Trivellazione in Costiera Amalfitana e Penisola Sorrentina: di cosa si tratta?

13 novembre 2022 | 12:11
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Trivellazione in Costiera Amalfitana e Penisola Sorrentina: di cosa si tratta?

Trivellazione in Costiera Amalfitana e Penisola Sorrentina: di cosa si tratta?

La trivellazione in mare aperto è un processo meccanico in cui viene praticato un pozzo attraverso il fondale marino. Viene in genere effettuato per esplorare e successivamente estrarre petrolio o gas naturale che si trova in formazioni rocciose sotto il fondo del mare.

Ultimamente si parla spesso di trivelle, riguardo la tutela dell’ambiente ma anche soprattutto nel dibattito politico. Le vediamo da alcune spiagge, o nelle foto dei giornali, quelle strane strutture che fluttuano sopra la superficie del mare, mentre sotto sono saldamente ancorate al fondale. Nell’aprile del 2016 c’è stato un referendum abrogativo che le riguardava, anche se in pochi hanno davvero compreso il suo significato, e infatti il quorum non era stato raggiunto (circa il 31% della popolazione è andato a votare). Il voto non riguardava le trivelle in sé, ma se eliminare la norma che consentiva alle imprese che avevano la concessione entro 12 miglia dalla costa di continuare a estrarre materia fino al suo esaurimento.

In questi giorni il tema trivelle è tornato in auge, a causa di un dibattito, sempre relativo alle concessioni, che ha scatenato forti critiche nei confronti del nuovo Governo

Non sai cosa sono le trivelle, a cosa servono e come funziona il sistema delle concessioni in Italia? Rinfreschiamoci un po’ la memoria.

Cosa sono le trivelle in mare

A livello tecnico, la trivella (o, più correttamente, impianto di perforazione) è uno strumento che serve a perforare (“trivellare”, appunto) un suolo o un materiale solido tramite l’uso di una punta rotante di varie forme, per creare un pozzo da cui poi estrarre le materie prime. Le perforazioni possono essere di poche centinaia di metri fino ad arrivare a 7-8 chilometri. Le trivelle vengono quindi usate per creare il pozzo attraverso cui verranno estratti dal suolo idrocarburi come gas metano e petrolio. Possono essere installate sulla terraferma o in mare (chiamate in questo caso off-shore), integrate a piattaforme fisse o galleggianti ancorate al fondale. In Italia, gli impianti di estrazione sono caratterizzati quasi tutti da strutture fisse appoggiate al fondale, e non galleggianti, che sono invece molto pericolose. Sono dotate di una torre di perforazione che può superare i 60 metri di altezza, alla cui base sono posizionate le aste di perforazione.

Rischi ambientali dell’uso di trivelle in mare

Sicuramente l’uso dei combustibili fossili, in particolare del petrolio, come fonte di energia è ormai considerata da molti una tecnica obsoleta, soprattutto se l’obiettivo è quello di mantenere l’aumento di temperatura globale entro 1,5 gradi. Il loro abbandono è percepito come necessario, proprio a causa dell’ipersfruttamento del suolo di cui la loro estrazione si rende portatrice. Non a caso, la nuova Strategia Energetica Nazionale prevede un’Italia libera dal carbone entro il 2025, che rivolga una sempre maggiore attenzione alle rinnovabili.

Ormai da anni Greenpeace e altre associazioni ambientaliste denunciano il fatto che gli interessi economici nell’ambito di opere come queste superano di gran lunga quelli ambientali, segnalando, in particolare nel rapporto Trivelle Fuorilegge pubblicato nel 2016, il fatto che attorno agli insediamenti marittimi è spesso presente un livello di inquinamento superiore a quello previsto dalle normative. A livello ambientale, ciò che maggiormente viene contestato alla presenza e all’utilizzo di questi impianti di estrazione è il dissesto idrogeologico che potrebbero provocare tramite il perforamento di suoli e fondali marini e il rischio di rilasciare nel mare sostanze chimiche pericolose.

Dall’altro lato, chi le sostiene afferma che la produzione a km0 di petrolio e metano è molto più vantaggiosa a livello ambientale rispetto allo spostamento degli impianti in luoghi più lontani, che aumenterebbe le emissioni e obbligherebbe alla costruzione di gasdotti (come ad esempio il Tap) per sopperire al fabbisogno di idrocarburi.

Fonte: oranotizie.com – Autore: Andrea Pellegrino