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Piano di Sorrento, l’omelia di Don Antonino D’Esposito nella Novena di San Michele: “L’umiltà è un invito alla conversione” segui la diretta

Piano di Sorrento. In una Basilica di San Michele illuminata a festa in tanti hanno partecipato alla Novena di San Michele Arcangelo nella vigilia della solennità del Santo Patrono. Bellissima l’omelia di Don Antonino D’Esposito: «Anche questa sera ci mettiamo alla scuola dell’arcangelo San Michele. Gli angeli e gli arcangeli sono coloro che umilmente si pongono davanti a Dio, che umilmente si mettono al nostro servizio.
Qual è l’autentica religiosità? Perché a volte l’uomo si pone davanti a Dio in tanti modi, c’è la religiosità, la religione, che non sempre significa fede. A volte ci può essere una religiosità che può essere molto pagana, dove l’uomo in qualche modo si pone davanti a Dio nella paura, in quel timore che vede Dio come un avversario, come un nemico. O addirittura una religiosità in cui in qualche modo uno vuole comprarsi i favori di Dio, comprarsi le grazie, comprarsi l’amore. Addirittura potremmo avere con Dio un rapporto quasi mercantile, do ut des, ti do’ questo perché tu mi dia qualcosa in cambio. O addirittura si può arrivare a degli abomini laddove si confonde la religione con cose che sono l’opposto dell’autentico rapporto con Dio. Per fare un esempio pensate in certi posti in cui si mette la statua di Padre Pio magari dove si spaccia la droga, magari chi mette quella statua è anche chi in qualche modo vende la morte. O addirittura può succedere di un malavitoso che si riempie la casa di immagini sacre ed apparentemente entrando in quel luogo si pensa che ci sia una persona religiosa e credente, mentre invece è proprio il contrario. E’ utilizzare la religione, è farsi una falsa immagine di Dio.
Il profeta Michea richiama all’atteggiamento autentico che il credente ha davanti a Dio. Dice il profeta: bisogna praticare la giustizia, amare la pietà e camminare umilmente con Dio. Questi sono i tre indizi che in qualche modo ci dicono di un autentico rapporto con Dio, di un’autentica religiosità, altrimenti c’è il rischio di cadere nell’idolatria.
Praticare la giustizia. Anche San Michele ha in mano la bilancia che è non è solo il segno delle anime che vengono soppesate per vedere se sono degne della vita eterna ma è anche segno nella giustizia così come la spada.
Amare la pietà e la pietà nella Bibbia è la misericordia, la tenerezza, avere verso gli altri atteggiamenti di bontà e di misericordia, non di giudizio. Nella Bibbia c’è un verbo bellissimo, questo avere misericordia. E’ sempre in qualche modo un verbo che si riferisce a Dio, addirittura dovremmo tradurre avere viscere di misericordia perché è come l’amore di una mamma e di un papà, un amore viscerale, un amore tenero, un amore veramente paterno e materno.
E poi camminare umilmente con il tuo Dio. Dio è umile, ama in modo umile, anzi il Signore e l’umiltà stessa partendo dalla creazione a tutta la storia della salvezza. Dio chiama gli uomini e usa parole umane, pur di farsi capire Dio prende in prestito le nostre parole, si abbassa perché noi possiamo comprenderlo, possiamo ascoltarlo. Finché arriviamo a Gesù la cui vita è tutta all’insegna dell’umiltà, nell’incarnazione, nel battesimo, tutta la vita pubblica di Gesù è all’insegna dell’umiltà, fino ad arrivare alla croce che è la massima espressione dell’umiltà.
Noi corriamo a volte il rischio di farci un Dio a nostra immagine, di mischiare nella religiosità tante cose che non c’entrano con il rapporto con Dio. Siamo chiamati a praticare la giustizia, ad amare la pietà ed a camminare umilmente con il nostro Dio. Sono tre caratteristiche che verificano la nostra religiosità. Se mancano queste caratteristiche, se non sono misericordioso, se non sono giusto con il prossimo, se non cammino umilmente con il mio Dio allora il rischio è che non sto vivendo un’autentica vita di fede.
La tua religiosità si vede da come fai il tuo lavoro, da come tratti gli altri. Uno è un buon cristiano non solamente se viene in chiesa, perché noi in chiesa veniamo a fare rifornimento, riceviamo la parola, riceviamo la grazia, abbiamo bisogno di una parola, di una luce, della preghiera. Ma poi la mia religiosità non si vede in chiesa ma si vede dove lavoro, si vede dove vivo, dove mi diverto, è lì che in qualche modo io pratico la fede, lì si vede severamente se credo in Dio o non credo in Dio.
La parola di Dio quando ci tocca realmente è sempre un invito alla conversione. Questa è l’umiltà, è un invito alla conversione. La spada che ha in mano San Michele non rappresenta solo la giustizia. Nella Bibbia la spada rappresenta la parola di Dio. La Lettera agli Ebrei dice che la parola di Dio è come una spada a doppio taglio, entra fino a dividere giuntura e midolla. Ed anche quando il vecchio Simeone dice a Maria che una spada le trapasserà l’anima la spada non solo rappresenta il dolore di Maria ma rappresenta anche la parola, cioè questa parola che penetra, questa parola, che entra.
Usando un’immagine più moderna potremmo dire che la parola di Dio è come un bisturi, un chirurgo per agire e togliere il male che rischia di uccidere la persona deve agire con un bisturi, un qualcosa di tagliente ma non perché vuole uccidere ma perché deve salvare. Quella spada, quel bisturi magari procura anche un dolore quando entra. La parola di Dio quando è ascoltata veramente è sempre una parola che ci invita, ci mette in discussione ma perché possiamo essere salvati, possiamo essere guariti, possiamo essere creature nuove. La parola di Dio la ascoltiamo veramente non solo quando provoca in noi in qualche emozione ma la parola di Dio è efficace quando ci porta alla conversione ed alla confessione.
Il credente è colui che si pone umilmente in questo cammino di conversione. Portiamo stasera con noi questo invito. Cosa richiede un’autentica fede? Cosa richiede un’autentica religiosità? Praticare la giustizia, amare la pietà e camminare umilmente con il Signore. Queste sono le tre caratteristiche che in qualche modo rendono autentico il nostro cammino di fede».

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