Parrocchia dei Santi Prisco e Agnello. Lunedi 9 maggio 2022 Festa di San Prisco
Monsignor Francesco Alfano vescovo della Diocesi Sorrento-Stabia celebrerà l’eucarestia della Festa di San Prisco, lunedi 9 maggio 2022 alle ore 19.00, nella Chiesa parrocchiale di Sant’Agnello. San Prisco è stato il primo vescovo di Nocera, Monsignor Alfano è anch’egli nativo di Nocera,
Ma chi è San Prisco? di cui recentissimamente la statua restaurata . Le fonti che ci vengono incontro sono le pubblicazione di Franco Gargiulo, IL RESTAURO DELLA STATUA DI SAN PRISCO VESCOVO, da cui estraiamo i brani seguenti:
Per meglio comprendere i meriti di San Prisco, è opportuno
illustrare, seppur brevemente, l’epoca in cui Egli è nato
ed è vissuto e soffermarci sulle vicende di quegli anni e su
corne il Cristianesimo si sia affermato. San Prisco è vissuto
tra il III ed il IV secolo d.C., un periodo storico decisivo per
lo sviluppo e l’affermarsi della dottrina cristiana.
Il Cristianesimo, sin dal I secolo, contava numerose
comunità di proseliti, sia all’interno che all’esterno
dell ‘hnpero Rornano, numero che andava aumentando
rapidamente, immergendosi nella realtà quotidiana di
una sernpre più nurnerosa massa di gente, nonostante le
feroci persecuzioni che non agevolavano il diffondersi
della nuova dottrina basata sull’amore, in aperio contrasto
con la fede pagana: i primi cristiani erano “colpevoli
di odiare il genere umano”. Nel I secolo d. C. furono le
persecuzioni di Nerone e di Donriziano ad irnperversare;
nel secolo successivo, prirna Traiano e successivamente
Marco Aurelio ne nrantennero inalterato il rigore. Nonostante
ciò, la nuova religione si diffuse a Roma e nerr ‘Italia
meridionale, oltre che in numerose altre parti dell’Europa,
cercando di convivere con la civiltà romana che
aveva conquistato, ma, avendo subito l’esperienza delle
persecuzioni, conservò a lungo un comportamento clandestino.
La gerarchia cristiana, i sacramenti, la liturgia
e la disciplina, fattori questi che ancora oggi, dopo XXI
secoli sono propri della Chiesa Cristiana, si costituirono
sin dall’epoca degli Apostoli. Ecco, quindi, emergere i
diaconi, ai quali gli Apostoli affidano le incombenze am-
rrrinistrative, poi i presbiteri, preti incaricati soprattutto
delle funzioni spirituali. In seguito si distingueranno dai
presbiteri gli Episcopi o vescovi, successori degli Apostoli.
Dal II secolo d. C. l’episcopato esiste ovunque, e
ovunque i sacerdoti e i diaconi gli sono subordinati.
I secoli ,lii e IV sono fondamentali nello sviluppo della
Chiesa. E in questo periodo che essa si espande in rnaniera
massiccia, organizzandosi per meglio inserirsi nella
società, attraverso l’istituzione del catecumenato, lo sviluppo
di una propria teologia e di una liturgia sacramentaria
e dandosi una organizzazione propria basata sulla
creazione di ordini e disciplinando la vita delle comunità
con assemblee liturgiche ben strutturate e codificate, da
tenersi nelle chiese appositarnente costruite e non più in
luoghi privati.
Nel III secolo, tra il 200 ed il 202, Settimio Severo interdisse
con un editto il proselitismo cristiano. Le comunità
sono provate dalle persecuzioni, effimero tentativo
attuato da molti imperatori, ma soprattutto dai governatori
locali, di mantenere una disciplina ed una unione, ritenendo
i cristiani un elemento di disunione dell’ Inrpero.
Il peggio doveva ancora avvenire.
