Mario, persiano di origine, si recò a Roma con la moglie Marta e i figli Audiface e Abaco per rendere omaggio alle tombe dei martiri cristiani; era un pellegrinaggio molto frequente nei nuovi cristiani del III secolo. Arrivarono a Roma intorno al 268 durante l’impero di Claudio II, in un periodo in cui le persecuzioni erano praticamente assenti, sebbene il periodo di tolleranza nei confronti dei cristiani stava finendo. Sotto l’impero di Diocleziano cominciò infatti la più terribile delle persecuzioni. La famiglia di Mario si associò al prete Giovanni e un giorno si prestarono a dare degna sepoltura a un gruppo di 260 martiri decapitati e abbandonati in aperta campagna. Questo pio atto non passò inosservato, tanto che furono arrestati e condotti in tribunale, dove il prefetto e il governatore li interrogarono obbligandoli ad abiurare la fede e a fare sacrifici agli dei pagani. Rifiutarono e questo comportò la condanna a morte secondo le leggi romane. I corpi dei quattro furono raccolti dalla pia donna cristiana Felicita e furono sepolti in una sua proprietà chiamata “buxus”, oggi Boccea. Sul luogo del martirio sorse poi una Chiesa, di cui oggi si possono ancora vedere i ruderi e che durante tutto il medioevo fu meta di pellegrinaggi. Le loro reliquie ebbero una storia travagliata, infatti sono custodite oggi in diversi luoghi, nel monastero di Seligenstadt e nelle Chiese romane di San Adriano e Santa Prassede. Mario è uno dei nomi più diffusi in Italia, il quarto in assoluto, ed è presente anche in alcune varianti. Al contrario di quel che si crede il nome Mario non è il maschile di Maria, ma riprende il romano Marius. Secondo il martirologio, in ambito cristiano, si celebra la sua memoria il 19 gennaio. L’opera posta in essere sulla guglia G20 fu realizzata nella metà del Novecento. Tuttavia non si hanno notizie né dello scultore, né di ulteriori avvicendamenti della statua all’interno del cantiere del Duomo negli anni