Evasione dal carcere di Milano: calati con il lenzuolo
Sembra la scena di un film d’azione, ma è tutto vero. Nel giorno di Natale è avvenuta un’evasione di massa dal centro di detenzione minorile Beccaria di Milano, dove sono riusciti a fuggire sette ragazzi. La Polizia ha catturato tre fuggitivi, mancano però all’appello i restanti quattro del gruppo.
La dinamica dell’evasione
Erano circa le 16 di Domenica 25 dicembre, quando dodici ragazzi erano in cortile sorvegliati da una singolo agente penitenziario. Uno di loro ha chiesto di andare a prendere un pallone per giocare e, come l’agente si è spostato, non avendo la visuale completa della zona, il gruppo ha agito. Hanno buttato giù le paratie che coprivano il ponteggio dei lavori di manutenzione, hanno scavalcato e si sono ritrovati in un campo da calcio abbandonato. Lì hanno fissato un lenzuolo per calarsi, che tuttavia si è strappato, consentendo la fuga a solo uno del gruppo. Perciò, il resto si è spostato verso un altro lato del campetto, dove ha rotto la copertura e scavalcato la recinzione, dandosi alla fuga. L’allarme è stato dato dall’agente nel giro di pochi minuti.
Tre ragazzi sono tornati già nell’istituto, grazie anche alla collaborazione delle famiglie, ma Don Gino Rigoldi, storico cappellano del Beccaria, ha detto che si impegnerà per riportare indietro anche gli altri. Infatti, il cappellano del carcere minorile ha Ha dichiarato al Quotidiano Nazionale;
“Penso al miscuglio di emozioni che si è generato in questi ragazzi ’difficili’: rabbia, tristezza, nostalgia per il fatto di essere lontani da casa e dagli affetti in questa giornata. E rendersi conto della possibilità di evadere ha fatto scattare la molla. Per loro è stata l’occasione di vivere una grande avventura senza rendersi conto delle conseguenze. Sono adolescenti, prima di essere detenuti. Io li conosco. Sono sicuro che riuscirò a riportarli indietro, insieme a don Claudio Burgio, prima che la loro situazione possa aggravarsi ancora di più. Tre sono già tornati indietro, due presi dalle forze dell’ordine e un terzo accompagnato dai familiari. Sono ragazzi difficili, alcuni senza la famiglia alle spalle. Siamo noi i loro adulti di riferimento”.