Nel 250 si ebbe la più crudele persecuzione, quella di
Decio, conseguente ad un editto col quale obbligava ogni
cittadino a possedere un attestato (libello) da cui risultasse
il suo atto di adesione alle tradizioni romane attraverso
un sacrificio alle divinità pagane. Molti cristiani rinnegarono
la loro fede, ma una rninoranza non cedette. Questa
decisione era r ‘estrerno tentativo di cerrrentare r ‘unità romana
Tra il 260 ed il 302 la Chiesa visse una brevissima era
di pace, fino a quando, tra il 303 ed il 304, Diocleziano e
i suoi colleghi Massimiano, Costanzo Cloro, e soprattutto
Galcrio, che sembra esserne stato l’ispiratore, pubblicarono
quattro editti con cui si estendeva la persecuzione a
tutto l’Impero: l’Impero tentava per l’ultima volta, e con
estrerna violenza, l’ annientarnento del Cristianesirno. E
fu una persecuzione terribile, salvo nella giurisdizione di
Costanzo Cloro (Gallia e Bretagna). Ma i cristiani non
cedettero, anzi il loro nunrero crebbe con il trascorTere
degli armi, e nel 3rr l’editto di tolleranza di Galerio,
seguito da quello chiamato comunemente “l’editto di
Milano», del 3r3, emesso da Costantino e Licinio, che
accordava ai cristiani la libertà di culto e restituiva loro
i beni precedentemente sottratti, segnò la «rivincita» del
Cristianesimo che, dal 380, in seguito alr’ernanazionc da
paite di Teodosio dell’editto “De.fide catholica”, diverrà
la religione ufficiale dell’Impero. Da questo momento,
siarrr0 ornrai nel secolo IV, con il mutare derlo status giuridico
della fede cristiana il Cristianesimo rapidamente si
insinua in ogni angolo del Mondo allora conosciuto.
In Carnpania, le fonti da cui attingere notizie, siano
esse letterarie, epigrafiche o artistico-monurnentali, sono
estremanrente frarnrnentarie.
Nel terTitorio di Nocera, patria di San Prisco, il Cristianesimo
fiorì e si propagò già dal I secolo d. C.; la
maggior parte degli storici ritiene che nella Valle del
Sarno si propagasse intorno all’anno 6rd.C., anno in cui
Paolo di Tarso approdò a Pozzuoli nel suo viaggio verso
Roma. La Diocesi di Nocera dei Pagani, secondo la
più accreditata storiografia, si fonnò solo più tardi, tra
il lii ed il IV secolo d. C., proprio negli anni in cui visse
San Prisco, e, secondo la divisione augustea, fa parte
della Regione l, la Campania, anche se, dal V al X secolo,
come per tante altTe località dell’Italia, per le deleterie
conseguenze delle diverse dorninazioni, rrroltissime
testimonianze sono andate distrutte. In particolare, per
l’antica Diocesi di Nuceria Alfàterna, la grande scarsità
di documenti è da attribuire alle devastazioni dei Goti,
dei Longobardi, Greci e Saraceni che, nel loro violento
avanzare, serninarono rnortc e distruzione, spogliando le
chiese dei loro tesori, uccidendo i loro Pastori e saccheggiando
i rnonasteri.
Nel 60r Nocerà subì l’occupazione dei Longobardi,
e tale funesto evento compmtò l’intemrzione della vita
della Diocesi, una delle tante ad essere colpite. Il presule
nocerino, Pritnerio, molto probabihnente fu massacrato:
ciò dirnostra che r’interruzione della vita diocesana
(almeno quella documentata) avvenne per un episodio
cruento e non per volontà delle autorità ecclesiastiche.
A proposito della Regione I, lo storico Duchesne scrive:
“la prùna Regione ~firggi, in gran parte, se non alle
so,fferenze delle invasioni, al,neno al! ‘annessione df!finitiva
… Al nord di Napoli era il Vescovado d’Atelia che
.fimzionava regolarmente al tempo del pontificato di Gregorio
Magno (Papa dal 590 al 604), non cosi quelli di
Nola e di Nocera.
In Penisola S0rTentina, conre la storia si intreccia con
la leggenda, così anche quella del Cristianesimo e il suo
diffondersi in Penisola sono avvolti in un alone leggendario.
Da “tradizione certa” fu per merito di San Paolo che il
Cristianesimo giunse in Campania. L’Apostolo delle genti,
diretto a Roma, essendosi appellato al tribunale supre-
rno dell’ lnrpero per ottenere giustizia, si ferTIrÒ a Puteali
in un giorno di prirrravera del 6r presso una cornunità di
cristiani, intrattenendosi per sette giaini e predicando il
Vangelo. La presenza a Puteali di una cornunità ebraica
e le nunrerose colonie di nrercanti orientali che fiorivano
lungo le coste canrpane rappresentarono un forrnidabile
veicolo per la diffosione del Cristianesimo tra quelle popolazioni.
