PIATTAFORMA DIGITALE PER L’ARCHEOLOGIA, LA STORIA E IL TERRITORIO DELLA COSTA DI AMALFI E DI SORRENTO

5 novembre 2022 | 16:35
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PIATTAFORMA DIGITALE PER L’ARCHEOLOGIA, LA STORIA E IL TERRITORIO DELLA COSTA DI AMALFI E DI SORRENTO

CASA MEHARI  – GRUPPO ARCHEOLOGICO KYME

UN TENTATIVO DI DIVULGAZIONE TRAMITE WEB L’ESPERIENZA DEL SITO P.A.S.T. IN COAST
PIATTAFORMA DIGITALE PER L’ARCHEOLOGIA, LA STORIA E IL TERRITORIO DELLA COSTA DI AMALFI E DI SORRENTO
Conferenza della Prof.ssa Claude Albore Livadie
APERITIVI DI ARCHEOLOGIA A CURA DI GRUPPO ARCHEOLOGICO KYME
MARTEDÌ 22 NOVEMBRE 2022 ORE 18:00

CONTATTI: +39 334 3329 500 Ingresso libero
I prossimi aperitivi avranno come ospiti il Poeta Mimmo Grasso il 13 dicembre, il Prof. Matteo D’Acunto il 21 gennaio e il Prof. Massimo Perna il 21 febbraio.
Casa Mehari bene patrimonio del Comune di Quarto confiscato alla criminalità organizzata
via Nicotera n. 8 Quarto (parcheggiare lungo via Pozzillo) www.casamehari.it

Per questa occasione riprendiamo brani di saggi della Prof LIVADIE dedicati a Piano, tra cui la tomba di Carotto rinvenuta presso il Cimitero, presso il quale si sta approntando la valorizzazione delle tombe recentemente trovate. 

