Il vino nuoce alla salute, le etichette come per le sigarette dall’Europa un rischio per i produttori

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Il vino nuoce alla salute, le etichette come per le sigarette dall’Europa un rischio per i produttori «Bere alcol provoca malattie del fegato». «Esiste un legame diretto tra alcol e tumori mortali». Ecco alcune delle frasi che presto potremmo leggere sulle etichette delle bottiglie di vino, birra e di altri alcolici venduti in Irlanda, come già avviene sui pacchetti di sigarette. Un precedente che potrebbe essere seguito da altri paesi del Nord Europa, dove l’alcolismo è un grave problema sociale, e – quel che è peggio – imposto nel resto dell’Unione. Il parlamento irlandese è in procinto di approvare una legge (Public Health Alcohol Labelling Regulations) per imporre l’obbligo di riportare sulle etichette indicazioni relative al cancro, alle donne in gravidanza e alle malattie del fegato. Ancora una volta sul banco degli imputati finisce però Bruxelles. La Commissione Europea ha infatti lasciato scadere i termini per opporsi alla decisione di Dublino, così scrive Il Mattino a firma di Carlo Ottaviano.
A rischio, per quanto riguarda l’Italia, c’è un mercato che, come ricorda Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, «vale 14 miliardi di euro con oltre il 70% di etichette Docg, Doc e Igt e che dà lavoro a 1,3 milioni di persone».
Ad opporsi, non sono però solo i produttori italiani, ma quelli di ben nove Paesi europei, compresi i nostri maggiori competitor Francia e Spagna. La contrarietà dei nove Stati era stata formalizzata in primavera all’indomani della decisione irlandese di adottare la cosiddetta procedura Tris (regolamento Ue 2015/1535) che mira a prevenire l’insorgenza di ostacoli prima che si concretizzino. Gli Stati membri, in pratica, notificano i loro progetti alla Commissione, che in questo caso ha lasciato scadere sia il primo termine di tre mesi, che la successiva moratoria, dando col suo silenzio-assenso il semaforo verde all’Irlanda. Un atteggiamento contestato da molti parlamentari europei, a partire dal presidente della Commissione Affari Costituzionali Salvatore De Meo (Forza Italia-Ppe) che parla di «scelta discutibile oltre che di un precedente molto pericoloso». «Sorprende – ha dichiarato Paolo De Castro (Pd-Se) – come la Commissione non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro a febbraio aveva categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari».
«Noi – ha più volte affermato il ministro all’agricoltura Francesco Lollobrigida – continuiamo a lavorare per difendere i nostri prodotti contro l’introduzione di sistemi di etichettatura fuorvianti e dannosi che eliminano l’elemento della qualità come metodo di discernimento di un prodotto».
Le notizie arrivate ieri da Bruxelles a proposito della fuga in avanti irlandese sono state una vera e propria doccia fredda. L’Irlanda, non avendo ancora ottenuto l’autorizzazione dell’Organizzazione mondiale del commercio, dovrà comunque attendere. La normativa, infatti, potrebbe rappresentare una barriera commerciale a livello internazionale. Certo, stupisce che a riporre speranza nella decisione che entro 60 giorni dovrà adottare a Ginevra il Wto (World Trade Organization) siano adesso Paesi fortemente europeisti come Italia, Francia e Spagna in una sorta di contenzioso contro il colpevole silenzio europeo. Durissime le reazioni del fronte produttivo italiano. «Particolarmente preoccupato per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando», è Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, secondo cui «occorre contrapporre a queste decisioni l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute».
LO SCENARIO
«È del tutto improprio – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol». Per la Cia-Agricoltori italiani, «è sconcertante lo scenario che si va delineando, con una mossa che sdogana l’autonomia decisionale dei singoli Paesi Ue e compromette il lavoro fatto fino ad ora a livello comunitario nell’ambito del Cancer Plan, proprio a tutela della salute dei cittadini». «I fatti di oggi – secondo Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini – segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che, purtroppo, non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro». La decisione irlandese è «unilaterale, discriminatoria e sproporzionata perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea», denuncia Micaela Pallini, presidente Federvini.

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