La chiesa di San Pietro a Mele, in località Sottonronte,
e l’antica croce detta di San Pietro, incastrata nel
rrruro del soppresso rrronastero benedettino di San Renato,
rievocano la grande “antichità” della Chiesa sorTentina.
Che alla diffusione del Vangelo abbia contribuito lo stesso
San Pietro non è ipotesi del tutto inaccettabile. La particolare
devozione verso questo Santo, cui erano dedicate le
antiche abbazie di Crapolla, della Marina Grande a Sorrento
e di Cenncrma rende affascinante la tradizione di
una sua presenza _fi_-a noi durante il viaggio verso Rorna. Si
naiTa che San Pietro abbia pmtato la fede incontrando un
nucleo di neofiti presso un sepolcreto di liberti posto fuori
le rnura di Sorrento, ilr località S0ttorrronte, dove succcssivarrrente
fu eretta la chiesa di Sanctus Petrus lnventus,
detta poi di san Pietro a Mele. Tale evento risalirebbe al
43 o 44 d.C., armo in cui l’Apostolo fu a Napoli.
In quegli anni il Cristianesimo andava sempre più
radicandosi nella nostra penisola e i rnercanti orientali
che vi giungevano favorirono il diffondersi della nuova
dottrina tra quelle località pagane. Agli inizi del Il
secolo, per l’interessamento dell’imperatore Adriano, fu
rifatta una iinportante arteria, la via Nuceria-Surrenturrr
che secondo l’usanza, fu subito fiancheggiata da tombe
e m’onumenti funerari. Si può ritenere che, già dalla fine
del l secolo, nella nostra regione sorsero i primi distretti
diocesani collegati ad agglomerati urbani assai numerosi.
Tra le prime Diocesi campane troviamo Pozzuoli,
Nola e Napoli, che comprendeva pure la nostra Penisola.
Lentamente si configura una prima gerarchia ecclesiale
finalizzata a dare ai fedeli una guida sicura: in questo periodo
sono numerose le attestazioni che riferiscono della
partecipazione di Vescovi campani ad ambascerie pontificie
e a concili, scguale inequivocabile della vivacità
della nostra Chiesa, non solo a livello locale. Nei primi
secoli la Chiesa campana annotò moltissimi martiri; in
Penisola Sorrentina, corne è riportato in diversi Martirologi,
fra il 230 e il 240 d.C. furono martirizzati Ma~·co,
Quinto e Quintilio, unitamente ad altn rr compagm, m
località Petrulo, ora appatienente al Comune dr Piano
di Sorrento. Verso il V secolo d.C., sotto il pontificato
di Innocenzo I (40r – 4r7), si annota per la prima volta
la Cornunit~ cristiana son·entina corne Diocesi, retta da
un Vescovo.
La certezza dell’ antichissimo culto di San Prisco in
Campania ci è offeria dal Carme r9, vv. 5r5-5r8, composto
nel 405 da Paolino da Nola; m questo scntto, mcentrato
sul culto dei santi e sugli arredi che ornavano le
basiliche di san Felice a Nola, Paolino fa riferimento al
dies natalis di Prisco, ricordando che il Santo, pur essendo
stato Vescovo di Noccra, era celebrato anche a Nola.
Ciò che emerge dalla scarsa documentazione è la
vivacità della Chiesa campana nei primi secoli di vita,
basata su una solida organizzazione interna e sulla particolare
attenzione riservata ai più bisognosi ed ai inalati;
anche l’accoglienza dei pellegrini era garantita da un
solido apparato ricettivo, rappresentato da una fior~nte
edilizia religiosa e da rm nascente movimento rnonastico,
che si sarebbe ulteriornrente sviluppato nel VI secolo con
l’avvento di San Benedetto da Norcia.
La vita di San Prisco
Sono molti i santi di nome Prisco ( cioè “antico”) il cui
culto fimisce in Occidente e in 0riente: il “nostro” San Prisco
fu vescovo di Nocera tra il !Il e il IV secolo.
La vita di San Prisco, Patrono di Nocera e della sua
Diocesi, dove è venerato ab inrrrrerrrorabili, corne per rnolti
Santi vissuti nei primi secoli del Cristianesilno, è avvolta
nella leggenda. Nei primi secoli del Cristianesimo, gli
avvenimenti ed il racconto della vita di personaggi famosi
e dei santi venivano spesso tramandati oralmente e inolte
delle rare testimonianze scritte sono andate perdute. Nel
Saverio Manzone, San Prisco (r77r), Museo Diocesano di Nocera
Medioevo le poche notizie forano composte e at-ricchite,
secondo la tradizione agiografica, di miracoli e prodigi che
rappresentano un’eredità religiosa capace di far radicare
nella massa dei fedeli il culto verso il Santo. Mettere per
iscritto la vita di un santo contribuisce a fissarne la nre-
rrr0ria, perpetuarne il ricordo e dare nuova linfa alla fede.
