Parliamo di Fiori fra Curiosità – Natura – Cibo “ Il glicine ” di Donna Cecilia Coppola
Il glicine, nome in botanica, Wisteria sinensis, rende magico il luogo dove cresce e fiorisce e ne esalta la luce e i colori. I tedeschi lo chiamano “blauregen” che significa “pioggia blu”, mentre i cinesi lo fanno risalire a “zi teng” nella traduzione di “vite blu” perché i suoi fiori somigliano a grappoli d’uva dal colore azzurro e gli italiani lo fanno derivare del greco “ glykys”, che è simbolo di “ dolcezza” per il profumo gradevole dei suoi fiori. Le specie maggiormente coltivate sono Wisteria floribunda di provenienza giapponese e Wisteria sinensis (o chinensis) originaria della Cina e quando nel XII° secolo Marco Polo poté ammirare il glicine per la prima volta, nel corso del suo incredibile viaggio in questa terra, ne fu così stregato che portò i semi in Italia aggiungendoli alla collezione delle rarità dai paesi visitati.
Molte storie, usanze e leggende si narrano sulla sua nascita in Cina e in Giappone che lo celebravano nelle feste aristocratiche, lo utilizzavano frequentemente come motivo floreale sugli stemmi delle famiglie e si tramanda che l’imperatore giapponese ne regalasse una piccola pianta ai suoi visitatori stranieri quale simbolo di amicizia, benevolenza e legame fra i popoli.
In Italia, in Piemonte, esiste la leggenda di una pastorella di nome Glicine che pensava di avere un aspetto fisico spiacevole rispetto alle altre ragazze del paese e per tale motivo piangeva continuamente. Un giorno le sue lacrime, cadendo sul terreno, originarono una meravigliosa pianta profumata, che da lei prese il nome e la ragazza smise di disperarsi contenta di aver generato da sola un fiore così incantevole e fragrante.
Nelle nazioni dove si professa il Buddismo il fiore del glicine è il simbolo di una supplica garbata e di una profonda riflessione religiosa, espressione di pace e di tranquillità necessarie per raccogliersi ed onorare la divinità. Infatti i suoi grappoli si trovano nei templi e rappresentano la luminosità, ma anche la brevità della vita e sono considerati un talismano contro le avversità, da regalare alle persone più amate quale segno di amicizia durevole e la loro resistenza alle sventure climatiche può simboleggiare una dimostrazione di affetto, un gesto di ringraziamento o una richiesta di scuse. La sua notevole resistenza sopporta il passare prolungato degli anni superando il secolo di vita senza danneggiarsi, per tale motivo si associa al concetto di immortalità. La sua invasività e la sua forza ad avvolgersi e propagarsi erano considerate in epoca vittoriana un monito contro l’amore ossessivo e passionale. La tonalità delicata del color glicine è adatto per le pareti della casa in quanto esprime raffinatezza e trasmette un senso di tranquillità e pace all’ambiente in cui si vive.
Sin dall’antichità tali fiori abbellivano specie in primavera non solo case, terrazzi, giardini ma erano usati anche in cucina essendo commestibili e graditi per il loro sapore dolce e fresco e se fritti in pastella diventano un invitante snack da servire con l’aperitivo. Molto importante è selezionare con grande attenzione soltanto i petali adatti ad essere usati senza alcun pericolo in alimentazione e quindi poter arricchire le insalate, preparare torte o tisane, abitudine ancora presente nel nostro tempo. Per l’uso culinario è preferibile e prudente usare i glicini coltivati personalmente, non quelli raccolti per strada o nei giardini pubblici perché potrebbero essere soggetti a concimi chimici o a inquinamento ambientale.
Come pianta è una forza della natura capace di attirare farfalle ed api che vanno a far scorta del loro nettare e se proviamo a preparare la marmellata al momento della cottura saremo avvolti dal suo inebriante profumo e gusteremo a colazione la sua bontà con piacere.
I benefici del miele di glicine tra il 1500-1600 si scoprivano anche in medicina per curare la tosse secca e in caso di ferite, infiammazioni della cute o delle gengive, applicando una goccia localmente o un impacco con acqua fredda si alleviavano i disturbi. I fiori del glicine sotto forma di impasto agiscono in caso di lividi e vene varicose e, se chiusi al buio immersi nell’aceto di vino, mantengono la loro freschezza utile per tamponare zone infette della pelle. I suoi benefici si avvertono per chi ha difficoltà ad addormentarsi e per chi ha disturbi alla tiroide. Sono persino ottimi energizzanti e tonici.
