Collettivo UANM: Intervista ad Angelo Aiello, attivista di Extinction Rebellion per il clima originario della costiera, sul tema delle proteste non violente

Collettivo UANM: Intervista ad Angelo Aiello, attivista di Extinction Rebellion per il clima originario della costiera, sul tema delle proteste non violente. La crisi climatica rovina lenta e incessante il futuro, il nostro e quello delle generazioni che verranno.

È novembre e lo spettacolo anomalo a cui abbiamo assistito è stato evidente: le spiagge della Costiera Amalfitana pullulavano di bagnanti.

Per quanto possa sembrare una conseguenza “positiva” del cambiamento climatico, quelle negative non tarderanno ad arrivare anche nel nostro piccolo paradiso terrestre.

Mentre tutt* ci voltiamo dall’altra parte e ci godiamo un sole d’autunno che sa di estate, c’è chi lotta anche per noi. Sì, parliamo di quelli che definiscono “criminali” perché imbrattano i dipinti e bloccano il traffico. Quello che non sapete è che le loro azioni estreme sono necessarie per farsi ascoltare, ora più che mai. Abbiamo parlato con uno di loro, Angelo Aiello, studente e attivista di Praiano e membro del gruppo di Exstintion Rébellion Bologna. Pubblichiamo le sue parole affinché vi aprano gli occhi: il cambiamento parte da noi, oggi.

Ciao Angelo, sei parte di Extintion Rebellion. Raccontaci brevemente cos’è e quali sono le richieste che sottopone alla politica nazionale, europea e mondiale.

Ciao, mi chiamo Angelo e faccio parte di Extinction Rebellion (o XR), un movimento di disobbedienza civile nonviolenta che cerca di smuovere i governi ad agire per fermare la crisi ecologica e climatica prima che sia troppo tardi. Oramai siamo in migliaia in tutto il mondo, con centinaia di gruppi locali sparsi in quasi tutti i continenti. Il movimento in sé è abbastanza recente, è nato nel 2018 e ha 3 richieste. La prima, “DIRE LA VERITA’ ”: vogliamo che i governi parlino della gravità e dell’urgenza della crisi. La seconda, “AGIRE ORA”: vogliamo che vengano applicati dei piani per la neutralità carbonica al 2025, obiettivo tanto ambizioso quanto necessario per preservare le nostre strutture sociali dal collasso. La terza, “OLTRE LA POLITICA”: vogliamo superare i nostri sistemi di democrazia rappresentativa, inadatti ad affrontare la crisi più grave che l’umanità abbia mai conosciuto, puntando ad istituire Assemblee Cittadine che diano più potere legislativo alla cittadinanza.

Come sei venuto a conoscenza di XR e cosa ti ha spinto a diventarne un membro attivo?

Ricordo che da quando ho iniziato a leggere sulla crisi climatica ne sono rimasto terrorizzato. Ancora oggi ho paura di quando le sue conseguenze toccheranno me, i miei amici, la mia famiglia. Oggi continuo ad essere terrorizzato, ma perlomeno non sono solo. Ho una comunità in cui ci si cura a vicenda e che agisce come un superorganismo. Ho scoperto XR per le strade di Bologna, la città in cui studio: qui basta prestare un po’ di attenzione per vedere poster e stickers in giro. Per questo, dopo qualche ricerca, ho provato ad andare ai primi incontri adesso ho un po’ di esperienza in più, ho partecipato a parecchie azioni e per alcune sono stato anche arrestato. Extinction Rebellion mi ha colpito fin da subito per vari motivi: ha una linea strategica molto chiara; è un movimento inclusivo e senza gerarchie; ed infine perché è un gruppo di azione, non ce ne rimaniamo con le mani in mano. L’obiettivo è quello di fare pressione finché non si vince. 

Fanno molto discutere gli atti provocatori di XR e altre associazioni, come Just Stop Oil, per esempio. In molti si chiedono quale sia l’obiettivo di tali azioni e se questo viene effettivamente raggiunto o, anzi, causano una distrazione dallo scopo finale.