Proprio per la mancanza di documenti, molti avvenimenti
riferiti ai prirni secoli di vita del Cristianesiino risultano
poco conosciuti o cornpletamentc ignorati; in quegli anni,
contraddistinti da frequenti lotte cd epidemie, erano ben
altre le preoccupazioni della gente, altre le necessità che
consentissero loro di sopravvivere, che quella di annotare
gli avvenimenti e le gesta di uomini illustri; nonostante
ciò, dalle poche fonti storichc “cerie” pervenute fino ai nosui
giorni, e soprattutto grazie all’archeologia, è possibile
conoscere eventi dell’epoca in cui è vissuto San Prisco,
un’epoca compresa u·a il II ed il III secolo d. C., durante
la quale cominciavano a serpeggiare le prime eresie. Una
fonte di grande valore è rappresentata dal ricordo che ne
dà San Paolino di Nola, Vescovo in quella città nel 409,
vissuto circa un secolo dopo San Prisco nel Carme XIX
nei versi 5r5-5r8: ‘ ‘
“Forte sacra/a dies illuxerat il/a beati
Natalem Prisci rejèrens quem et Nola celebrai,
quarrrvis i/le alia Nucerinus Episcopus urbe I sederit”.
Questi versi possono essere così tradotti: “Per caso quel
sacro giorno era sorto riportando la.festa natalizia del beato
Prisco, che anche Nola celebra quantunque quello, come
Vescovo di Nocera, abbia avuto la sede in altra città”.
Da questi pochi versi appare chiaro che si tratta di un
Santo, la cui fama ben presto superò l’ambito della sua Diocesi
ed il cui culto, corne frutto di una devozione popolare,
peraltro basata su una solida documentazione, si è diffuso
in diverse città della Campania, giungendo anche in Penisola
Sorrentina. Ed è palese che al tempo di San Paolino da
Nola ( inizi del V secolo) il giorno della morte di San Prisco
(natalem referens), il 9 maggio, è già entrato a pieno titolo
nel calendario delle feste della Chiesa.
Una leggenda ricorda San Prisco come primo vescovo
di Nocera al tempo dell’imperatore Nerone, quindi nel I secolo
d.C., aggiungendo che con lui sai·ebbero caduti due
martiri nocerini: Felice e Costanza.
Alu·e agiografie identificano il “nostro” San Prisco
come quello venerato a Capua: uno dei settantadue discepoli
di Gesù, venuto in Italia al seguito di Pietro e Paolo. In
tal caso, lo stesso vescovo, di nome Prisco, sarebbe stato a
capo di entrambe le diocesi, perché anche Capua rivendica
tra i suoi Pastori un San Prisco discepolo di Gesù.
Nel volume Priscana – Raccolta delle conferenze per le
giomate priscane 2000-20rr, edito a cura di mons. C. Citarella
e Mons. M. Vassalluzzo, fornitoci dallo stesso Mons.
Vassaluzzo, è stata inserita, a cura del Prof. Salvatore Fe!Taro,
la Vita di San Prisco, tratta dal volrnne di Mons. Paolo
Regio, Vescovo di Vico Equense: “Del/ ‘opere spirituali di
Mons. Paolo Regio Vescovo di Vico Equense parte seconda.
Nella quale si contengono le vite di quei Beati Pontefici, e
Confessori, e d’altri Santi, e Sante di Dio; che ò son nati, ò
son venerate le loro Reliquie nel Regno di Napoli, e altrove.
Con molti notabili.fatti avvenuti in diverse Regioni, oltre la
loro Historia; da donde si potrà apprendere il dispreggio
dellefelicità, e delle miserie humane; e gli essempi, e la dottrina
de’senri di CHRISTO”, risalente al r593, contenente
le vite di numerosi santi e mariiri, tra cui, appunto, la vita
di San Prisco, aggiungendo arr’:urtico scritto un nuovo episodio.
Tale opera, anch’essa romanzata e intrisa di leggenda,
a sua volta si basava sull’agiografia del Vescovo Prisco
composta dal francescano Lucio Baldini, il quale affenna di
aver tratto le notizie da un “veteri lectionario Sancti Mathei
de Salerno”, che lo stmico Lanzoni giudicò posteriore al IX
secolo, purtroppo andato smarrito.
