Piano di Sorrento, nella Cappella di San Giovanni” l’emozionante monologo di Carlo Alfaro sui “femminielli”

28 ottobre 2022 | 23:22
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Piano di Sorrento, nella Cappella di San Giovanni” l’emozionante monologo di Carlo Alfaro sui “femminielli”

Piano di Sorrento. Oggi un nuovo appuntamento con “Borghi e Casali in scena tra musica e teatro” tenutosi presso la Cappella di San Giovanni con la partecipazione di Carlo Alfaro che ha commosso tutti con un toccante monologo sui “femminielli: «Il femminiello è una persona che sin da bambino, anche se nato maschio, si è sempre sentito femmina. Può sembrare una cosa ridicola, una pagliacciata, una carnevalata. Per me non è così. Io, sin da bambino, volevo fare i giochi delle altre bambine, per me era naturale essere così, come lo è per voi sentirvi maschi o femmine a seconda di come siete nati. Era naturale desiderare di giocare con le bambole e crescendo di sognare un abito da sposa, un marito, di avere dei bambini. Era naturale desiderare di occuparmi della casa, delle faccende domestiche. Era come mettere tutti i pezzi di un puzzle al loro posto, niente di scandaloso o di trasgressivo.
Finché un giorno trovai in casa una parrucca, avrò avuto 8 o forse 10 anni. Una parrucca abbandonata, un giocattolo di carnevale. La indossai davanti allo specchio. Improvvisamente quella parrucca diventò come una nuvola su cui viaggiare sulla storia della mia vita. Finalmente una vita che era veramente mia, che era la mia identità. E rubai il rossetto a mia mamma. Un gesto così semplice per una ragazza, per una donna. Per me significava finalmente poter essere me stessa, sì, con la desinenza al femminile.
Vi sembrerà molto strano o buffo tutto questo, ma a Napoli noi femminielli siamo veramente un’istituzione che ha radici antichissime perché già nell’antica Grecia l’ermafrodito era la persona perfetta che aveva in sé tutte e due le cose, l’uomo e la donna, le due entità – maschile e femminile – su cui si basa l’intero ciclo del mondo, l’intera vita sulla faccia del pianeta.
E così siamo diventati a Napoli come dei personaggi che fanno parte dell’economia dei vicoli. Noi siamo quelli che si occupano nelle case di accudire i bambini quando le madri non possono perché sono al lavoro, siamo quelle persone che vengono invitate nelle occasioni perché conosciamo la storia del vicolo, siamo un po’ la memoria storica e raccontiamo con il nostro modo così simpatico, così spontaneo, così irriverente tutte le storie possibili.
E siamo i protagonisti di tutta una serie di riti e di storie. Pensate che a Napoli i femminielli sono quelli a cui si dà il bambino in braccio appena nato perché gli trasmetta la fortuna e la buona sorte.
E sempre per la buona sorte siamo i protagonisti della tombola. La tombola dei femminielli è un rito famosissimo a Napoli. Anticamente soltanto le donne ed i femminielli partecipavano alla tombola che si teneva di solito in uno scantinato, mentre gli uomini potevano guardare soltanto dall’esterno. Perché noi portiamo fortuna.
E poi abbiamo il rito del matrimonio dei femminielli, un rito che ancora oggi si fa qualche volta ma era molto antico, già nel 700 e nell’800. Il matrimonio della Zeza, ispirato alla moglie di Pulcinella, dove due uomini fingono di essere un marito ed una moglie, fanno una grandissima festa e sfilano in carrozza per le strade della città mentre il popolo si veste con abiti da matrimonio come se fosse vero e partecipa ad un grande banchetto. E dopo nove mesi c’è la figliata davanti ad una chiesa chiusa dove al tramonto un femminiello finge di partorire un bambino ed un altro finge di essere la levatrice. Ed alla fine stringe tra le braccia una bambola di pezza provando l’emozione negata dal destino di essere madre veramente.
Un’altra cosa che facciamo è la Tammurriata, la festa della Madonna delle galline. Noi siamo le protagoniste con balli sfrenati della tamorra e facciamo divertire tutti perché la tamorra è un ballo molto antico fatto di corpi che si incontrano e dal ritmo del tamburo che è il ritmo della vita.
La nostra festa più grande è la festa della Candelora. Esiste una Madonna che ci protegge, la Madonna Schiavona, chiamata così per il manto nero che ricorda quello degli schiavi di colore. Noi femminielli da tutte le parti della Campania ed anche di Italia andiamo a rendere omaggio alla nostra Madonna. Un giorno un abate cattivo ci cacciò dicendo: “Basta con queste scenate che non c’entrano niente con il culto”. Ma noi siamo veramente devoti alla Madonna, siamo persone che hanno un cuore.
La nostra vita sembra una festa, indossiamo rossetti e parrucche, trucchi da carnevale ed abiti sgargianti, sembriamo il simbolo dell’allegria e della trasgressione, ma dietro tutto questo colore, dietro tutta questa festa non ci sono vere luci, è come se fosse una festa senza luci. Chi li vede i pianti, le lacrime, le solitudini la notte sul cuscino quando nessuno ci vede, quando togliamo la parrucca ed il trucco? Chi ci addita e pensa che siamo delle persone volgari, sporche, i nostri stessi genitori quando ci rifiutano e si vergognano di noi o gli amici che ci prendono di mira a scuola con il bullismo, o le persone che hanno una vita felice e normale (lavoro, matrimonio, figli) e non possono immaginare la difficoltà che c’è nel vivere in un mondo che è fatto per il binario maschio-femmina e dove non c’è spazio per persone come noi. Queste persone pensassero alla nostra solitudine, in quel momento quel dito che ci puntano contro, se ci pensassero solo un attimo, potrebbe diventare una mano che si tende per sollevarci quando cadiamo».