Sorrento, il miracolo della statua d’argento di Sant’Antonino
Sorrento. Si avvicina la solennità di Sant’Antonino, patrono della città. E ci fa piacere condividere un interessante racconto di Luigi Garbo sul miracolo della statua d’argento del Santo: «Storia che tutti i sorrentini conoscono (almeno quelli di una certa età), perché parte del bagaglio di religiosità tramandato nelle famiglie della città.
Il 13 giugno 1558 Sorrento fu invasa da pirati saraceni che, oltre a devastare la città, uccisero o rapirono una moltitudine di cittadini che rilasciarono, in parte, solo in seguito al pagamento di cospicui riscatti.
I sopravvissuti attribuirono l’essere riusciti a scampare ad una così terribile esperienza al miracoloso intervento protettore di Sant’Antonino cui, per questa ragione, decisero di manifestare, ancora una volta ed in maniera solenne, la propria devozione.
Per rendere tangibile la propria riconoscenza, quindi, pur non potendo disporre di grandi risorse finanziarie, gli abitanti della Terra delle Sirene commissionarono la realizzazione di una statua d’argento che rappresentasse le sembianze del Santo Patrono e che sostituisse quella razziata e fusa proprio dai saraceni in occasione della loro invasione.
Presi dal fervore di compiere l’opera i cittadini sorrentini, pur non essendo riusciti a mettere insieme la somma necessaria per pagare l’opera, si recarono da un artista napoletano (Scipio di Costantio) che era considerato tra i più bravi del tempo. A lui versarono i frutti di una colletta come acconto, impegnandosi a saldare successivamente l’importo dovuto.
A dispetto delle ambiziose speranze, però, la raccolta dei fondi incontrò notevoli difficoltà.
Ciò non distolse i sorrentini dal loro proposito e fu per questo che gli stessi abitanti della Costiera inviarono all’artista un bozzetto che potesse consentire la realizzazione dell’opera.
Secondo i racconti, poco tempo dopo, lo stesso artista ricevette la visita di un monaco che aveva lo stesso aspetto di quello raffigurato nei disegni e fu proprio questo monaco che consegnò all’orafo la cifra mancante per ultimare il pagamento della statua consegnando una borsa colma di denaro.
Il tutto, però, avvenne all’insaputa dei Sorrentini.
Intanto, soddisfatto nelle sue pretese finanziarie, il maestro orafo si mise all’opera e realizzò la statua che nessuno si affrettava a ritirare.
Solo dopo qualche tempo, gli stessi cittadini di Sorrento compiendo sforzi superiori perfino alle loro capacità riuscirono a raggranellare un importo ritenuto capace di soddisfare, almeno in parte la richiesta dell’artista dal quale, finalmente, decisero di ritornare.
Facile immaginare quale fu lo stupore e la sorpresa che li colse quando ebbero modo di apprendere cosa era successo e di capire che era stato proprio Sant’Antonino a manifestarsi, a provvedere al pagamento e, in questo modo, a dimostrare tanto l’affetto nutrito verso i sorrentini, quanto il fatto che ne aveva colto a pieno la devozione.
Per questa ragione, desiderando mostrare ulteriormente il proprio attaccamento a Sant’Antonino e lasciare una traccia tangibile dell’avvenuto prodigio, gli abitanti della Penisola Sorrentina ordinarono di realizzare una borsa (ovviamente anch’essa d’argento) che fu collocata ai piedi della statua.
Il resto dei soldi raccolti fu utilizzato per adornare ulteriormente la Basilica dedicata al Santo Patrono e per opere di pietà
Era il 1564. Dalla data della devastazione di Sorrento erano trascorsi sei anni».