Piano di Sorrento, le parole di commiato di Don Pasquale Irolla: “Ci sfioreremo e ci vorremo bene a distanza” segui la diretta

Piano di Sorrento. Questa mattina, in una Basilica di San Michele Arcangelo gremita di fedeli, la comunità ha salutato il suo “parroco” Don Pasquale Irolla che raggiungerà l’isola di Capri per continuare il suo cammino di guida spirituale. Tanta la commozione e molti gli occhi velati di lacrime ma anche tanta vicinanza a colui che per 16 anni ha guidato la Parrocchia con una presenza costante.
Nella sua omelia di commiato Don Paquale ha voluto ringraziare tutti per questi anni di grazia vissuti insieme: «Lodiamo Dio per questa storia di grazia condivisa insieme e che desidero consegnare insieme sull’altare. Ringraziamo il Signore perché siamo cresciuti insieme, insieme abbiamo guardato in alto e insieme ci siamo rialzati da ogni difficoltà, da ogni caduta. Dio è grande e non permetterà che la nostra storia si fermi, abbia un’interruzione, piuttosto che sia lanciata ancora più in alto. Questa è la nostra certezza e questa è la gratitudine per tanti giorni, tante liturgie, tanti campi scuola, tanti sguardi, tanti incontri, tanta strada che oggi vogliamo celebrare e consegnare nelle mani di Dio restituendo a lui quanto ci ha donato.
Celebriamo insieme questa Eucaristia di addio nell’affetto che ci lega, nella fede che condividiamo, nella storia che abbiamo costruito insieme e che Dio ha visitato. Nella gratitudine per me per 54 anni vissuti qui nella comunità di San Michele, di cui 25 come presbitero e 16 come parroco, come pastore. Le nostre storie si sono incrociate e innanzitutto il grazie a tutti per esserci conosciuti, voluti bene, per aver guardato in alto, per esserci sfiorati, incontrati in un amore più grande che è l’amore di Dio. Un grazie di cuore perché sono cresciuto come figlio, custodito da tantissimi di cui alcuni sono nell’eternità. Attraverso le loro preghiere sono nato sacerdote, custodito dalle vostre preghiere e sono diventato e cresciuto come padre. Grazie alla vostra presenza, alla vostra docilità, alla vostra ruvidezza, ai consigli, alle parole, ai silenzi.
La lezione più importante del padre è la scomparsa, il mettersi da parte, è la morte. Viviamo in un tempo in cui nessuno più vuol morire. Non vogliono morire gli adolescenti, non sanno fare una rinuncia per amore. Non vogliamo morire noi adulti e noi vecchi perché vogliamo sempre controllare avendo la presunzione di saperla lunga, di saperne di più. Ed allora accetto con amore questa ultima lezione in cui scompaio, muoio. Ho detto subito sì al nostro vescovo quando mi propose un giorno di maggio di andare a Capri, dicendogli: “mi sembra infantile dire di no”. E traduco con l’omelia di oggi, mi sembra da figli dire di no, i padri dicono sì alla loro morte, alla loro partenza, alla loro scomparsa perché mors tua vita mea. Il padre deve morire perché il figlio viva. Se il padre non muore uccide i figli e si distrugge la generazione crescente che è pronta per stare alle redini della società, della comunità ecclesiale. La classe dirigente di oggi ha bisogno di giovani, di trentenni, non di vecchi.
E Dio chiama. La vita spirituale nasce da una morte. E’ la morte dell’io perché nasca il se. Già noi abbiamo fatto esperienza di dover far spazio all’io perché potesse nascere tra migliaia di istinti, di bisogni che ululavano per essere soddisfatti. L’io nasce facendosi spazio tra miriadi di istinti, dal principio del piacere che urge, tra le norme che ti pressano, dei genitori che ti impongono, i complessi che ti frenano. Ma non basta questa prima nascita seppure importante, c’è bisogno della nascita spirituale che ciascuno di noi ha sperimentato nell’incontro con uno sguardo, lo sguardo di Gesù. In quello sguardo abbiamo imparato ad uccidere l’io e a far nascere il se. E questa partenza per me è contribuire a uccidere l’io che, come l’araba fenice risorge dalle proprie ceneri, perché Gesù si faccia spazio in me, nella comunità di San Michele, nella nostra comunità, nei vostri cuori e finalmente fiorisca la vita spirituale che nasce da questa morte. E noi siamo qui per celebrare con gratitudine il passaggio di Gesù che ci ha visti insieme e che ora ci spinge per strade diverse.