La breve biografia di San Prisco si sviluppa in quattrn
capitoli, per complessive r3 pagine, precedute dal Sommario
e dal Proemio. I quattro capitoli sono così suddivisi:
Capitolo r – Della dignità, et della Patria di S. Prisco: &
come fo accusato falsamente {pp. 356-358).
Capitolo 2 – Come S. Prisco per la strada di Roma apra
molti miracoli, perviene alla presenza del Papa, & a quello
fa intendere il celeste segno delle sacre lodi (pp. 359-362).
Capitolo 3 – Come S. Prisco ottenne dal Sommo Pontefice
in duono una gran Concha marmorea, & quella fece
conducere miracolosamente in Noccra {pp. 362-364).
Capitolo 4 – Del transito di S. Prisco, & della eletfione
della sua sepoltura, con l’esscmpio di molti altri santi Padri,
che di quelle hebbero cura nelle loro fini {pp.365-368).
Il S0rnmario così recita: “Fiorì la santità di questo Santo
nella città di Nocera de’ Pagani, sita nella Provincia di
Principato; il qual celebrando la Messa nell’Alba, senza
la compagnia de gli huomini; è perciò accusato al sommo
Pontefice, che non secondo il rito, & costume Cristiano
egli si portasse nella sua Chiesa. Per lo camino di Roma
opera alcuni miracoli, & poscia p(er)venuto alla presenza
del Papa, fa la notte istessa conoscere à quello la sua innocenza,
confarli intendere il mirabile segno dal cielo, eh ‘egli
udiva in quelle hore, che a celebrar n’andava; laonde
liberanrente licentiato, impetrò in duono una gran Concha
di rnarnr0, la qualfe conducere in Nocera miracolosamente
da due vitelluccie; ivi ritornato, pieno di buone opere, si
riposò in pace a’ VIII! di Maggio; il cui nome, hoggidi è
in sornma veneratione appò il Nocerino popolo, si corne
parùnente vi sono le sue reliquie”.
Ritengo oppmtuno chiarire meglio quanto appena
letto. Chi conosce anche sommariamente la storia della
Chiesa troverà molte notizie inverosimili e bisogna ricordare
che più che come documenti queste agiografie devono
essere lette come romanzi ispirati alla vita del Santo.
Non si tratta di scritti che ci aiutano realmente a focalizzare
la vita di un santo, ma meritano di essere riportati per
comprendere la devozione che si è sviluppata attomo alla
figura del Santo.
Secondo questa agiografia San Prisco, vescovo di Nocera,
conduceva una vita esenrplare, riscuotendo l’ammirazione
ed il rispetto di molti, ma non di tutti. Si sa che i
denigratori, le “malelingue”, si annidano dappertutto, allora
come oggi. San Prisco era solito celebrare la Messa prima
del sorgere del sole e prima degli altri sacerdoti. Un suono
celestiale che udiva gli indicava r’ ora della celebrazione. Alcuni
calunniatori, invidiosi della benevolenza che il popolo
riservava al presule, lo accusarono di essere eretico, scismatico,
indisciplinato e di non attenersi ai dettami della Chiesa.
Nonostante gli sforzi di quanti lo ammiravano per lo zelo
e le numerose opere di carità che era solito porre in atto, il
Vescovo viene accusato presso il Papa e da questi fatto imprigionare
per essere condotto a Roma ed essere giudicato.
Nel Proemio il vescovo Regio esorta a non “arnare il
nrondo, né le cose, che nel mondo sono; che chi ama il mondo
non ha seco la carità perfetta. Perché ciò che è nel mondo,
brievemente passa, come ombra, che all’apparire del
Sole si dilegua; e colui che osserva la voluntà di Dio, sta in
eterno”, aggiungendo che quanto appena scritto sarà meglio
chiarito illustrando la vita del santissimo Vescovo Nocerino
Prisco il rr.uale, ” ….. spreggiando le vanità del mondo,con la
voluntaria povertà volle più tosto seguitar Christo, & essere
da gli huonrini rnondani calunniato, & accusato “.
Nel primo capitolo si parla della dignità e della Patria di
San Prisco e di come fo ingiustamente e falsamente accusato.
rr Signore non abbandona mai i suoi fedeli e, nel capitolo
secondo, sono narrati gli episodi miracolosi avvenuti nel
viaggio da Nocera verso Roma.
