artisti che hai conosciuto e con i quali sei stato in riunioni, meeting, …?
PDV – Direi che sono state davvero tante, in passato, le occasioni d’incontro iniziando da maestri storici in Campania come: De Stefano, Perez, Persico e Ruotolo. Quelli, invece, con cui ho avuto una vera frequentazione e collaborazione sono: Angelo Casciello, Peppe Capasso, Salvatore Emblema, Vincenzo De Simone, Raffaele Boemio e Sabato Angiero, giusto per fare qualche nome.
Naturalmente, parlo degli inizi degli anni ’90 agli inizi del 2000; essi sono, anche, gli anni della mia formazione.
MV – Hai operato “a due mani” per qualche realizzazione o per qualche performance?
PDV – Sì. Ho realizzato un ciclo di opere davvero singolari a quattro mani con l’artista e oggi anche gallerista Sergio Gioielli.
Avrei dovuto, anche, realizzare un progetto con il pittore Luca Alinari riguardante opere su superfici tonde, a quattro mani, ma attualmente sono rimasti solo degli abbozzi, poiché Luca Alinari ci ha lasciato due anni fa.
Inoltre, per quanto riguarda le performances ne ho realizzate alcune con Peppe Capasso e il poeta Ciro Vitiello; sono sempre lavori di collaborazioni.
MV – Quali sono le tue personali da ricordare?
PDV – Sono, sicuramente, quelle successe negli ultimi quattro anni tra le quali ci sono: “I colori e la carne del poeta”, a cura di Luca Palermo presso il Museo d’Arte Contemporanea di Caserta Mac 3, e “Affondo celeste”, curata da Annibale Rainone, allestita presso la Pagea Art, l’indipendente galleria di Angri (Sa) guidata da Elio Alfano; in questo spazio ho visto, in questi ultimi tempi, notevoli progetti.
Ti ho indicato queste mie due personali perché rappresentano un vero prolungamento della mia ricerca artistica.
MV – Puoi precisare i temi e i motivi di queste personali?
PDV – I temi che sono stati affrontati in queste mie due recenti personali si riferiscono ai poeti messi a nudo nella loro vulnerabilità e nel loro dolore, ma, anche, nella loro deriva.
Il colore, il sangue e la carne che li ha eternizzati nel tempo e nella storia. L’altro tema, più recente, che ho affrontato e, tuttora, affronto è il mio “affondare nello spirito”.
La mia ispirazione cristiana, che parte da una riflessione profonda sulla fede e su tutto ciò che ne deriva sia in termini espressivi e sia in termini concettuali.
MV – Ora, puoi specificare, segnalare e motivare la gestazione e l’esito tra collettive e rassegne importanti, a cui hai partecipato?
PDV – Ho partecipato a diverse mostre collettive, alcune, davvero notevoli, ma, tra quelle che, maggiormente, mi hanno rappresentato ricordo: “Napoli & terra d’Otranto: Aspetti dell’attuale arte al Sud”, in occasione del famigerato Festival d’Otranto.
Questa rassegna di arti visive in precedenza aveva già dato visibilità e luce a giovani artisti come: Milot Mirashi, Alfredo Maiorino.
Nell’edizione 2001, in cui partecipai, pensai di coinvolgere, anche, la Galleria di Mimmo Scognamiglio di Napoli; così estendemmo la partecipazione a validi e sempre giovani artisti che collaboravano con la stessa galleria tra i quali: Arturo Casanova, Ivan Piano, Barbara La Ragione e i fratelli Lucio e Peppe Perone.
Riuscì un eccellente progetto e la cornice del Castello Aragonese avvalorò la maggior parte delle installazioni curate da Massimo Guastella, critico e storico dell’arte leccese.
Un altro prezioso ricordo ce l’ho con una particolare rassegna collettiva d’arte dal titolo “Fenomena” avvenuta nella costituente Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Castelpizzuto (Is) organizzata dall’infaticabile curatrice Adriana Bucciano nell’anno 2007.
La collettiva fu contagiante e ricca di sorprese; ad essa parteciparono giornalisti, critici, poeti e filosofi.
Il poeta e studioso Rino Mele declamò Leopardi con la luce della luna.
In questa cornice, nel palazzo espositivo, la mia opera di pittura dal titolo “La piccola Esmeralda” servì da supporto alle mirabili installazioni e performances di Tomaso Binga (Bianca Menna).
Ricordo, anche, che noi due ci siamo incontrati proprio in quella cornice in quanto tu eri molto attento a seguire l’intreccio di quelle partecipazioni.
MV – Dentro il tuo “modus operandi” c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché?
PDV – Quella percezione la riconosco solo quando finisco di realizzare un’opera.
Per esempio, quando dipingo le mie figure prendo coscienza di tutta la “tragedia umana” e anche, della mia vulnerabilità.
Vedi, ho sempre in mente una frase di Samuel Beckett che fa così: “Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”.
MV – L’Italia è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La Campania, la Puglia, il Sud, la “vetrina ombelicale” milanese cosa offrono adesso?
PDV – Credo che le maggiori energie di ricerche artistiche nell’ambito delle arti visive si siano sempre distinte al Sud, ma è anche vero che inevitabilmente si sia innescato quel divario culturale Nord/Sud in termini espressivi, un risultato tipicamente italiano, e che da anni persiste.
Milano è una di quelle città del Nord che mantiene una cesura con la cultura che parte dal Sud.