L’ultima lezione è il silenzio, è la morte, è la scomparsa, è il vuoto. Guai a tutti i padri se vogliono sempre esserci come le mamme, se vogliono sapere tutto, se presumono di conoscere meglio di tutti gli altri i propri figli, la propria famiglia, la propria comunità. I padri questa presunzione la lascino alle mamme eventualmente, ma imparino e impariamo insieme a partire, a dire sì all’amore che chiama per nuovi lidi e per me aa consegnarvi delle urgenze cercherò anch’io di mantenere come primato e che vi consegno.
Innanzitutto prendiamoci cura di Gesù. Non basta giocare insieme, fare festa insieme, non basta lo streaming, nuovi modi per attirare le persone. Prendiamoci cura di Gesù, prendiamoci cura di Dio. La nostra vita personale, la vita di coppia, matrimoniale, la vita familiare e quindi la vita della comunità si nutre del primato di Dio che in tanti può accendere una pena per Gesù, voglio prendermi cura Di Gesù. Oggi in cui ciascuno di noi la domenica preferisce dormire, andare al mare, ai centri commerciali, riposarsi da una settimana stressante di lavoro, guardarsi la partita di calcio, pensare al proprio lavoro e poi infine, se c’è tempo, venire a messa e prendersi nota gli appuntamenti della parrocchia. La vita parrocchiale, la vita della nostra comunità si regge sul primato di Dio, sullo scavo che ciascuno di noi dolorosamente o con grande innamoramento fa per far spazio a Gesù, per prendersi cura di Gesù che stende la mano e chiede: “Che cos’hai da darmi?”.
Avverto fortemente per me che parto da qui e per voi l’urgenza di riandare al primato di Dio. E in questo primato fare entrare tutto, riorganizzarsi la vita, la settimana, la famiglia e vivere nella percezione forte che quando Gesù passa fiorisce la nostra vita, fiorisce la comunità parrocchiale, tutto diventa facile, fioriscono le vocazioni e noi voliamo. Ma quando invece la preoccupazione per Gesù ci pesa sul cuore e scatta all’ultimo posto possiamo anche fare le capriole ma non succede niente. Prendiamoci cura di Dio, prendiamoci cura della nostra comunità che vive ed ha vissuto una storia di grazia perché Gesù è passato e ha chiamato i nostri figli. La nostra comunità è ad una svolta perché finisce un’epoca, si chiude definitivamente un’epoca senza rimpianti e si aprono nuove prospettive, nuovi sogni che solo Dio conosce e chi prova a fare un’incursione nel cuore di Dio riesce già presagire.
Auguro a ciascuno di noi di perseguire questa strada, di continuare in questo primato e vedremo che sarà facile accorpare i giovanissimi, portare gli animatori a messa, raccogliere i genitori con bambini persi nei loro ritmi familiari così incalzanti e ringiovanire la nostra comunità parrocchiale. Questo è l’augurio come anche l’augurio ricevuto e non realizzato di costruire l’agorà, di ripartire da un sogno che, se Dio vorrà, si realizzerà e potrà accende nuovi nuovi sogni, nuove prospettive.
Con gratitudine parto, mi affido alla vostra preghiera, vi benedico e chiedo di benedirmi. Ci sfioreremo come abbiamo già fatto per tantissimi anni e questo sfiorarci ci permetterà di volerci bene a distanza, noi abituati a questo amore a distanza perché devoti dell’Arcangelo San Michele che non si vede, non si tocca ma noi riusciamo a intravederlo perché crediamo con più amore.
Grazie per questa storia che ho condiviso perlopiù con le generazioni dei ragazzini divenuti adolescenti e poi ministranti, poi giovanissimi, poi animatori e poi giovani. Mi sono mantenuto giovane perché ho avuto la grazia di dover essere a contatto con loro, essere sacerdote qui in questa comunità parrocchiale è stata una grazia, mi ha permesso di non invecchiare anzitempo. Spero di riuscire a mantenere questa giovinezza che non dipende soltanto dalla frequentazione di giovani ma dal fare entrare la giovinezza dello spirito.
Il padre deve morire, la vita spirituale nasce da una morte.
