Sorrento, la “Marcia su Roma”. Beffa del passato in salsa moderna
L’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” di Sorrento ha indetto per domani una conferenza in collaborazione con il Comune di Sorrento: “1922. La marcia su Roma, i primi passi del fascismo”. Per un mero errore di trascrizione, e non ci interessa sapere chi l’ha commesso perché solo chi non lavora non fa errori, è stata usata, nella delibera di Giunta la parola «commemorazione». Di per sé peccato anche veniale in considerazione che derivando dal latino commemoratio intenderebbe la festa, la solennità, il discorso con cui si commemora. Abbiamo la commemorazione del centenario, della nascita, della morte di un personaggio, o della scoperta dell’America, e così via.
Purtroppo, in questo particolare momento politico la “svista” non è stata archiviata come cosa dal valore di uno “iota”, ma è stata interpretata da alcuni come un grave errore del Comune. Premetto che non state usate parole roboanti anche perché, lo ricordo, per apologia deve intendersi qualunque discorso teso a difendere o ad esaltare un fatto, un accadimento o un episodio realmente accaduto. L’apologia, dunque, consiste nella difesa e nella contemporanea esaltazione di episodi che la legge ritiene esecrabili e/o pericolosi, e ciò non è nel nostro caso.
Il fatto strano che mi porta a scrivere la presente è che senza essere stato chiamato in causa direttamente il presidente del nobile sodalizio ha ritenuto suo dovere trascinare il buon nome dell’Istituto in una polemica che a cavallo del Primo Premio Interazionale “Torquato Tasso” non giova affatto. Solo il fatto che l’amico Guido D’Agostino sia il relatore mette fine a ogni discussione. Presiede l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza (Napoli) e fa parte del Direttivo dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (Milano). È vicepresidente della Sezione Italiana della Commission internationale pour l’Histoire des Assemblées d’Etats et des Institutions Representatives. Non so per quale motivo il presidente non abbia fatto spallucce alle diatribe protetto dall’egida di un sì nobile nome, perché ha dato adito, col suo comportamento alla realizzazione del famoso detto: «Excusatio non petita, accusatio manifesta». Mi scuserete l’esposizione ma usando un linguaggio non a me congeniale potrei essere parafrasato. Il proverbio latino, di probabile origine medievale, tradotta suona più o meno così: «Scusa non richiesta, accusa manifesta». Il senso di questa locuzione è palese: se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti. Affannarsi a giustificare il proprio operato senza che sia richiesto può infatti essere considerato un unico indizio del fatto che si abbia qualcosa da nascondere, anche se si è realmente innocenti.
Da teologo ricordo che già San Girolamo, nelle sue lettere (Epistola 4) avvertiva: «Dum excusare credis, accusas» (“mentre credi di scusarti, ti accusi”). Egregio presidente, per il suo ruolo prestigioso dovrebbe sempre avere davanti agli occhi la massima di Orazio: «Est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum» («esiste una misura nelle cose; esistono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto»: ORAZIO, Satire I, 1, 106-107). Detta frase viene spesso pronunciata per esprimere la necessità di una saggia moderazione e per richiamare al senso della misura. Sulla base di questo principio è consigliabile per la persona avveduta guardarsi dagli eccessi, facendo attenzione a non incorrere nel troppo o nel troppo poco, oppure ad adottare il giusto modo richiesto dalla situazione.
Caro presidente nel mio ruolo di segretario mi ricordo bene delle parole di Alcide De Gasperi: «A noi l’onore e l’onere di preparare nel modo migliore l’Italia di domani». A noi dell’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” tocca il grato compito di onorare chi ci ha preceduto ed essere di esempio per i contemporanei e quelli che verranno, per questo spero intenda il ruolo che mi sono assunto con la presente. Una delle metafore più celebri che hanno per oggetto Socrate è quella, scritta nell’Apologia di Socrate e pronunciata dal filosofo stesso, del tafano: infatti egli era “il tafano che punzecchia la vecchia cavalla”, dove l’insetto era ovviamente il filosofo, mentre la vecchia cavalla era l’antica città di Atene. Ecco, mi consideri pure un fastidioso insetto come il tafano, ma la esorto a capire che ciò che mi spinge è solo ed unicamente l’amore per la Cultura e l’Istituto.
Aniello Clemente
Sorrento 25 ottobre 2022
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