Omaggio al grande Ivan Turgenev e alla sua pièce “Una sera a Sorrento”
Sorrento (NA) Domani, 5 novembre, con inizio alle ore 12.00 appuntamento presso l’Hotel Bellevue Syrene, per un incontro dedicato al grande scrittore russo Ivan Sergeevič Turgenev (1818-1883) che in questo stesso albergo, era il 1852, scrisse la breve piéce teatrale: Una sera a Sorrento. Sono dunque trascorsi 140 anni da quando questa amabile novella russa fu partorita dalla mente di Turgenev, il più europeo dei grandi scrittori russi, a cui l’Istituto di Cultura Torquato Tasso di Sorrento dedicherà una targa commemorativa alla presenza di personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e di una rappresentanza di intellettuali russi, come la giornalista Daria Pushkova (Direttrice del Centro di scienza e cultura russo di Roma). Lo scrittore Giampiero Giampieri ricorda in uno dei suoi articoli dedicati all’autore di “Padri e figli” che “i suoi genitori, incapaci di amarlo, non gli resero per niente facile l’infanzia. Il padre, colonnello di un reggimento di cavalleria degli Ussari, era un aristocratico abulico e sottomesso alla tirannia della moglie (l’aveva sposata perché era ricca). A lei lasciò il governo della famiglia e lei, Varvara Petrovna Lutovinova, severa e inflessibile coi figli, fu, in quanto proprietaria di molti terreni, impietosa padrona di numerosi servi della gleba. Non ci stupisce quindi sapere che quel figlio, spirito generoso, animo mite e gentile, imparò ad accettare le miserie e l’infelicità degli esseri umani intorno a lui e amò gli umili di amore sincero. ‘Quella’ madre non apprezzava né la lingua russa né gli scrittori russi, e parlava abitualmente in francese”. Per capire fino in fondo la produzione letterarie di Turgenev così come personaggi indimenticabili come il Bazàrov di “Padri e figli” o il Kusòvkin da “Pane altrui”, non si può ignorare questa figura materna così prevaricatrice, che incise profondamente sulla personalità del figlio, che quasi per contrappasso si mostrò, al contrario, sempre genuinamente generoso e rispettoso verso gli altri senza fare distinzioni di classe e ceto. Aiutò economicamente, infatti, sia Lev Tolstoj sia Fëdor Dostoevskij, nonostante il veto della madre imparò ad amare i primi grandi autori della letteratura russa quasi di nascosto da un umile precettore, un servo che un giorno gli lesse alcuni versi del poema epico La Rossiade di Michail M. Cheraskov, definito “l’Omero russo”, che a sua volta ebbe per maestri i grandi epici europei, tra cui primeggiò sempre Torquato Tasso. Ma non rinunciò mai anche a criticare la nobiltà russa di cui spesso evidenziò i vizi, come è evidente proprio in “Una sera a Sorrento” dove, prendendo a pretesto il viaggio di una anziana ma ancora piacente Contessa e del suo accompagnatore, ha modo di mettere alla berlina caratteri e costumi della decadente nobiltà russa di allora. La vicenda vede impegnati sulla scena anche un’affascinante fanciulla, nipote della nobildonna, ed uno strano cicisbeo, prima forse attratto dalle ricchezze della donna, e poi arreso all’amore per la giovane nipote. La cosa non fa piacere alla Contessa, che dalla corte di quel giovane era molto lusingata, ma poi il buon senso, l’amore per l’amore in se stesso, la cortese presenza del suo fedele amico e coetaneo, la spinge ad accettare se non a promuovere le nozze della nipote. Si farà dunque coinvolgere fino in fondo, arrivando ad organizzare anche le sue, di nozze, finalmente con il devoto amico. Trionfo dell’amore e dei buoni sentimenti, dopo una serie interminabili di gag, di equivoci e di recite inventate per spiazzare ora questo ed ora quello tra i protagonisti. Si fa strada dunque in questo lavoro teatrale il Turgenev romantico, sentimentale che, come ricorda Carlo Grahber nella sua di analisi critica al testo (La Nuova Italia, 1927) ritroviamo sviluppata anche ne “Il Celibe” altra commedia nella quale si allontana dal realismo dell’amatissimo Gogol’ (Turgenev fu arrestato a causa di un necrologio troppo acceso in morte di Gogol’) a favore di uno stile più vicino a Puškin. Un plauso a Luciano Russo, presidente dell’Istituto di Cultura Torquato Tasso, che si è battuto affinché quest’autore non finisse né nel dimenticatoio né nel tritacarne dell’imperante cancel colture.
a cura di Luigi De Rosa
Daria Pushkova, giornalista