Arte Contemporanea. “Dai trabocchi alle sculture”. Testo critico di Maurizio Vitiello su Vincenzo Vignetti.
Testo critico di Maurizio Vitiello – Dai trabocchi alle sculture.
In anteprima, pubblichiamo questo testo critico, che verrà, poi, ripreso da riviste artistiche nazionali e sarà inserito in un prossimo catalogo.
Di solito, indaghiamo e velocemente sconfiniamo su tanti orizzonti dell’arte e nei giorni scorsi abbiamo notato un artista molisano, ma da anni in Abruzzo.
Vincenzo Vignetti nato a Campobasso nel 1942 è secondo di sei figli.
Vive l’infanzia Penne (Pe), paese dei suoi genitori.
Dallo zio Giulio, pittore impressionista, scomparso prematuramente, eredita vena artistica insieme agli “attrezzi del mestiere”, che lo conforteranno.
Tra tele, colori a olio, spatole e pennelli s’immerge nella pittura.
Studia all’Istituto Statale d’Arte di Penne, dove conosce il docente e artista Giuseppe Brindisi, cugino di Remo Brindisi.
Frequenta il suo “laboratorio domestico” nel pomeriggio e apprende l’arte della scultura e del restauro.
Lascia, però, l’Istituto per aiutare la numerosa famiglia e nel ’70 si trasferisce a Torino; lavora in fabbrica.
Poi, si sposa e ha due figli, ma continua da autodidatta a coltivare la sua passione.
Partecipa a concorsi e a gare di “pittura estemporanea”; consegue premi e riconoscimenti.
Ritorna nell’’80 in Abruzzo e, oggi, vive a Lanciano.
Raggiunta la pensione si dedica, in una “full immersion”, all’arte.
Continua una pittura impressionista con cui interpreta varietà di paesaggi e, talvolta, riprende fotograficamente i luoghi cari, che ricontrolla e riporta sulla tela.
E’ sempre agganciato a un realismo e riproduce nature morte, figure umane sino a seguire le linee del ritratto.
Le sue opere a olio su tela le confeziona o col pennello o colla spatola.
Cerca di afferrare i contrasti di luce e maneggia colori caldi e pregnanti.
Nella scultura utilizza il legno o la pietra della Majella.
In legno ripropone svariati soggetti e realizza originali varianti di squarci dell’ambiente-natura.
Per la pirografia sul compensato e sul pioppo trasferisce, di solito, paesaggi.
Riesce a recuperare radici di alberi e materializza rettili e animali fantastici.
Da ricordare che con la pietra propone figure sacre e composizioni stilizzate.
Ritornando alla pittura, va sui profili delle coste per dipingere il trabucco.
Il mare abruzzese e quello molisano offrono interessanti scorci e concreti scenari e, in particolare, il trabucco.
In Abruzzo e in Molise è detto anche trabocco, travocco o bilancia, è si conferma un’antica macchina da pesca, tipica delle coste abruzzesi, garganiche e molisane, ben tutelata come patrimonio monumentale nella “Costa dei Trabocchi” in Abruzzo e nel Parco Nazionale del Gargano in Puglia.
La sua diffusione, però, si estende lungo il basso Adriatico, a partire da Pescara fino ad alcune località della provincia di Barletta-Andria-Trani (BAT), a nord di Bari.
Risultano, comunque, presenti anche in alcuni punti della costa del basso Tirreno.
I trabocchi punteggiano le coste; in particolare quello di Termoli, a poca distanza dal Castello Svevo e sotto il grande muraglione del centro storico, è icastica virgola, aggettante ed eminente, del fraseggio del paesaggio marino.
L’artista è interessato alla materia e sempre più s’impegna a studiare per migliorarsi.
La sua pittura è tutta concentrata su colori intensi, che si condensano e definiscono ritratti e scenari ambientali, sempre inseguiti.
E’ ancora proiettata su ventagli d’insieme che non verso una singola cifra pittorica, quasi per non dimenticare radici e tradizioni.
La sua sensibilità lo porta a sedimentare scene su scene, ma non ancora intende selezionare un preciso percorso, anche per poter permettere una riconoscibilità immediata.
Le immagini vogliono riprendere intensità esistenziali, quasi per addivenire a realizzazioni di impatti visivi.
I tramonti sull’Adriatico, le scene marine e campestri inondano lo studio e sgomitano con la serie cospicua di ritratti di personaggi, amici, figure semplici.
Alito e sostegno per queste declinazioni pittoriche derivano da una consapevole esigenza d’“esprit” mediterraneo.
Ovviamente, i suoi quadri sono tutti una pronuncia di visioni intimiste e di percezioni familiari.
Le disposizioni cromatiche variano e manifestano la voglia di esserci, marcano lavori, in cui serbate, confidenziali impronte interagiscono.
Ogni opera è coagulo di un comporre, ripercorrere e ridistendere l’appagante cremosità dei colori e i percorsi della mano delineano più canali immaginativi.
Dosando segmenti e accenti coloristici riesce a far emergere frammenti e frangenti emotivi e situazioni psicologiche.
Da un’attenta lettura e da un’ottica di disamina, si comprende che c’è di base una creatività sorgiva e, fortemente, motivata.
E’ sempre alla consistente ricerca di avvincenti appassionamenti per redigere nuove istanze del reale.
L’artista è consapevole dei tragitti e nelle ragioni di un divenire e in un’onesta condotta artistica ribatte motivi, immagazzina, metabolizza, introietta dati certi e persistenti.
Le incursioni nella materia e le disposizioni cromatiche formano lavori riflessivi, ordinati per periodi; ognuno è misura di una ricerca, centrata su matrici figurative, con sconfinamenti e incroci su scambi di confine d’onda impressionista, ma la scultura s’appropria di declinazioni d’indicazione fluttuante in attraversamenti astratti.
Ogni opera plastica risponde a una versatilità e a una programmazione tematica.
Il saper dosare non è facile con tagli e segmenti, accenti e segni.
L’artista risale onde emotive e atmosfere psicologiche e il suo lavoro, regolato in senso appartato, lo classifica in un giro di attenzione.
Si comprendono, senza alcun dubbio, che le dosate stesure ricalcano una creatività sorgiva e da evergreen è alla perenne ricerca del nuovo, ma non dimentica il passato.