La Musica come la Bellezza è un mistero svelato e non ha paura di niente, intervista a Mario Mormone
Sorrento (NA) Mario Mormone è il direttore artistico della rassegna “Suoni DiVini Divino Vino” di cui quest’anno si è celebrata l’undicesima edizione. Ma Mario Mormone è anche l’ideatore e direttore del Festival Internazionale del Mediterraneo e del LemonJazz International Festival, oltre che collaboratore e consulente Egea Music, un professionista dell’organizzazione e della promozione di eventi musicali tra i più interessanti e preparati del panorama campano e non solo, ho voluto aprire quest’articolo parafrasando il verso di una celebre poesia di Gianmaria Testa “La Bellezza esiste”, credo che renda bene quello che in parte in questi anni ha lasciato a noi ascoltatori l’esperienza di godere la bellezza della musica non strettamente liturgica in una chiesa, vale a dire scoprire il mistero trascendente del linguaggio musicale all’interno di un luogo deputato alla preghiera. La rassegna “Suoni DiVini Divino Vino” offre da più di un decennio dunque la possibilità di “gustare” gratuitamente grazie alla disponibilità di Parrocchia, Comune di Sorrento e sponsor, l’arte di musicisti ricchi non solo di talento artistico ma anche dotati di una grande cifra culturale non comune all’interno della Cattedrale di Sorrento. Questa fondamentalmente è l’originalità e bellezza di una rassegna, che mostra, e in questa riflessione ci aiutano le parole di Sant’Agostino prima e in età moderna di Pio X, come la musica sia un “linguaggio trascendente”, che ci permette di dialogare con Dio, di vivere un momento mistico di amore unitivo, concetto caro a un fuoriclasse del canto religioso come Mons. Marco Frisina, che domenica 9 ottobre, si è esibito nella Basilica di Santa Maria del Lauro di Meta, siamo sempre in Penisola sorrentina, con il suo Concerto Preghiera “Salvator Mundi”. La musica, continuando a ragionare su di essa in senso religioso, mi porta a ricordare quanto scritto dal teologo americano Don E. Saliers, che citando l’opera “Anatomia della Malinconia” di Robert Burton, scrive: la Musica «è così potente da estasiare l’anima, la regina dei sensi, con dolce piacere… E gli uomini non sono gli unici a esserne colpiti… Tutti gli uccelli che cantano ne traggono immenso piacere, specialmente gli usignoli… E, tra le altre creature, anche le api. //Non avremmo il tempo sufficiente per parlare di tutto il regno della musica nel mondo della natura e della vasta gamma di piaceri che la musica arreca agli esseri umani. Chiunque ama la musica prima o poi ha sperimentato questa “estasi dell’anima”. A scanso di equivoci tengo a sottolineare che “Suoni DiVini Divino Vino” è una rassegna inclusiva, che sebbene sia celebrata da alcuni anni nella Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo e ancor prima (2009), nella chiesa di San Paolo, tempio cattolico sempre della Città di Sorrento, fa dell’accoglienza e del dialogo il suo tratto distintivo. La musica è “un’estasi dell’anima” che appartiene a tutti: esseri umani e animali, credenti e atei, ed è un linguaggio interreligioso, interconfessionale e universale. Anche la scelta operata a suo tempo da Mario Mormone di abbinare alla musica il vino non è casuale ma pensata. Il vino è l’icona del sangue di Gesù per eccellenza, vale a dire celebrazione della Vita. Il vino, come scrive Anna Rita Zangara Halligan in “Iconografia e iconologia, l’arte di conoscere il vino” (2014), ci rappresenta più di quanto possiamo immaginare, ci racconta di vigne e vitigni, di conformazioni geologiche e condizioni climatiche, tecniche di vinificazione e gusto. Ci narra di usi e costumi di terre lontane, di scelte generazionali. Un bicchiere di vino può farsi portavoce di un’intera cultura di là dei confini geografici”, allo stesso modo un’opera musicale sia essa una fuga di Bach, sia una canzone di Franco Battiato o una musica melismatica araba, ci racconta le gioie, le sofferenze, i dubbi e le certezze del prossimo nostro e al contempo ci permette di riflettere sulla nostra di esistenza. “Suoni DiVini” di Mario Mormone in questi undici appuntamenti annuali ha ospitato musicisti del calibro di Angelo Branduardi, Gino Paoli, Simone Cristicchi, Gianmaria Testa, Antonella Ruggero, Enzo Avitabile, Sergio Cammariere, Dominic Miller, Fabio Concato, Jaques e Paola Morelenbaum, Claudio Fabi, Yamandu Costa, Viktoria Tolstoy, Musica Nuda, Luis Bacalov, Salvador Sobral, Bungaro, Roberta Di Mario, Eugenio Finardi, Eugenio Bennato, i Quintorigo e tanti altri. Artisti che nella Chiesa Madre di Sorrento non hanno condiviso con il pubblico solo la loro arte ma spesso, rubando un’immagine iconografica al pittore impressionista Leonid Afremov, hanno consegnato all’Altare maggiore le rose e il vino: la loro poesia e la loro umanità. È questo che rende l’appuntamento annuale di questo progetto speciale più di ogni altro. Quella che segue è la breve intervista che il direttore artistico Mario Mormone mi ha gentilmente concesso.