Da quando è stata pubblicata nell’immediato dopoguerra
l’opera di P. Mingazzini e F. Pfister su Sorrento, che rappresentava
allora una sintesi, sia pure a volte mancante di adeguato
approfondimento e verifiche, di quanto era noto fino
a quel tempo, la nostra conoscenza dell’archeologia di questa
regione si è senz’altro arricchita. Ma diversamente da quello
che si è verificato nella Campania settentrionale, sono i dati
relativi alla Preistoria più antica che hanno avuto il maggiore
incremento grazie essenzialmente ad alcune iniziative scientifiche
condotte dalla metà degli anni ’50 fino agli anni ’70
su ambedue i versanti della Penisola dall’Istituto Italiano di
Preistoria e di Protostoria di Firenze e dall’Istituto di Antropologia
e di Paleontologia Umana dell’Università di Pisa. Le
pluriennali indagini nella grotta La Porta a Positano avviate
nel 1956 furono seguite nel 1965 da una campagna esplorativa
sul sito di un presunto villaggio neolitico in località Termini
ed in alcune grotte della zona. Iniziò cosl un periodo di
ricerche estremamente proficuo durante il quale si intervenne
nei pressi della grotta Nicolucci a Sorrento (1965), nella grotta
dello Scaglione nella baia di Nerano e nella grotta di leranto,
nell’omonima baia (1966). È il lato amalfitano della
Penisola, che fu l’oggetto di più sistematiche esplorazioni –
grotta Cuparo (1965), grotta di Mezzogiorno (1966-1968) e
grotta Erica (1968-1969) – che fornirono risultati cli notevole
importanza per la Preistoria meridionale. Portarono, come
è noto, ad una definizione articolata, già abbozzata dagli scavi
nella grotta La Porta, di una particolare fase culturale –
il Mesolitico – intesa come momento di adattamento delle
popolazioni del tardo Paleolitico alle modificazioni climaticoambientali
che hanno avuto luogo con la fine della glaciazione
wiirmiana. Le sequenze stratigrafiche dei giacimenti suddetti
mostrano chiaramente il confrontarsi delle popolazioni
con una nuova realtà dato il graduale passaggio da un’economia
basata sulla caccia ai grandi mammiferi, tipica del Paleolitico
superiore, ad una economia fondata prevalentemente,
in un primo tempo, sulla raccolta dei molluschi terrestri e
la caccia agli uccelli (12.000-10.000 anni fa), quando il mare
era più distante dalle grotte, e, dopo i 10.000 anni, sulla
raccolta dei molluschi marini e la pratica della pesca. Gli interventi
puntuali, ma putroppo limitati nella grotta delle Noglie
e nella baia di Ieranto (Stoop 1958-1964), confermavano
in questo settore della costiera una regolare frequentazione
(già peraltro documentata dai ritrovamenti della fine dell’800
nella grotta Nicolucci) durante tutta l’età dei Metalli. Si trattava,
non vi è dubbio, di ben deboli indizi, che non permettevano
di capire a pieno la repentina comparsa della cultura
eneolitica del Gaudo, che il rinvenimento di una sepoltura
con un pugnale di rame a Carotto (Piano di Sorrento) nel
1874 ed i recenti scavi in località Trinità a Piano di Sorrento
hanno così bene evidenziato.
Da tutto questo emerge un quadro complesso, ma alquanto
discontinuo in cui esistono più zone d’ombra che di luce.
Mancano ancora alla ricerca programmi di ricognizioni sistematiche
e consapevoli orientamenti che possano indirizzarla
ad acquisire una documentazione attenta ai suggerimenti della
tradizione e alle interpretazioni che ne ha proposto la storiografia
antica. Tale limitazione alla nostra conoscenza è tanto
più da lamentare in quanto ci impedisce di affrontare con
dati cospicui alcuni problemi storici di grande importanza quali
ad esempio gli ultimi tempi dell’età del Bronzo, per i quali
fonti antiche ci riportano tradìzioni tra le più significative
a riguardo del popolamento indigeno della penisola, e l’età
del Ferro che qui, diversamente dalle altre regioni della Campania,
appare ancora scarsamente documentata. Il rinvenimento • recente di due vasi dell’età del Ferro a Sorrento e soprattutto
la documentazione funeraria venuta in luce in seguito agli
interventi condotti di recente dalla Soprintendenza archeologica
delle province di Napoli e Caserta nelle necropoli di Vico
Equense e del Deserto di Sant’ Agata aprono nuovi
orizzonti.
Ideata per venire incontro alle esigenze di divulgazione dei
risultati, anche se parziali, dello scavo condotto nel 1987 in
località Trinità, la mostra porta direttamente a conoscenza
della collettività le scoperte e gli interventi ai quali hanno
contribuito privati cittadini e la stessa Amministrazione Co0
munale di Piano di Sorrento. Nel Catalogo della mostra compaiono
anche i rinvenimenti che si sono fatti in tempi passati
a Piano stesso e in altre zone della Penisola sorrentinoamalfitana,
marginali rispetto a Piano, ma utili a delineare
il quadro della Preistoria e della Protostoria della regione.
La relazione di Aldo Cinque sull’assetto geolitico e sull’evo0
luzione geomorfologica più recente del territorio è la necessaria
introduzione ai sintetici trattati sui principali periodi storici

