Sorrento Vallone dei Mulini, il Wwf incalza il Comune ad adottare i provvedimenti previsti dal T.U. dell’edilizia.
Ad oltre un mese dalla nota inviata dall’Associazione ambientalista nessun provvedimento si registra da parte degli Uffici competenti che pur avendo acquisito le relazioni tecniche, depositate nel fascicolo penale, sembrerebbero esitare ad emettere le sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 per l’esecuzione di lavori abusivi o quanto meno svolgere il ruolo che compete all’Amministrazione anche nel procedimento penale.
Sorrento – La ormai atavica e complessa vicenda del Vallone dei Mulini tra speculazioni, crolli e proposte di messa in sicurezza dopo anni ancora tiene banco in città. Anche se per tanti ambientalisti dell’ultima ora continua ad essere tabù, tale questione rimane nelle attenzioni di coloro che, con costante e concreto impegno, della tutela dell’ambiente e del territorio ne hanno fatto una ragione di vita.
Dopo il sequestro del cantiere ad opera dell’Autorità Giudiziaria a seguito delle denunce del Wwf Terre del Tirreno e Vas – Verdi Ambiente e Società, con successivo Procedimento Penale che vede l’Amministratore delegato della società proprietaria e committente dei lavori alla struttura del Mulino, sul banco degli imputati, gli ambientalisti forzano per il ripristino dello stato dei luoghi. Dopo i recenti sviluppi delle indagini e le relazioni da parte dei tecnici incaricati dalla Procura della Repubblica, lo scorso 19 luglio, il Presidente del Wwf Terre del Tirreno, Claudio d’Esposito ha inviato una nota, sia all’attenzione della Segretaria Generale nonché Responsabile Anticorruzione del Comune di Sorrento, dott.ssa Candida Morgera, che al Dirigente del IV Dipartimento, dott. Donato Sarno.
Nell’informare anche il Procuratore Capo, dott. Nunzio Fragliasso, d’Esposito esordisce evidenziando che dopo aver consultato il Fascicolo penale 518/20 RGNR, risulta che dal Comune di Sorrento, in data 10 giugno 2020, è stata fatta richiesta in Procura di poter acquisire copia degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero e, in data 16 giugno 2022, ne è stata autorizzata. Pertanto, continua d’Esposito, si presuppone che gli atti istruttori, contenuti nel fascicolo processuale penale pendente innanzi al Giudice Monocratico, siano noti ai Responsabili degli Uffici comunali interpellati. Il chè implica che gli stessi siano venuti a conoscenza delle due relazioni tecniche depositate nel fascicolo del P.M. e cioè di quella a firma degli Ausiliari di PG, ing. Giuseppe Ponticorvo e geom. Catello Zurlo, nonché dell’altra a firma dell’ing. Anacleto Fuschetti.
Dall’esame di dette relazioni – continua il Presidente del Wwf Terre del Tirreno – emerge con chiarezza che il Comune di Sorrento sia sfornito dei piani di recupero previsti dall’art.17 della l.r. 35/87 (PUT) per le zone A) e la circostanza, nondimeno, sia stata pacificamente ammessa anche dall’allora Responsabile dell’UTC, ing. Alfonso Donadio, con la nota inviata al P.M. in data 20 febbraio 2022. Entrambe le relazioni inquadrano l’intervento nell’ambito del “restauro conservativo e consolidamento statico” non consentito in assenza di piano di recupero. Non solo i tecnici incaricati dalla Procura della Repubblica evidenziano inoltre che:” Alcune tra le attività edilizie di cui alla SCIA prot. 24651 del 19/06/2019 – pratica edilizia n.357/2019 – quali la realizzazione di servizi igienici per il pubblico, ubicati a piano terra, e la finalità dei lavori tendente a rendere fruibile l’area da tempo abbandonata, non sono congruenticon la qualificazione edilizia dell’intervento di restauro e risanamento conservativo inizialmente proposto, potendo comportare una conseguente variazione in aumento dell’originario carico insediativo dovuto alla diversa destinazione del manufatto.