Mario Mormone, direttore artistico di Suoni DiVini Divino Vino.
Link ufficiale : http://www.suonidivinisorrento.it/
Cominciamo dal programma di quest’anno, raccontami come è nata l’idea di invitare Eugenio Finardi, Eugenio Bennato, Gino Castaldo e i Quintorigo.
Partiamo dal presupposto che il nostro festival vuole essere una rassegna che raccoglie tutti i tipi di musica, in cui ogni anno proponiamo nuove idee musicali e nuove proposte perché la speranza nostra è, in un certo senso, di invitare il pubblico a conoscere vari generi musicali e nuovi autori senza fossilizzarsi su quelli più famosi e rinomati. Il nostro è sempre stato considerato un festival di nicchia ma a noi quest’etichetta non dispiace, anche perché non potremmo, visti anche gli spazi che abbiamo scelto di occupare, proporre performance di artisti pop di più grande richiamo, ma cerchiamo comunque il giusto equilibrio. Ci piace proporre musica colta e in questo senso Eugenio Finardi è un rappresentante della musica colta italiana ma nello stesso tempo un autore di musica di larga fruibilità. Lo stesso si può dire di Eugenio Bennato, che ha avuto un successo internazionale proponendo la musica classica napoletana in una veste nuova, come lui Pino Daniele e soprattutto il compianto Carlo D’Angiò, infine dopo queste due grandi personalità, la nostra scelta è caduta sui Quintorigo, perché ci piace osare e ci piaceva portare a Sorrento un colosso come Charles Mingus (di cui i Quintorigo da anni propongono la musica nei loro concerti N.d.R.) con tutte le sue contraddizioni, le sue particolarità, anche la sua veemenza e le sue sofferenze interiori. È stato come portare all’interno di una chiesa una persona che si è smarrita ed è alla ricerca di una rinnovata serenità. Abbiamo voluto realizzare questo programma che è eterogeneo, siamo partiti dalla musica cantautoriale italiana che affondava le sue radici nel blues (Finardi N.d.A.) siamo passati alla musica folk napoletana con citazioni alla Storia di Napoli, dei Borboni, dei briganti ma soprattutto presentando il nuovo progetto di Eugenio Bennato, “Qualcuno sulla terra”, con il quale indaga, poeticamente e musicalmente, l’esistenza del genere umano e l’universo in cui abita, per arrivare poi a proporre qualcosa di diametralmente opposto, ponendo al centro del palcoscenico il tema della dannazione e della sofferenza di Mingus perché anche le inquietudini di una personalità così difficile si rivelano occasione di crescita interiore, la sofferenza può essere anche il preludio a una rinascita.
Come nasce l’idea di realizzare “Suoni DiVini Divino Vino”?
Nasce da un gruppo di amici appassionati di musica che bevendo vino, forse con qualche bicchiere di troppo (sorride N.d.A.) si sono chiesti perché non fare una rassegna in chiesa? In un periodo dove proporre in chiesa generi musicali diversi da quelli canonici era impensabile. Probabilmente proprio perché le vie del Signore sono infinite, proprio perché c’è sempre un disegno dietro le cose, inizialmente quasi per gioco, poi riflettendo come cristiano e credente sul fatto che c’è un nesso fortissimo tra il vino e il divino, basti pensare che senza vino non possiamo celebrare l’Eucarestia, Gesù beveva il vino, in alcune parabole come le “Nozze di Cana” protagonista in un certo senso è il vino, esso è diventato il fil rouge che avrebbe collegato gli appuntamenti musicali fin da quel lontano 2009, nella chiesa di San Paolo, tredici anni fa. Sempre però rispettosi del luogo in cui invitavamo le persone ad assistere o a esibirsi anche perché all’inizio è stato importante far capire a chi avrebbe dovuto concederci gli spazi in chiesa, che la nostra era un’iniziativa che non avrebbe mai dimenticato la sacralità del tempio. Con gli anni abbiamo conquistato la fiducia di molti, che oggi ci permette una sorta di collaborazione, tant’è che spesso, per esempio, sia con don Mario sia con don Carmine ci scambiamo idee su artisti o generi da proporre. Anche la scelta della scenografia di quest’anno, quasi metafisica, quasi una citazione ai Pink Floyd, ha coniugato l’esigenza di proporre un linguaggio musicale colto, al desiderio di invitare le persone credenti e non a entrare in chiesa a confrontarsi con la bellezza e il Sacro.