laude Albore Livadie per i tempi preistorici e l’età
e da Valeria Sampaolo per l’epoca arcaica e classi~
1zione che certamente è intercorsa, in più fasi ed
,e, fra aspetti fisici del paesaggio (disponibilità di
me, risorse idriche, topografie idonee ad attività
zioni, qualità dei suoli e delle relative coperture
c.) e le attività e le vicende umane che in tale
i sono succedute, può essere delineata solo in mo.
ale (per specifici luoghi e tempi, dato lo stato atnostre
conoscenze), ma potrà essere senz’altro
in estensione ed attendibilità attraverso ricerche
lnari a ciò finalizzate, delle quali si vuole con l’octolineare
l’urgenza e l’opportunità. Brevi schede
~i principali siti d’interesse archeologico della Peducono
il visitatore anche non specialista, in mania
diretta visione degli scavi e dei reperti, ad una
iata comprensione dell’archeologia sorrentina.
ato, inoltre, di affiancare allo studio dettagliato
: e dei corredi di età eneolitica della Trinità, preClaude
Albore Livadie, Flaminia Arcuri e Elisa
d a quello delle fosse arcaiche ed ellenistiche rin~
li strati superiori ai livelli protostorici a cura di
o, i risultati di alcune indagini chimiche, minera~
ofisiche. Esse corrispondono ad un momento come
non distinto della ricerca archeologica. Con le
~ralogiche sulle ceramiche dirette da Ciro Piccioli,
rJ.denza archeologica ha avviato un programma di
:matica sui manufatti di epoca protostorica, di cui
~Ilo scavo di Piano di Sorrento hanno costituito
)proccio; Josefa Capel Martinez, del Dipartimento
a dell’Università di Granada, ha condotto, in col~
con F. Garcia Huertas e J. Gonzalez Linares delExperimental
del Zaidin (C.S.I.C.), su un limitato
:ampioni ceramici e di argilla, alcune analisi coma
quelle dirette dal laboratorio di restauro della
~nza archeologica delle province di Napoli e Ca-
1 precisare l’origine e le categorie di argille utiliz>
caratteristiche, nonché alcuni particolari tecnici
·a del forno per la cottura dei reperti d’impasto,
zione della cupola sopra la tomba 1). L’indagine
>ndotta da Concettina Nunziata e da Francesco
3agno del Dipartimento di Geofisica e di Vulcanologia
dell’Università di Napoli ha permesso di verificare
l’utilità delle prospezioni sismiche in aree archeologiche complesse.
Sullo scavo, dove si è prodigato con vigile attenzione il
capomastro Salvatore Barile della ditta Domenico Pastore, si
è avuta la preziosa collaborazione di Antonio d’Avanzo, di
Nicoletta Ricciardelli e di Nino Paturzo che hanno eseguito
i rilievi delle tombe e la planimetria dello scavo; nelle delicate
operazioni di restauro, la cura attenta di Antonio Guerra,
di Maria~Teresa Operetta, di Sergio Raggiali, di Marina Vecchi
e di Ciro Volpe. I disegni del materiale ceramico sono
dovuti alla ben nota perizia di Marina Pierobon del Centro
Jean Bérard; quelli degli oggetti litici sono di Michèle Reduron
dell’URA 28 (Laboratorio di Tecnologia litica del CNRS
– Meudon). Un vivo ringraziamento va agli studenti ed appassionati
che hanno collaborato a vari livelli allo scavo ed alla
Mostra. Mi preme ricordare particolarmente per la loro fattiva
partecipazione Maria Grazia Fiorino e l’avvocato Renato
De Angelis. A Tina ed Enzo Manniello che, con la loro pregnante
ed intelligente difesa dell’archeologia sorrentina, si sono
adoperati per promuovere lo scavo della Trinità, va la mia
profonda riconoscenza. Un debito di gratitudine va anche all’architetto
Antonino Gargiulo che con il suo entusiasmo ha
permesso l’intervento di scavo, al geometra Giorgio Minetti
che lo ha favorito in tutti i suoi aspetti pratici e tecnici, al
dottore Andrea De Rosa che si è adoperato per la migliore
riuscita della Mostra e ne ha pazientemente atteso la presentazione
ed infine, al dottore Gaetano Botta, sindaco di Piano
di Sorrento, per il suo costante appoggio.
Dalla Mostra oggi presentata emerge una visione del nostro
patrimonio archeologico ed ambientale come grande, in~
sostituibile risorsa della Penisola, punto di riferimento sempre
più vasto di interessi culturali ed economici. Esiste una profonda
connessione fra ogni manifestazione culturale e la sua
ispirazione civile. Una connessione che l’archeologia, vista co~
me storia materiale dell’Uomo e degli insediamenti territoria~
li, ripropone tanto nelle testimonianze che riporta alla luce
quanto in quelle che restano sepolte: le une e le altre da difendere
strenuamente attraverso un’attenta ed equilibrata gestione
del territorio. La Penisola sorrentina è una regione ricca
di presenze archeologiche note e potenziali. L’impegno di tutti,