Lungo la strada, per il freddo intenso, si rese necessario
procurarsi del fuoco per ristorarsi; San Prisco, recato
presso un’abitazione, chiese ad una donna di dargli della
brace; la donna acconsentì volentieri alla richiesta, solo si
rammaricò di non possedere un recipiente in cui riporlo;
“lo porrai nella pianeta che indosso” , rispose San Prisco
senza scomporsi. La pianeta non bruciò. Gli inviati del
Papa, dopo questo episodio, trattarono San Prisco con riverenza,
liberandolo dai legacci, e la loro gratitudine verso
quell’uomo che ora non consideravano più essere un loro
prigioniero, aumentò oltremodo allorquando, rimasti senza
provviste, né acqua, implorarono il vescovo di supplicare il
Signore, che fece apparire una cerva che, docile alle parole
del Santo, si lasciò avvicinare e mungere. Poco oltre, San
Prisco chiese ad un chiassoso stormo di papere di seguirlo
fino al palazzo Lateranense dove il Papa, informato dei prodigi
operati lungo il viaggio, lo accolse con benevolenza e
carità, mostrandosi pentito di aver costretto “un uomo così
Santo” ad affrontare i disagi e le insidie di un viaggio lungo
e faticoso. San Prisco riferì che le accuse a lui rivolte da
alcuni sacerdoti della sua Diocesi, cioè di mangiare prima
del sorgere del sole, di essere un eretico, un prepotente e di
non conoscere le Sacre Scritture e la dottrina della Chiesa,
erano false. Dopo averlo a lungo ascoltato, il Papa rispose
che la mattina seguente avrebbe risposto esaurientemente;
poi, osservando le papere ancora ferme in un angolo della
Resti della Fontana di San Prisco nel sagrato del duomo di Nocera
posizionato nel 2008 sul portale d’ingresso
stanza, chiese a San Prisco il significato della loro presenza,
e perché le avesse condotte fino a Roma. “Sono un dono
per Voi, Santità”, rispose il vescovo. Il Papa rifiutò quel
dono, aggiungendo che sarebbe stato più giusto che fosse
lui a donare qualcosa alla Diocesi di Prisco. Il Vescovo, rivolgendosi
agli uccelli, ordinò loro di tornare libere. Il Papa
e San Prisco si ritirarono per trascorTere la notte nella stessa
stanza. E fu durante la notte che il Papa si convinse ancora
di più della santità dell’uomo che gli era dinanzi. Anche
quella notte, infatti, San Prisco, come avveniva onnai da
molti anni, fu destato dal suono celestiale che, sempre alla
stessa ora, lo costringeva a svegliarsi per la recita delle orazioni.
Destatosi, Prisco invitò il Papa ad unirsi a lui nella
recita delle preghiere; il Pontefice rispose che ancora non
era sorta l’alba; all’invito del vescovo di unirsi a lui per
ascoltare la melodia che giungeva dall’alto, il Papa rispose
di non udire alcun suono. “Avvicinati a rne”. Il Papa lo fece,
ma ancora disse di non udire alcun suono. San Prisco lo invitò
a salire sui suoi piedi e, con somma meraviglia, anche
il Papa ascoltò quel celeste segno, quel suono che già da
molti anni Prisco aveva inteso nella sua Nocera. Il Papa si
convinse della santità dell’uomo e, guidati da quel seguo, si
recarono nella chiesa di San Giovanni in Laterano per la celebrazione
delle lodi mattutine. Al termine della funzione,
ancora insieme fecero litorno presso l’appartarnento papale
dove ancora si manifestò quel dolce suono, ed il Papa e
Prisco concelebrarono la Messa. Così il Signore Iddio volle
rnanifestare non solo al Papa, ma a tutti i credenti, la santità
di Ptisco.
Nel terzo capitolo è riportato il miracolo della fontana.
Il Papa, pienamente convinto dell’innocenza del Vescovo,
disse di volergli donare qualcosa per la sua chiesa in Nocera.