Questa città che è così aperta ad accogliere tutto quello che è estraneo alla propria cultura, accoglie poco quelle radici che partono dal suo basso, in particolare, dalla parte finale e centrale dello Stivale.
MV – Quali piste di maestri hai seguito?
PDV – Beh, sono sicuro di non aver seguito nessuna pista relativa ai maestri contemporanei, più che altro … sono molto interessato a seguire alcuni artisti del passato come: Andrej Rublëv, Pontormo oppure El Greco; sono davvero interessato a conoscere bene il loro vissuto, come i loro fallimenti, così per capire anche come distruggere e far rinascere un’opera.
Credo che, attualmente, mi interessa poco l’ascesa di un artista.
MV – Pensi di avere una visibilità congrua?
PDV – Ogni artista vive il suo tempo per quello che è, certo non per accomodarsi su una torre d’avorio.
L’artista dilata la sua esistenza con l’arte e, talvolta, fuoriesce dal tempo stesso senza accorgersene.
Per quanto riguarda la visibilità, credo che rimanga una faccenda postuma.
La stessa opera dell’artista diventa per sempre il passaporto della sua eternità. Da sempre ritengo che l’artista muore come tutti gli esseri viventi … .
La sua opera, invece, non muore, rimane per sempre viva.
MV – Quanti “addetti ai lavori” ti seguono?
PDV – Non li ho mai contati e neanche mi interessa saperlo.
So che quando l’artista ha forte necessità di essere aiutato da coloro che lo seguono rimane sempre da solo.
MV – Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro? Quali sono i tuoi progetti?
PDV – Ma, che dirti, da tempo mi sono imbattuto in un sentiero spirituale; un vero e proprio “affondo celeste”; si è schiarita, da un po’ anche, la mia tavolozza, sto caratterizzando sempre di più questa mia scelta espressiva.
Una scelta ribadisco spirituale che mi fa interrogare profondamene e continuamente sulla mia caducità, e sul mio rialzarmi sempre ancorato alla fede.
MV – Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper “leggere” l’arte contemporanea e a districarsi tra le “mistificazioni” e le “provocazioni”?
PDV – Non sono tantissimi coloro che riescono a districarsi, come tu dici, tra le innumerevoli mistificazioni.
L’arte contemporanea, quella vera, risorge sempre dalle sue ceneri, e ha bisogno di silenzio e attenzione.
La nostra società ormai non è abituata più al silenzio e nemmeno all’attenzione.
MV – I “social” t’appoggiano, ne fai uso spesso?
PDV – Sì, sono su Instagram, su Facebook forse anche su Twitter, li uso come uso il cucchiaio per imboccarmi e il pennello per dipingere, sono uno strumento, nulla di più, dovremmo farci trascinare di meno, da questi mezzi … Non detengono la nostra vita.
Purtroppo, molti giovani si sentono un prolungamento di essi, lo smartphone è alla pari con un polmone o con un rene, ormai il telefonino con i suoi social si sostituisce ai loro organi vitali.
MV – Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, art-promoter per metter su una mostra o una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione?
PDV – Ma, che dire! Avrei sicuramente piacere di realizzare qualche progetto con Jean Clair, anche se è molto anziano, parlo dello scrittore e storico dell’arte francese che si è posto sempre con un mirabile impegno nei confronti del “figurale” verso una vera e propria soglia dell’arte figurativa, tra l’assenza e la presenza.
È molto interessante la sua visione del sublime, quando focalizza “l’interruzione della forma”.
MV – Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi percorsi artistici e dei tuoi impegni in arte?
PDV – Credo che non sia necessario che il pubblico si ricordi di me, se lo farà sarà giusto per identificazione o per affinità elettiva …
Credo che quelli che si ricorderanno di me, saranno sicuramente pochi.
Questo mio impegno nelle arti visive come nella scrittura e nella poesia è tracciato da una linea sottile che mi trascina dolcemente verso un limbo.
In questo nostro tempo scollegato dalla storia, l’artista vive come un apolide.
MV – Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari?
PDV – Di sicuro, l’arte dovrebbe rientrare, a pieno titolo, in qualsiasi ambito scolastico.
Le istituzioni dovrebbero sostenere anche diverse categorie di “ricerche indipendenti” che vanno dal teatro alla danza, dalla pittura al disegno e alla scultura; non ne parliamo, poi, della scrittura e della poesia.
La figura dell’outsider che fa dell’arte la sua vita, specie nella cultura italiana è vista come un clochard; è quell’accidente che scompone tutti gli equilibri, perfino quelli socio-educativi.
MV – Prossime mosse, a Napoli, Milano, Londra, Parigi, …?
PDV – Mi sto preparando a una mia personale per Napoli e, forse, per l’anno prossimo; prevedo, anche, la partecipazione a una notevole rassegna che dovrebbe avvenire a Milano in una fondazione, date ancora da destinare.
Attualmente, sono presente al SyArt Sorrento Festival, rassegna internazionale di arte contemporanea, a Villa Fiorentino.
MV – Che futuro prossimo prevede il post-Covid-19?
PDV – Un futuro fatto di prudenza e di contenimento, non solo per la nostra vita e la nostra sicurezza, ma, in particolare per l’arte, una disciplina ormai indebolita.
Per quanto riguarda le attività artistiche, credo che molto sarà svolto in modalità virtuale; d’altronde, già da un po’ siamo abituati a farlo, mantenendo le nostre ormai indispensabili distanze.