Capisco che facciano discutere, è quello l’obiettivo. Disobbedienza civile significa inevitabilmente scontrarsi con l’impopolarità; sono azioni di disruption, in cui cioè si interrompe la vita quotidiana e si dà fastidio. Non organizziamo marce, petizioni, proteste autorizzate davanti agli organi di potere: negli ultimi 30 anni di attivismo climatico, queste tecniche hanno fallito miseramente. Nella storia, nessun cambiamento radicale è stato ottenuto attraverso azioni moderate, ma sempre radicali. Basti pensare alle suffragette, oppure ad Act Up che lottò durante la crisi dell’AIDS negli Stati Uniti. Nessuno di loro era popolare mentre agiva, e nessuno di loro voleva esserlo. Le loro campagne non puntavano a piacere, puntavano ad essere efficaci. Addirittura, secondo dei sondaggi, nel 1966, anno di picco delle attività del Civil Rights Movement, il 66% delle persone aveva opinioni negative su Martin Luther King. Nel 2011 questa percentuale è calata al 4% ed è ricordato come un eroe. Questo è il punto di forza dei nostri movimenti: non facciamo quello che facciamo perché ci piace, perché abbiamo voglia, per piacere alle persone che ci guardano. Piuttosto, applichiamo dei princìpi che hanno funzionato nel passato alla causa più importante per cui si possa lottare oggi: fermare la catastrofe climatica.

Uno degli ultimi casi mediatici è stato l’atto dimostrativo non violento di due attivisti di Just stop Oil a Londra al National Gallery, che con della salsa di pomodoro hanno imbrattato una versione dei Girasoli di Van Gogh. In molti pensano che siano gesti totalmente incoscienti, pensi che le attiviste fossero a conoscenza del vetro di protezione?

Come già dichiarato da loro, le due attiviste sapevano del vetro di protezione. Le azioni di questi movimenti nei musei sono iniziate in realtà alcuni mesi fa nonostante ciò, nessuna opera d’arte è stata danneggiata. Le persone all’esterno di questi movimenti spesso non hanno idea della cura con cui vengono organizzate queste azioni. Sicuramente era voluto anche l’effetto mediatico controverso che hanno ottenuto.

Come determinate l’efficacia di una protesta come questa?

Determinare l’efficacia di una singola azione non è facile. Da una parte c’è la fiducia che metodi di lotta efficaci per altre cause possano essere efficaci anche in questa. Nel mio piccolo, ho cercato di parlare con persone indignate per l’azione per cercare di farle razionalizzare l’azione. Perché ci si indigna di più per una zuppa di pomodoro sul vetro di un’opera d’arte piuttosto che per le 1.500 persone morte e le 120.000 sfollate in Pakistan a causa delle alluvioni estreme di questo mese? Nei giorni successivi all’azione, dopo una prima ondata di odio e indignazione, in realtà ho visto più di una pagina schierarsi a favore delle
attiviste, facendo riflettere a loro volta anche i loro utenti. L’indignazione può essere un sentimento che avvicina alla lotta, piuttosto che allontanare: inizialmente può generare odio; però se le persone iniziano a rifletterci su, quest’odio si può trasformare in una profonda ammirazione verso chi mette a repentaglio la sua libertà per salvare delle vite. Nessun* nasce radicale e io non avrei mai pensato, qualche anno fa, di infrangere la legge. Eppure eccomi qua. La verità è che azioni radicali portano le persone ad essere più radicali. E se comunque dopo tutto ciò che ho detto non vi ho convinto, e pensate che queste azioni siano poco strategiche, vi invito ad attivarvi in forme di lotta che vi risuonino. Parliamo della crisi climatica, agiamo! Nessuno lo farà per noi.

Abbiamo già accennato al dubbio per cui questi gesti possano distrarre l’attenzione dei più, avete notato anche casi di completo allontanamento dalla causa perché non concordi con il metodo di protesta?