Il glicine è anche di utilità ambientale per la sua capacità di opporsi alle avversità atmosferiche e cresce bene nel cuore delle città e nei pressi di importanti vie di comunicazione a traffico notevole. Il suo folto fogliame aiuta a filtrare l’aria inquinata resistendo allo smog.
La pianta fu conosciuta, come ho riferito, nel lontano oriente ben 2000 anni prima di giungere in Europa per meglio dire furono i semi che Marco Polo aveva portato e solo nel 1816 il capitano inglese Welbank in una sera di maggio a Guangzhou nel Canton, ospite a cena di un ricco commerciante cinese, che l’aveva imbandita sotto una pergola di glicine in fiore, conobbe la sua magnifica bellezza e il suo inebriante profumo e ne chiese alcune piantine che portò in Inghilterra donandole al suo amico disegnatore Charles Turner che tre anni dopo nel 1819 poté nel suo giardino constatare l’incredibile fioritura. Con rapidità nell’800 si diffuse in Europa e l’esemplare più grande, spettacolare e longevo,ben 300 anni, si trova in Italia a Castello Cabiaglio in provincia di Varese dove nacque il pittore Giovan Battista Ronchelli (1715-1788) e si dice che le sue radici siano ormai così lunghe da arrivare a misurare circa due chilometri.
Riporto il nome di alcune località dove il glicine fa parte del Guinness dei Primati per le sue incredibili caratteristiche: un suo esemplare nella Sierra Madre in California, al massimo della sua fioritura, conta fino a 1.5 milioni di boccioli, per un peso totale di 250 tonnellate. E’ una delle sette meraviglie vegetali nel mondo e ogni anno è festeggiato con un Festival che attira migliaia e migliaia di persone.
La leggenda o la storia tramandano che il “glicine di Leonardo da Vinci” il più vecchio in Europa, si trova a Milano in via Ludovico il Moro, zona Navigli e, se parliamo di anzianità, dovrebbe avere più di 715 anni e le sue radici lunghe due chilometri attingono l’acqua nella zona Morivione, Una leggenda narra di un ex soldato al servizio dei Signori Sforza, trasformatosi poi in brigante, che terrorizzava gli abitanti a tal punto da costringerli a chiedere l’intervento degli stessi Sforza. Saranno proprio le loro guardie a catturarlo e pugnalarlo a morte il 24 aprile 1339 accanto ad un glicine che è ancora presente nel borgo rinchiuso in un cortile privato. Si dice che la sua ombra abbia dato ristoro a famosi personaggi della storia, tra questi Leonardo Da Vinci che per la tranquillità del posto vi sostava spesso in meditazione che fu di stimolo alla realizzazione del progetto “ Conca Fallata del Naviglio Pavese “per Ludovico Il Moro nel 1482.
Il glicine del Flower Park Ashikaga in Giappone piantato nel 1870 ha coperto quasi 2000 mq nel corso delle fioriture primaverili, è diventato un gigantesco esemplare che ha festeggiato 150 anni e insieme ad altri glicini di trecento tipologie rappresenta uno spettacolo mozzafiato per i numerosissimi visitatori.
Nel corso della mia ricerca sulla pianta del glicine mi sono resa conto di quanto mi sentissi affascinata dalla sua storia e quante notizie ancora sarebbero oggetto di studio ed indagine e ho un’idea della quale nel prossimo “incontro” su facebook ne parlerò.
A conclusione riporto una ricetta singolare elaborata con i petali del glicine, “piatto d’e’nnobbile”, da Rosa Pastore detta “ nonna Rosa” appassionata e famosa cuoca,tale ricetta fa parte del mio libro “Zeppole, struffoli e chiffon rosso “Longobardi editore pubblicato nel 2001
Dosi 2 pigne di glicine,2 uova,50 gr. di caciottella, farina quanto basta,sale,pepe e olio per friggere
Preparazione
Staccare dal glicine i petali lavarli e asciugarli delicatamente,
preparare a parte le uova con l’aggiunta della caciottella grattugiata,del sale e del pepe ottenendo una pastella,
passare i fiori nella farina e poi nella pastella,
friggerli ad uno ad uno nell’olio bollente,
toglierli dal fuoco e deporli su di una carta assorbente e servirli a tavola … e buona degustazione!