San Prisco;volgendo gli occhi verso una “mirabil Conca
di nrarrrr0”, collocata dinanzi al Palazzo Papale, rispose
che sarebbe stato lieto di avere in dono quella magnifica
conca che, posta dinanzi alla chiesa in Nocera, avrebbe ricordato
per sempre ai fedeli ed ai pellegrini la benevolenza
del Pontefice. Il Papa acconsentì, solo si chiese come sarebbe
stato possibile trasportare fino a Nocera quella fontana
così grande. Prisco non si scompose rna, guardandosi intorno,
vide legate ad una colonna due vitelline, lasciate da un
contadino che intendeva venderle. Il Vescovo le acquistò e,
tra lo stupore di tutti, cmicata la conca, le due vitelline si avvim-
ono spedite. La conca, una volta trasportata a Nocera,
fu collocata nei pressi della porta della chiesa, quale segno
della santità di un Pastore accusato ingiustamente e glmificato
da Dio. San Prisco perdonò coloro che lo avevano
denigrato, e da quel giorno tutti i sacerdoti credettero alla
rettitudine morale e alla santità del loro Vescovo Prisco, e
l’armonia tornò a regnare nella Diocesi di Nocera.
La vasca di cui parla la leggenda sarebbe quella che ancora
oggi è possibile vedere, “rnut;/ata in più parti”, come
annota Mons. Vassalluzzo, in prossimità della scuola elementare
Regina Pacis del Vescovado.
Nel quarto capitolo si racconta della morte del Santo.
Tornato in Nocera, il Vescovo riprese con ardore il suo
apostolato, fino a tarda età. Sentendo ormai prossima l’ora
della sua morte, Prisco si recò presso il sepolcro dove riposavano
le sue due sorelle e, avvicinatosi: “Dilettissime ed
arnatissùne sorelle”, disse, ”concedete,ni un po’ di spazio
tra di voi, in ,naniera tale che tra voi rrri riposi. E siccorrre
sianr0 vissuti sernpre uniti, non separianr0 i nostri co,pi, nra
.facciarrr0 in ,nodo che essi riposino nello stesso sepolcro”.
A queste parole, i corpi delle donne che giacevano vicini
si separtlrono, consentendo al loro fratello di distendersi
tra di essi. San Prisco si addormentò serenamente. rr transito
di San Prisco è celebrato il 9 maggio, “nel qual giorno
per fide! tradizione si tiene, che avvenisse”.
In questo capitolo, di particolare importanza è l’annotazione
aggiunta dal Vescovo Regio, che recita: “Il transito di
questo santissùno Confessore di Cristo, Prisco si celebra a
qli VII[ del mese di Maggio, nel qual giorno per.fide/ tradizione
si tiene, che avvenisse: ma il secolo, & con questo il
norne del sornrno Pontefice non ne sono pervenuti a notitia;
rr0rr gli avendo ritrovati notati nel! ‘antico Lettionario della
vita di questo santo Vescovo, estratto dalle Croniche della
Chiesa di S. Matteo di Salerno, sotto la cui Menvpoli la
Chiesa di Nocera cathedrale si posa; & da dove noi la verità
di questa historia habbiarrr0 parùnente tratta”.
In una ristampa della Vita di San Prisco del r833, in
Appendice viene riportato: “L’autore della vita di S. Prisco
non.fissa il secolo, nel quale egli visse, e morì. Questo punto
d’Istoria è ignoto anche a noi. Possiarno però approsshnativarnente
fissarlo. Quindi abbia,n creduto necessario
aggiungere alla vita del santo le seguenti notizie. Ughel/i,
nella sua Italia Sagra al Tomo VII, nel parlare de’ Vescovi
cli Nocera si esprùne così: Sanctus Priscus, prbnus hujlus
Ecclesiae Episcopus, censetur sub Nerone martyrio coronatus,
cujius dies .festus agitur nona Maji in martirologio
Ronrano, de quo Baronius in notis. Estquae Divus tutelaris”.
Traduzione: “San Prisco, primo vescovo di questa
chiesa, fu giudicato sotto Nerone, coronato dal martirio, il
cui giorno festivo si celebra il nove maggio nel martirologio
romano, su cui Baronio nelle Note. È un santo tutelare”.
Come già affermato, questa notizia non trova riscontri,
perché Nerone, nato nel 34 d.C., ascese al trono imperiale
nel 54 d.C. e mori nel 68. Inoltre, sempre nell’Appendice,
si aggiunge che: ” … Matteo Gizzio nella sua serie degl ‘!rrr-
peratori Rorrrani rapporta tutti i ,nartirii, e le persecuzioni
contro gli Apostoli, ed ai seguaci loro, e non /Cl rrrerrzione
alcuna di S. Prisco.
Il più sicuro è che questo Santo Protettore di Nocera
.fosse vissuto verso il terzo secolo. bnperciocchè S.Paolino
di Bordeos nella Guascogna si fece Cristiano nel 384, e
venne nel Regno di Napoli, ove.fii eletto Vescovo di Nola.