Si rappresenta, infine, che dalla valutazione della documentazione grafica allegata a corredo della S.C.I.A. prot. 24651 del 19/06/2019 – pratica n. 357/2019, gli scriventi hanno riscontrato una lacunosità relativa a:
– mancanza di una esatta rappresentazione dello stato preesistente dei luoghi con l’indicazione degli ambienti e delle relative destinazioni d’uso;
– carenza delle quote sia planimetriche (riferita alle dimensioni delle fabbriche esterne ed agli ambienti interni), sia altimetriche (le sezioni sono prive dell’indicazione delle altezze mentre le quote sono riportate solo su quelle di progetto);
– esiguo numero delle sezioni prodotte (solo tre, in relazione alla portata dell’intervento);
– incompleta descrizione nella relazione tecnica degli interventi a farsi (alcuni dei quali ad esempio impianti e finiture non sono menzionati);
Sulla base ditali considerazioni non è ancora individuabile una chiara destinazione d’uso del fabbricato, prefigurandosi profili di carenza documentale di base.”
I tecnici della Procura, evidenzia d’Esposito, ipotizzano che l’intervento, consentendo la realizzazione di servizi con aumento del carico insediativo, andasse anche oltre la tipologia indicata e cioè quella del restauro conservativo già di per se non permessa dal PUT e, per di più, in assenza di piano di recupero.
Invece l’Ufficio Antiabusivismo del Comune di Sorrento, con relazione del 29/05/2020 prot. 17363, pur richiamando le disposizioni del PUT e la circostanza che l’art.17 dello strumento sovraordinato preveda per la zona A (nella quale ricade l’antico mulino), in assenza di piano di recupero, solo e unicamente interventi di manutenzione ordinaria e consolidamento statico, assumeva che fosse ammissibile in quanto coerente con l’art. 15 comma 6 del PUC e con l’art. 9 del T.U. dell’edilizia 380/01.
L’art. 15 del PUC al comma 6 , si evidenzia nella nota del Wwf, effettivamente prevede come consentiti in zona A anche gli interventi di manutenzione straordinaria e quelli di restauro conservativo e quanto all’art. 9 del DPR 380/01 al comma 2, questo indica che “Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l’edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell’articolo 3 del presente Testo Unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del Comune e a cura e spese dell’interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo”.
I rilievi dell’UTC non appaiono fondati essendo ben noto che le disposizioni urbanistichenon possono prevalere su quelle paesaggistiche e se ciò non bastasse l’art. 9 dal comma 1 del T.U. 380/01 ben precisa che sono fatti salvi “i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora d.lgs. n. 42 del 2004 – n.d.r.)”.
Alcun ragionevole dubbio può esservi che quelli del PUT siano limiti “più restrittivi” oltretutto di carattere paesaggistico, sufficienti a impedire che potesse assentirsi l’intervento comunicato dalla società Maccheronificio srl. La nota istruttoria dell’UTC fonda, quindi, su una interpretazione delle varie disposizioni richiamate contra legem.
Si tratta di principi noti e consolidati da tempo evidentemente ignorati dagli Uffici comunali ma confermati da molteplici pronunzie della Magistratura Amministrativa e della S.C. penale.
Si richiama in proposito la decisione del Consiglio di Stato IV sezione n. 3864 del 18 maggio 2021 e quella ancor più recente dalla VI sezione, sempre del Consiglio di Stato n. 1150 del 16 febbraio 2022, n. 1150 – Pres. Simonetti, Est. Simeoli, ove si afferma:
“il Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce con efficacia vincolante […] i rapporti tra il piano paesaggistico e gli altri strumenti urbanistici […] secondo un modello rigidamente gerarchico, fondato sui seguenti dispositivi tecnici: immediata prevalenza del primo, obbligo di adeguamento dei secondi con la sola possibilità di introdurre ulteriori previsioni conformative che «risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani». In base alla disciplina statale resta così escluso, sia che la salvaguardia dei valori paesaggistici possa essere assicurata da strumenti diversi dai piani paesaggistici, sia che essa possa cedere ad esigenze urbanistiche o naturalistiche rappresentate in diversi strumenti di pianificazione”.
Concetti che sono senz’altro noti – si legge nella nota del Wwf indirizzata al Comune – non foss’altro perché espressi dal C.d.S. in vicende giudiziarie in cui era coinvolto il Comune di Sorrento. Mi riferisco alla vicenda dell’housing in via Atigliana (n. 3270/20) ed a quella dell’housing di via Santa Lucia (n. 8559/20). Se sussisteva ancora qualche ragionevole dubbio la sentenza della Corte Costituzionale n. 261/21 – anche questa emessa in un procedimento in cui era parte il Comune – lo ha dissipato.