No, non mi è mai capitato di sentire storie del genere. Poi le persone all’interno degli stessi movimenti possono avere opinioni diverse sull’azione in sé, ma non credo che lascino il movimento solo per questo. Piuttosto, vedere persone che sono disposte all’arresto in azioni radicali porta molte di noi ad avere
coraggio e superare la paura della repressione. Sempre più persone, in Italia e all’estero, sono disposte ad essere arrestate, a sottoporsi ad un processo legale o a ricevere multe. Questo mi dà speranza: vedere le persone sollevarsi per ciò che è giusto. Persone che hanno più paura di non avere un tetto sulla testa o un piatto sulla tavola, rispetto ad interfacciarsi con la polizia o all’odio di molte persone. Mi dispiace per chi non è d’accordo con noi, perché stiamo aumentando e nei prossimi mesi e anni vedrete sempre più azioni 
di questo genere. Le persone smetteranno di sollevarsi contro i loro governi quando questi gli daranno ciò che chiedono.

Imbrattare opere d’arte, incollarsi ai muri dei palazzi e bloccare il traffico, queste sono alcune delle tipologie di atti dimostrativi messi in campo. Nei primi due esempi non c’è alcun danno a persone ma solo a cose, se pur di alto valore culturale, mentre per il traffico la critica mossa è per i possibili danni recati a persone: famoso il caso di un’ambulanza bloccata. Come vi ponete su questo tema? Pensi ci sia un limite, come in tal caso la sicurezza personale, che non vada superato?

In verità, non ho mai sentito di ambulanze bloccate. Semmai è il contrario: prima di un blocco stradale, sia in XR che in Ultima Generazione chiamiamo sempre i centri medici per avvertire che il tratto sarà chiuso e quindi di mandare le ambulanze per altre strade. Per Ultima Generazione, che sta bloccando a ripetizione il Grande Raccordo Anulare a Roma, basta vedere i video che pubblicano sui social in cui riprendono la stessa telefonata alle ambulanze. La sicurezza personale è un limite invalicabile, i nostri movimenti lo sanno bene e si fanno essi stessi promotori di un’idea di comunità che si basi sulla cura reciproca.

Angelo, nato e cresciuto a Praiano, hai deciso di intraprendere il percorso universitario iscrivendoti alla facoltà di Scienze Naturali. Relativamente alle problematiche ambientali che interessano la costiera amalfitana, cosa consiglieresti allə abitanti per far si che la loro voce venga ascoltata? Quali processi potrebbero nascere sul territorio per un cambio di rotta?

La risposta è sempre la stessa: organizzarsi, fare gruppo, mettere pressione, ma anche supportarsi a vicenda e creare reti solidali. Io sono orgoglioso delle mie origini, ho sempre visto molta umanità nella Costiera. Però adesso sento che questo spirito di comunità si sta perdendo. Se vogliamo lottare contro
l’individualismo, dobbiamo farlo come collettività; ma una collettività nuova, che sia resiliente, solidale e che si lasci dietro tutte le forme di emarginazione e razzismo.

Essere radicali è fondamentale, anche nel senso etimologico. Radicale significato “relativo alle radici”: dobbiamo sviluppare questo profondo senso di interconnessione ed empatia. E andare avanti insieme nelle nostre lotte, costi quel che costi. Il moderatismo non ha mai portato a veri cambiamenti sociali, e oggi come non mai abbiamo bisogno di cambiare la nostra rotta in modo decisivo.

Poi c’è la questione delle Assemblee Cittadine: già a Bologna, sono ufficialmente state inserite nello Statuto Comunale, dopo mesi di incontri con esperte del settore. Era la prima volta in Europa. In futuro, mi piacerebbe vedere un’Assemblea della Costiera. Ne ho già parlato, sono uno strumento molto efficace, ma troppo dispendioso per un singolo comune. Confido, invece, in una assemblea che rappresenti tutta la Costiera e che prenda decisioni drastiche e necessarie.

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