Turismofobia e lavoro stagionale: La lettera di una lettrice di Fanpage mostra come “il paradiso dei turisti è l’inferno per i lavoratori “
L’articolo scritto da Ciro Pellegrino e pubblicato giovedì 11 agosto sul giornale Fanpage.it, è scaturito da una lettera di una lavoratrice stagionale, che svela cosa si cela dietro quella brillante vetrina che attira ogni anno nella stagione estiva, tantissimi turisti da tutto il mondo. Si è parlato spesso del fenomeno denominato “Turismofobia” che attanaglia ormai, tutti i luoghi più belli del nostro turismo, dove la popolazione residente, seppur beneficiata dal benessere legato all’economia del turismo, si vede deprivata spesso di molti dei suoi diritti primari.
Tutte le locazioni vengono riservate per case-vacanza e camere B&B, tanto che i residenti non riescono più a trovare un’abitazione a prezzi decenti, sono costretti a ricorrere al pendolarismo nonostante il caos traffico della statale e l’impossibilità di parcheggiare il proprio veicolo durante la stagione estiva. Le attività ludiche sono limitate visto che i locali sono inaccessibili a causa dei prezzi alti ed intere spiagge risultano sottratte al diritto d’uso dei residenti, in inverno i borghi diventano disabitati e spesso inospitali. I trasporti pubblici sono insufficienti a soddisfare le esigenze dei residenti nei periodi in cui le presenze turistiche aumentano, e che dire poi dei servizi sanitari?
Il titolo dell’articolo è molto eloquente: “Tornata in Costiera Amalfitana per lavorare: il paradiso dei turisti è l’inferno per i lavoratori”.
Lavorare ma senza riuscire a trovare un alloggio. La Costiera Amalfitana non è tutto oro. Sicuramente non per i lavoratori delle strutture ristorative e ricettive.
Il luogo è d’incanto. Non lo sono – non sempre – le storie dei lavoratori che servono ai tavoli, che cucinano, che riassettano o assistono i tanti turisti della Costiera Amalfitana. Shanti – è questo il nome della lettrice che ha scritto a Fanpage.it, è una parola sancrita che significa “stato di pace” – racconta la sua esperienza: tornata a casa, in Costiera, per lavorare, si è trovata davanti a situazioni paradossali per usare un eufemismo.
Lavorare in Costiera – dunque tra Positano e Amalfi – secondo logica significa anche dormire in Costiera o quanto meno nelle prossimità. Se pure un monolocale costa più dello stipendio come si fa? Bisogna andare a vivere nell’entroterra. E se non è collegato? E se non ci sono bus? E se quei bus, quando ci sono, arrivano con ritardi o saltano le corse? Che si fa?
Io vivo nel Lazio ma sono originaria della Costiera Amalfitana. In questi giorni sono tornata in Costiera perché avevo ricevuto diverse offerte di lavoro nel settore alberghiero, come cameriera ai piani in hotel e addetta alle pulizie e alle colazioni negli affittacamere. Le offerte di lavoro mi sono state in effetti confermate una volta incontrati di persona i titolari, mi è stato però impossibile accettarle, in quanto nessuno di questi posti di lavoro prevede l’alloggio, ed è praticamente impossibile trovarne uno. Non solo sulla Costa, ma anche nelle località più interne collegate con ore di pullman alla Costa, ad esempio Agerola.
Ecco che arriva la speculazione sugli affitti per veri e propri tuguri:
A Positano a 350 euro, ovvero un terzo dello stipendio, e in nero mi è stato offerto un alloggio da film dell’orrore: una stanzetta minuscola costruita abusivamente infuocata dal sole, in un luogo dove abitano tanti altri lavoratori ammassati in condizioni igienico sanitarie indecorose, fuori paese. Pare che in tutta la Costiera ci sia il racket degli alloggi per lavoratori. Per aggirarlo molti stranieri affittano appartamenti ad Agerola e dintorni in cui si ammassano in tanti, per poi farsi 5 ore al giorno di pullman, tra andata e ritorno, e andare a lavorare a Positano. Dove potrebbero peraltro facilmente costruire dei dormitori puliti, anche con letti a castello, come si è sempre fatto in passato.
Chi si occupa di rendere il settore turistico più equo, umano e legale? I turisti che vengono da tutto il Mondo non dovrebbero conoscere il lato oscuro dell’accoglienza alberghiera in questo angolo di apparente paradiso, che per chi ci lavora è un vero inferno? Il turismo è cultura e incontro tra nazioni, non deve essere un business senza scrupoli.