Domenico De Masi chiede di dedicare una via a Ravello per Lina Wertmüller

Una via a Ravello in Costiera amalfitana, nella Città della Musica tanto amata dalla regista che aveva un rapporto particolare con la Costa d’ Amalfi, Napoli e la Campania, questa la proposta di De Masi riportata sul Corriere del Mezzogiorno . Un’amicizia profonda legava il sociologo Domenico De Masi a Lina Wertmüller. Non a caso il professore è rimasto vicino alla regista fino alla fine. «Per trent’anni, ogni sabato o la domenica, cadesse il mondo, lei, Francesco Rosi e io andavamo al cinema insieme. E anche quando Francesco veniva meno, andavamo Lina e io».
E dopo il cinema a cena?
«Naturalmente. La casa di Lina è stato un luogo incredibile. Era sempre frequentata da gente interessante, la sera si vedevano spesso Arbore, De Crescenzo. Ci sono passati Andy Warhol, Barbra Streisand, Pedro Almodovar. Era attentissima alla cultura e all’arte. Non tutti sanno, per esempio, che era amicissima di Lucio Amelio al quale ha sempre riservato una parte nei suoi film. Hanno lavorato con lei i più grandi, come la Loren e Mastroianni. Ha creato Giannini e la Melato».
Da chi ha appreso la notizia della scomparsa?
«Ero a casa di Lina, dove mi trovo tuttora. Purtroppo, negli ultimi giorni era messa male. Aveva pur sempre 93 anni, e dopo la morte di Enrico (il marito Enrico Job, ndr ) aveva cambiato completamente vita. Si era ritirata in casa. È stata una persona straordinaria, la prima donna regista al mondo. D’accordo prima di lei c’era stata Leni Riefenstahl, che, però, era principalmente una documentarista».
Se dovesse sintetizzare in poche parole la cifra artistica di Lina Wertmüller regista, cosa direbbe?
«Guardava il mondo con un’ironia non buonista, ma sferzante. Con Pasqualino Settebellezze ha messo in luce i difetti di una fase terribile della storia. Con Travolti da un insolito destino ha messo in luce quelli degli italiani mediterranei. E, poi, non si può tacere del doppio amore per Napoli e Roma. Erano per lei due città indivisibili. La cittadinanza onoraria di Napoli per lei valeva più dell’Oscar. Ha dato molto alla città che ha raccontato non come gomorra».
Prima donna ad essere candidata all’Oscar per la regia. Che donna era Lina Wertmuller?
«Era geniale. Ha fatto di tutto: dalle piece teatrali per Garinei e Giovannini a Carosello, dai film alle regie di opere liriche come la Carmen al San Carlo. Oltre a ciò, ha scritto anche libri pregevoli. Era una donna completa. Ed ha avuto delle intuizioni in anticipo. Non era facile, per una donna, negli anni Sessanta dedicarsi alla regia. I Basilischi, il suo primo film, è del 1963, un vero e proprio inno al Mezzogiorno».
Da cosa nasceva lo sconfinato amore per Napoli?
«Dalla convergenza totale tra la cultura, l’anima e la vita napoletana e le sue. Era molto più napoletana che romana dal punto di vista della vita. Una scugnizza».
Cosa ricorda degli anni di Ravello?
«A Ravello, quando ero presidente della Fondazione, è stata consigliera di indirizzo per 8 anni. Una carica gratuita che ha onorato con una abnegazione senza pari. Già a ottobre organizzavamo l’edizione dell’estate successiva. Lei ha portato tante personalità al festival».
Come prese la fine della collaborazione con il festival?
«Andò via quando lasciai la fondazione. Non riuscivano più a fare le cose che volevamo. La cultura ha bisogno di libertà. Del resto anche Scurati ha lasciato la presidenza dopo tre giorni».
Ravello e la Fondazione dovrebbero in qualche modo ricordare la grande regista?
«Spero che lo facciano. Avrebbero il dovere di farlo. Sia il Comune che la fondazione».
In che modo?
«Intitolandole una strada, una piazza o, magari, la prossima edizione del festival».
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