Don Giuseppe Diana proprio il 19 marzo fu ucciso il prete anti camorra . Wikimafia, per non dimenticare le vittime della Mafia Riempire il web con i nomi e le storie di quanti hanno perso la vita per colpa dell’assurda ferocia delle mafie: onorarne la memoria, sottrarli all’oblio riproponendoli come esempi. «Erano semi. Siamo Foresta!» è lo slogan della campagna social lanciata in occasione del 21 marzo, la giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, da Wikimafia, il portale che da dieci anni si propone di raccontare storia, configurazione e tristi imprese della «montagna di merda» di Cosa Nostra in Italia e all’estero. Organizzazione «giovane», nata nel 2012 dall’iniziativa di due studenti lombardi, Pierpaolo Farina e Francesco Moiraghi, Wikimafia ha realizzato online la prima «libera enciclopedia delle mafie», con lo scopo di combattere stereotipi e approssimazioni che offuscano la conoscenza del fenomeno mafioso e offrire invece, con criteri scientifici, una serie di informazioni rigorose e strategiche per la sua comprensione, lo scrive Leonardo Guzzo sul Mattino
LA SCELTA
«Il giudice Giovanni Falcone diceva che la mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà una fine. L’idea fondante di Wikimafia è che la fine del fatto mafioso’ passi attraverso la consapevolezza, l’educazione, la costruzione di un sentire profondo e solido», spiega Pasquale Quaglia, giovane studioso di Capaccio, membro del direttivo nazionale dell’organizzazione. «La nostra scelta è quella di contribuire a creare queste condizioni attraverso il web: uno strumento specialmente popolare tra i giovani, che sono i principali attori del mondo che verrà e insieme i più predisposti a cogliere la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale’, come diceva Paolo Borsellino». La campagna social chiede a singoli o associazioni di partecipare con una foto o un video, in cui compare, scritto su un foglio, il nome di una delle oltre mille vittime innocenti delle mafie insieme all’hashtag #erano semi e alla frase «Siamo foresta». Si chiede pure, a ogni partecipante, di taggare due contatti per aiutare a creare una catena virtuale, nello spirito di trasmissione della memoria che è il vero obiettivo dell’iniziativa. «Le storie delle vittime, anche le più ordinarie», aggiunge Pasquale Quaglia, «vanno diffuse perché spiegano quanto sia labile il confine tra l’indifferenza e l’indignazione, quanto sia piccolo e istintivo il passo che porta alla resistenza, al monito, al sacrificio, certo, ma anche all’eroismo che genera emulazione. Parlare, ricordare, rendere testimonianza, anche in modo semplice, è la via per evitare la stagnazione, il sonno della coscienza in cui prolifera il fenomeno mafioso».
LE VITTIME
La provincia di Salerno vanta il triste primato di aver dato i natali alla prima vittima eccellente della mafia, il «super-poliziotto» Joe Petrosino, castigamatti della «Mano nera» a New York, ucciso a Palermo nel 1909, a nemmeno cinquant’anni, e originario di Padula, nel Vallo di Diano. Circa un secolo più tardi, nel 2010, la narrativa rassicurante del Cilento come isola felice, libera dagli artigli della criminalità organizzata, è stata drasticamente infranta dall’omicidio di Angelo Vassallo. Di recente il presidente della commissione parlamentare antimafia, il senatore Nicola Morra, ha confermato che le mafie si sono ampiamente infiltrate e radicate nel Salernitano, che fanno affari e corrompono, spesso nell’invisibilità. Il delitto Vassallo può diventare paradigmatico: anche attraverso la soluzione di questo caso ancora senza colpevoli passa il futuro di legalità e sicurezza del territorio a sud di Salerno.