Pertanto quanto asserito dall’art. 15 comma 6 del PUC alcuna incidenza poteva avere nella questione e le SCIA presentate dal Maccheronificio srl, in particolare quella prot. 24651 del 19 giugno 2019, non avrebbero potuto essere assentite e, ove assentite, avrebbero dovuto essere annullate trattandosi di titoli formatisi in assenza di piano attuativo, in violazione delle disposizioni del PUT e per interventi che sarebbe stato più corretto, anche alla luce di quanto giustamente asserito dai tecnici ausiliari di PG, inquadrare in ambiti ancor più incisivi che non in quello del restauro conservativo.
Anche alla luce del D.L. “Semplificazioni” n. 76/20 (che ha modificato parzialmente la definizione di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) art. 3 comma 1 D.P.R. 380/01), un intervento come quello proposto nel Vallone dei Mulini è da inquadrarsi quantomeno nella ristrutturazione edilizia. Si tenga conto che il rudere, tale ormai da oltre un secolo, non ha alcun servizio e neppure con la SCIA del giugno 2019 la richiedente è in grado di precisare quale ne debba essere la destinazione futura, quali opere possano renderlo fruibile e per quale finalità!
Il recupero di un rudere, allo stato non avente carico urbanistico perché privo di qualsivoglia servizio, è intervento riconducibile perlomeno alla tipologia della ristrutturazione.
In conclusione, l’intervento, sia che lo si inquadri nel restauro conservativo sia che lo si inquadri nella ristrutturazione edilizia o altro, non poteva essere eseguito sia per l’assenza di piano attuativo approvato sia perché nelle “Zone A” tali tipologie d’intervento non sono consentite dall’art.17 della l.r. 35/87.Ove, poi, si collochi l’intervento in ambito ristrutturativo (come è giusto che sia) lo stesso, come previsto dall’art.10 del T.U. 380/01, tenuto conto della zonizzazione (A), avrebbe richiesto per essere attuato oltre al piano attuativo il rilascio di permesso a costruire.
L’utilizzo di un titolo edilizio completamente inadeguato a “coprire” l’intervento realizzato determina la sua inesistenza e non elide la naturaillecita dello stesso sì da poter comunque evitare l’intervento sanzionatorio del Comune nell’ambito del proprio generico potere di vigilanza (art. 27 del T.U.E.).
Nei Termini Cassazione Penale n. 34148/18 (cfr. ex plurimis Cass. Pen. sez. IV, 18 settembre 2019, n. 38611) e, recentissimamente, TAR Campania Napoli VIIa sezionen. 627/22 del 31 gennaio 2022.
Pertanto, conclude d’Esposito alla luce di tali considerazioni e delle risultanze delle due relazioni tecniche depositate nel fascicolo penale e dal Comune di Sorrento acquisite, si invita le Autorità e i Responsabili degli Uffici comunali sollecitati ad emettere le sanzioni previste dal T.U. dell’edilizia per l’esecuzione di lavori abusivi e, in ogni caso, adottare i provvedimenti dovuti svolgendo il ruolo che compete all’Amministrazione anche nel procedimento penale.
In attesa che il Procedimento Penale faccia il suo corso, c’è da registrare che nonostante tale nota risalga ad oltre un mese fa, come spesso è capitato in passato, anche in questa occasione si è costretti ad evidenziare che nessuna iniziativa, da parte del Comune si rileva in tale senso. In ogni caso, quello proposto da Claudio d’Esposito rappresenta senz’altro un invito a procedere documentato in maniera concreta e accurata con il quale Enti e Autorità proposte si devono pur confrontare. L’ennesima iniziativa del Presidente del Wwf Terre del Tirreno , a favore del Vallone dei Mulini, semmai ve ne fosse bisogno, rappresenta senz’altro una ulteriore dimostrazione che la questione ambientale va maneggiata con impegno e competenza e non certo con quella inconsistenza e superficialità che negli ultimi tempi da varie parti viene esibita. – 28 Agosto 2022 – salvatorecaccaviello
Fonte: Wwf Terre del Tirreno