amministratori, studiosi e cittadini, amanti del patrimonio storico
ed archeologico, non deve essere inteso come pura conservazione
dei valori del passato o come tutela esclusivamente
estetica, ma sempre come recupero di tali valori, attraverso
un’opera di conservazione che sia poi presupposto e garanzia
di promozione e di valorizzazione. Il finanziamento dello
scavo e la realizzazione della Mostra odierna sono frutto di
quest’impegno e costituiscono aspetti tangibili della proficua
e matura collaborazione della Giunta comunale di Piano di Sorrento
con la Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta.
È in Campania un esempio raro, che lascia ben sperare per
una rinnovata coscienza regionale.
CLAUDE ALBORE LIVADIE

Piano di Sorrento: La tomba di Carotto
(Tavv. Ia e 9a/b).
Nel 1874, allorché si scavava una fossa
nel cimitero di Carotto (oggi cimitero S.
Michele di Piano di Sorrento) venne in
luce una tomba antica a meno di 2 metri
dal piano di campagna. Secondo il Beloch
il corredo era costituito da due grandi
olle, da una brocca con motivi a
puntini impressi (Tav. 9a), da varie cuspidi
di frecce in selce e da un pugnale di
rame (Tav. 9b). Più di mezzo secolo dopo,
Mingazzini e Pfister (1946) nella loro
monografia sulla penisola sorrentina tornavano
su questa sepoltura che datavano,
però, al VII-VI sec. a. C. Ne descrivevano
il corredo già mancante delle grandi olle
e delle frecce, che era stato affidato nel
frattempo al Museo Correa/e di Sorrento,
ma, operando una infelice confusione,
pubblicavano, al posto del pugnale di rame,
uno dei coltelli di ferro provenienti
da quakhe tomba arcaica di Vico Equenn
se. Il pugnale o meglio la daga eneolitica,
purtroppo mancante di parte dell’estremi~
tà, di recente ritrovato tra il materiale del
Museo Correa/e, è del tipo a lama allungata
di forma leggermente trapezoidale e
pomello semi-lunato a base rettilinea. Misurava
in origine 35 cm. ma ora solo 21
cm., a causa di una rottura netta inflitta
alla lama. Il tipo è quello delle «armi»
dalle dimensioni assai modeste rinvenute
nella tomba 3 di Laterza, nella grotta della
Chiusazza e a Sciacca; un ultimo esemplare
è conservato presso una collezione
privata siciliana. La mappa dei ritrovamenti
sembrerebbe indicare un’area di produzione
meridionale. L’esemplare isolato
dalla grotta di Montebradoni (Toscana) è
indizio di effettivi rapporti intercorsi tra
i gruppi delle Colline Metallifere e quelli

Tav. 9 – Vaso a fiasco e pugnale di rame da Carotto (Museo Correale – Sorrento).
del sud della Penisola. Che questi oggetti
metallici abbiano avuto valenze ideologiche
complesse e profonde è fuori dubbio.
Le dimensioni della daga di Carotto ne
fanno un oggetto eccezionale nell’ambito
della metallurgia meridionale di epoca
eneolitica. L’altro elemento conservato del
corredo, una brocca a fiasco con collo
alto ed ansa verticale a nastro, decorata
con 13 fasce marginate di puntini impressi
con un pettine, appartiene ai tipi evoluti
di questa classe (Tav. Ia e 9a); si
confronta con akuni esemplari da Buccino
(S. Antonio), però con diversi motivi
decorativi. La presenza di armi (akune
cuspidi di frecce e una daga non funzionale,
ma simbolo di prestigio) esalta un
personaggio emergente che viene chiaramente
definito come guerriero; molto probabilmente
si tratta di una sepoltura
individuale che sottolinea l’importanza del
defunto nell’ambito sociale. Tarda, in rapporto
con le sepolture della Trinità, potrebbe
indicare la continuità a valle della
necropoli.
CLAUDE ALBORE LIVADIE

Generico novembre 2022
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