E concludo con le parole di Florenskij: “La vita spirituale in quanto procede dall’Io e ha nell’Io il suo fulcro, è la Verità; percepita da chi ti è accanto è Amore; contemplata a distanza come irradiazione è Bellezza. La Verità manifestata è Amore, l’Amore realizzato è Bellezza».
Nella preghiera dei fedeli arriva il commosso saluto da parte delle catechiste: «La grazia del Signore ha sovrabbondato. Paolo riconosce l’azione del Signore nella sua storia fa memoria di quanto il Signore ha fatto per lui e in lui e ti rende lode. Sì, dire grazie a te caro don Pasquale equivale a dire grazie a Dio. In questo tempo vissuto insieme egli ha scritto una bella e lunga pagina di storia. Si è preso cura di noi catechiste e della comunità attraverso una persona, un volto, una voce, un cuore… il tuo. Grazie per il servizio svolto, per le relazioni create, per l’ascolto attento, per la condivisione di gioie e dolori, per gli spunti offerti su come vivere il Vangelo e su come incontrare Gesù, grazie per le tue follie, grazie per la tua fedeltà. Ci mancherai? Si potrebbe facilmente dare voce all’emozione e gridare. “Sì, ci mancherai”. Ma ecco che i versi di un poeta contemporaneo appena conosciuto vengono a rielaborare l’emozione: no, grazie a Dio tu non potrai mai più mancarci. Non ci mancherai perché ti vogliamo bene e proprio non si riesce a sentire la mancanza di chi ormai ci vive dentro. Per tutto questo, per tanta grazia, con gratitudine sovrabbondante ti ringraziamo Dio e restituiamo don Pasquale alla tua volontà di amore».
Una preghiera ed un ringraziamento anche dalle Volontarie Vincenziane: «In questo giorno in cui con grande rammarico salutiamo don Pasquale quale nostro pastore ti ringraziamo o Signore per avergli donato tutti i carismi necessari per svolgere un instancabile e fecondissimo ministero sacerdotale a vantaggio dell’intera comunità parrocchiale che nutre per lui riconoscenza, stima ed affetto grandi. Noi Volontarie Vincenziane gli siamo particolarmente grate per l’immensa fiducia accordata al nostro operato a favore dei poveri, principalmente a quello connesso all’attivazione ed attuazione del Banco Alimentare. Ora Signore invochiamo per lui La Sapienza del cuore e l’ardire dello Spirito Santo per seguire con entusiasmo la nuova comunità ed anche la gioia di vedere il proprio servizio produrre gli stessi frutti di bene raccolti nella nostra parrocchia».
E le parole piene di affetto da parte dell’Azione Cattolica: «Piangerò? Disse la volpe quando venne il momento di salutarsi. “Sei sei stata tu a volermi addomesticare”, rispose il Piccolo Principe. “Allora che cosa ci guadagni?”. “Ci guadagno – disse la volpe – il colore del grano”, Caro Pasquale chiedo aiuto al Piccolo Principe per salutarti oggi, in questa domenica così particolare, a nome dell’Azione Cattolica nella preghiera. Ti dico grazie per le lacrime che ci ha visto piangere e che ci hai aiutato ad asciugare col tuo sguardo paterno e le tue carezze per adagiarci sul cuore del Padre per trovare conforto. Ti ringrazio per i chicchi di grano che hai seminato nel nostro cuore attraverso la tua opera di evangelizzazione incessante ed infaticabile, le tue trovate, le tue carnevalate grazie alle quali hai aperto nel nostro cuore la strada perché Dio potesse entrare. E oggi che è arrivato il momento di dirsi addio, di salutarsi, ti facciamo due promesse. La prima è che continuerai a essere custodito nella preghiera dalla tua parrocchia perché la nostra in Dio è una storia infinita come il nome del primo campo scuola che celebrammo insieme più di trent’anni fa. E la seconda è che noi non ci disuniamo come ci ha spiegato in una mattina del mese di maggio, continueremo a prenderci cura di Dio, a prenderci cura dei cuori che ci verranno affidati giù al centro, a operare perché la nostra basilica ed il nostro centro parrocchiale siano sempre più belli. E quando ci verrà un velo di tristezza – perché è naturale che sopraggiunga – ci affacceremo sul mare al tramonto (perché noi siamo collezionisti di tramonti) e, come l’aviatore guardava le stelle sorridendo, manderemo un bacio verso l’isola di Capri perché a partire da domani su quell’isola c’è un pezzo del nostro cuore».

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