Egli morì nell’anno 43r. Or questo Santo Vescovo nel suo
Natale al Poema XIX, scritto a S. Felice Martire, si esprime
così.
Forte Sacrata Dies illuxerat illa Beati. I Natalem Prisci,
refercns, quam Nola celebra!. Quamvis ille alia Nucerinus
Episcopus urbe sedcrit.
Il Rmnondini nella sua Storia Ecclesiastica Tomo II
dell’Opera di S. Paolino Poema XIX traduce così: Splendea
quel dì nella Città di Nola, Festiva a Prisco, che pastor
già resse Là de’ Pagani e Picentin Nocera.
Se dunque S. Paolino nel fine del quarto secolo parla
di un Prelato già santo, è conseguenza legittùna che già
prima.fii Vescovo di Nocera, e santificato dopo la morte. Ed
ecco conre con quasi certezza si può stabilire che il nostro
Santo tutelare occupò la sede Vescovile di Nocera verso il
terzo secolo del! ‘Era Cristiana”.
In conclusione, credo di poter affermare che il nostro
comprotettore San Prisco fu Vescovo di Nocera e visse tra
il III e IV secolo d. C. San Prisco fu un instancabile testimone
del Vangelo e della carità cristiana, un uomo vissuto tra
la gente, in un’epoca difficile, un uomo tutto dedito a trasmettere
l’amore per Cristo e la Chiesa. San Prisco meritò
la gloria e la fama di santità, che gli è stata riconosciuta dal
popolo, che l’ha da sempre venerato ed amato, tributandogli
un culto profondamente radicato nei cuori.
San Prisco patrono di Nocera
Il concetto giuridico di patronato deriva dalla cultnra
romana. La Chiesa, ispirandosi a quella cultura, lo ha
fatto proprio, applicandolo ai santi. Fu Urbano VIII, nel
secolo XVII, a stabilire che il santo da eleggersi a patrono
di una chiesa fosse però canonizzato e che la scelta
spettasse al popolo, con il consenso del Vescovo e del
clero, e con l’approvazione della Santa Sede.
Nunrerose testimonianze “,nostrano co,ne da serrr-
pre San Prisco, vescovo di Nocera dei Pagani, sia stato
venerato, invocato dai vescovi e dai fedeli, attraverso i
secoli, ininterrottanrente”, scrive Mons. Vassalluzzo, il
quale, tra l’altro, ci fa sapere che la più antica testimonianza
in proposito è contenuta, in prefazione, nel poema
XIX dei carmi di S. Paolino di Nola, del secolo V, in cui
si riporia chiaramente corne Prisco fosse venerato a Nocera
e nella vicina Nola.
Negli atti del più antico Sinodo di Nocera, del r479, si
legge: “Chi osa bestenuniare S. Prisco, avrà conre pena
di.far dipingere l’immagine in pubbliche vie”.
Fu il vescovo Paolo Giovio a fissarne la data della
festa il 9 maggio. Era il r576.
Il sepolcro di San Prisco
Alla sua morte, il corpo del Santo fu presumibilmente
sepolto in una tomba di tnfo in una delle necropoli
dell’antica Nuceria, posta fuori dalle mura della città,
che fu attiva oltre il primo secolo nella zona di CerzetiCattedrale;
successivamente, il corpo, oggetto di una crescente
devozione, fu traslato nei pressi della città antica
all’interno della Chiesa di San Filippo in macerie (secolo
IV). La chiesa fu retta dai Benedettini che vi fondarono
la Badia, detta di San Prisco, ampliando la prima chiesa
di San Filippo. I monaci rimasero a Nocera fino al r386,
anno in cui Chiesa e Monastero divennero sede vescovile.
Da quella data la Chiesa di San Prisco divenne, e lo è
ancora oggi, il Duorno di Nocera.
I resti di San Prisco riposano nel Duomo di Nocera,
in un sarcofago in marino che reca una decorazione strigilata
nella parte anteriore cd ha dimensioni di 2,35 metri
per r,35 metri in pianta ed un’altezza di 95 centimetri,
datato fra il III e il IV secolo d.C. A proposito di questo
sarcofago, ecco cosa scriveva Mons. Francane, vescovo
dal r63r al r653: “essendosi ricercato sotto l’altare di
- Pr;sco, dentro la catteclrale, si trovarono due casse:
Il sarcofago