Minori, il sindaco Andrea Reale “Se la legge passa mi ricandido, devo completare le opere pubbliche”. A che punto è il terzo mandato
Minori, il sindaco Andrea Reale “Se la legge passa mi ricandido, devo completare le opere pubbliche”. Abbiamo sentito il primo cittadino del Comune della Costa d’ Amalfi più interessato al terzo mandato, negli altri comuni sono quasi tutti al primo mandato o lontani dal voto e Reale è sicuramente il più noto politicamente a Salerno e Campania, notoriamente vicino al Governatore De Luca e al PD. Allora Reale era molto impegnato “Stiamo aprendo l’albergo, le attività turistiche stanno partendo, la spiaggia e i servizi , siamo alle prese con mille problematiche..”, in prima fila durante la Pandemia del Coronavirus Covid – 19 e per la difesta dell’ospedale di Castiglione di Ravello come delegato alla sanità.
A che punto è il terzo mandato che riguarda diversi comuni in Costiera amalfitana?
Ampio consenso politico
Il provvedimento, che non ha registrato modifiche dalla prima alla seconda lettura, segno che gode di un ampio consenso politico, si pone come tassello di un più ampio mosaico che è la riforma del Testo unico degli enti locali, attesa sul tavolo di uno dei prossimi Consigli dei ministri. Peraltro nell’ultima bozza di questa riforma il terzo mandato è previsto per i primi cittadini dei Comuni fino a 15mila abitanti. (si veda anche Il Sole 24 Ore del 5 aprile).
Cosa prevede il provvedimento
Il provvedimento consta di tre articoli. Il primo dispone l’inconferibilità di incarichi amministrativi di vertice negli enti di diritto privato in controllo pubblico in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. Con l’espressione “enti di diritto privato in controllo pubblico” si intendono le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo (articolo 2359 del Codice civile) da parte di amministrazioni pubbliche, nonché gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi. Il secondo esclude i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti dalla platea di quelli che sono tenuti ad applicare il controllo di gestione. Si tratta in particolare della procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell’organizzazione dell’ente, l’efficacia, l’efficienza ed il livello di economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi. La soluzione va nella direzione della necessità, messa in evidenza anche dall’Anci (l’associazione nazionale dei comuni italiani), di differenziare gli adempimenti a carico dei piccoli comuni, spesso alle prese con carenze di personale o con personale non formato in maniera adeguata per poter assolvere al meglio al complesso dei compiti assegnati.
Terzo mandato solo per i sindaci di comuni sotto i 5mila abitanti
Il terzo articolo, infine, dispone che i sindaci che abbiano svolto un numero di mandati consecutivi superiore al limite previsto non siano ricandidabili (l’incandidabilità è rilevabile dalla commissione elettorale, a differenza di quanto accade nel caso di ineleggibilità), ed eleva a tre il numero di mandati consecutivi consentiti ai sindaci dei comuni con meno di 5.000 abitanti. Il disegno di legge introduce pertanto una normativa differenziata per i piccoli comuni, mentre per quelli con un numero di abitanti pari o superiore a 5.000 abitanti continua a valere il limite dei due mandati consecutivi.
La riforma del Testo unico degli enti locali
Per quanto riguarda invece la riforma del Testo unico degli enti locali (si veda Il Sole 24 Ore del 29 marzo), che a stretto giro dovrebbe essere all’esame del Governo – anche in questo caso parliamo di un disegno di legge – si prevede una delega, da esercitare in nove mesi, con la quale si chiede all’esecutivo di redigere una sorta di codice della crisi locale, per individuare parametri in grado di prevenire dissesti e squilibri strutturali. Si interviene poi con norme ordinarie a separare le responsabilità politiche dei sindaci da quelle gestionali dei dirigenti, viene estesa agli enti fino a 15mila abitanti la possibilità di un terzo mandato, cancellata l’indennità di fine mandato per chi rimane in carica meno di 30 mesi e chiusa le porte del Parlamento a chi guida un ente fino a 15mila abitanti (oggi la soglia è 20mila).