Finardi nella sua introduzione ha citato Battiato, che diceva che la musica è esigenza di trascendenza, lo stesso Sant’Agostino afferma che quando si canta si prega due volte.
Mi piace sottolineare che Sant’Agostino scrive che “cantare bene” equivale a pregare, e spesso quel “bene” lo dimentichiamo. Anche in chiesa spesso mi è capitato di ascoltare cori stonatissimi capaci di allontanare anche il più fervido dei credenti, per questo bisogna invitare a cantare ma è importante anche “cantare bene” proprio perché il canto è una cosa seria. Per me la musica è di per se qualcosa che va oltre l’umano.
Qual è l’artista che in tutti questi anni ti ha particolarmente colpito?
L’artista di cui ho uno dei ricordi più belli è Gianmaria Testa (1958 – 2016) che all’epoca non era conosciuto negli ambienti ecclesiastici e che successivamente ha conquistato l’interesse anche di una pubblicazione come La Civiltà Cattolica (la rivista più antica in lingua italiana 1850 N.d.A.) tenuta dai Gesuiti (suggerisco il bellissimo “Prezioso” di Gianmaria Testa “che tutto appassirà/ a chi bestemmia le parole” su Civiltà Cattolica, giornalista Claudio Zonta N.d.A.). Ricordo inoltre con grande affetto Simone Cristicchi, che conobbi in un periodo della sua vita in cui non era credente, e che mi chiese perplesso: cantare in una chiesa? Oggi vederlo esibirsi in Vaticano, nel Duomo di Milano e in tanti altri luoghi di culto proponendosi con grande intensità è una di quelle cose che ti lasciano il segno dentro. Ma farei un torto agli altri se dimenticassi di dire che ogni artista, che si è esibito qui a Sorrento, non ha lasciato qualcosa di prezioso, anzi anche le loro inquietudini interiori sono state importanti. Mi ricordo di Gino Paoli, che notoriamente ateo, chiese a don Carmine con trasporto “ma secondo te a Lui è piaciuto?”. Suoni DiVini è uno spazio dove la gente si ferma e s’interroga, che per un cristiano è una scelta fondamentale.
Che cosa in questi anni ti ha deluso?
Beh dopo essere riuscito a proporre una rassegna con una propria identità, che si è consolidata negli anni grazie ai tanti apprezzamenti, lo scoprire invece che si viene giudicati per la lontananza o meno da determinati apparentamenti politici e non per la programmazione che uno propone, questo è ciò che mi delude molto. Con mia moglie, che è italo tedesca, ho visitato la Germania mentre grazie ad Egea ho avuto modo di girare gran parte dell’Italia e a Milano come Berlino un direttore artistico è giudicato in base a quello che dimostra di saper fare, spesso è un punto di riferimento culturale ed un professionista mai improvvisato, che deve saper osare proponendo progetti originali e atipici, quale per esempio è stato per noi quest’anno l’invito a ad ascoltare la musica di Mingus interpretata dai Quintorigo con l’ausilio di Gino Castaldo.
Concludendo, una tua riflessione sulle giovani generazioni e il loro rapporto con la musica, cosa hai voglia di dire loro?
Ho avuto la fortuna di vivere il periodo dove la musica si ascoltava insieme, oggi i ragazzi ascoltano la musica di solito da soli, talvolta per il troppo poco tempo che hanno e senza neanche apprezzarla, è la nostra una società votata alla frenesia e al mordi e fuggi in tutti i campi. L’invito che invece mi sento di fare ai ragazzi è di fermarsi e ascoltare un album, e di farlo dall’inizio alla fine anche più volte scoprendone il lavoro che c’è dietro, l’arte e la poetica dell’autore. L’invito che rivolgo loro è di non fermarsi mai al primo ascolto, ma questo è un consiglio che vale per tutto nella vita, avere fame di conoscere, avere voglia di vivere, avere gioia di condividere, che è un’abitudine che credo si sia persa. Tornare a condividere la musica con sentimento, parlare insieme di musica. Spesso vedo ragazzi che vivono momenti di sconforto perché si sentono soli ma questa solitudine grazie alla musica può essere superata perché Dio è vicino a loro, perché la musica ci fa sentire vicini a Dio.
Grazie a Mario Mormone
A cura di Luigi De Rosa