Iran donne stuprate e uccise solo per voler studiare, ma interessa solo il Covid e la guerra in Ucraina

3 gennaio 2023 | 00:09
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Iran donne stuprate e uccise solo per voler studiare, ma interessa solo il Covid e la guerra in Ucraina
Iran donne stuprate e uccise solo per voler studiare, ma interessa solo il Covid e la guerra in Ucraina
Iran donne stuprate e uccise solo per voler studiare, ma interessa solo il Covid e la guerra in Ucraina

Iran donne stuprate e uccise solo per voler studiare, ma interessa solo il Covid e la guerra in Ucraina . Si perde la pazienza i covidioti ancora parlare di pandemia, di tamponi, di vaccini, ci vuole la zingara a capire che è stata in gran parte una strumentalizzazione a fini economici? Ovviamente c’è paura che un settantenne possa morire per il grafene, mentre tranquillamente passa in secondo piano la 14enne stuprata e uccisa perchè voleva studiare e si era tolta momentaneamente il velo, ripresa dalle telecamere di sicurezza , ma è solo un episodio, più importante parlare di guerra della Russia, che è sicuramente da condannare ( ma vedere gli USA che hanno usato il napalm in Vietnam uccidere donne e bambini ergere a paladino dei diritti civili o l’Europa che si è intascata i soldi dal Qatar dove perseguitano LGBT fa davvero ribrezzo per l’ipocrisia dimostrata ) . Insomma è vero che Positanonews è il giornale della Costiera amalfitana e Penisola Sorrentina, ma cominciamo a perdere la pazienza, insomma diamo per vero e per oro colato quello che dice il Premier dell’Ucraina, dimenticando che disse che la Russia aveva attaccato la Polonia, e quindi essendo paese NATO doveva scoppiare la terza guerra mondiale, salvo poi verificare, per fortuna, che erano razzi di contraerea ucraina, niente scuse, niente rettifiche, mentre se noi sbagliamo un punto e virgola o a postare una foto  veniamo condannati dai tribunali , va bene è la vita, ma vorrei ricordare l’Iran, la battaglia che fanno le donne, è una battaglia di tutti noi, sono anche le nostre mamme, sorelle, figlie a combattere e non vanno lasciate sole , andrebbero usate le stesse armi che usiamo per l’Ucraina. La morte di Masha Amini il 16 settembre a Teheran dovuta a circostanze ancora non chiarite, ma che sicuramente si possono ricondurre al suo arresto avvenuto 3 giorni prima per non aver indossato in modo corretto il velo, ha fatto esplodere l’ira e l’orgoglio dei giovani e in particolare delle donne che sono il vero motore della rivolta popolare in Iran per ristabilire la democrazia e la libertà in un Paese da troppo tempo oppresso da un regime dittatoriale. La resistenza iraniana è da 43 anni che lotta contro questo regime, avendone pagato, sino ad oggi, un prezzo elevatissimo. Parliamo di 120mila morti e di più di 430mila prigionieri politici sino ad oggi, ma ora la spinta che le donne hanno dato a questa rivoluzione protestando pacificamente prima con un gesto semplice come tagliarsi una ciocca di capelli, poi scendendo nelle piazze di ogni città, nelle Università, intonando canti di liberazione o declamando poesie, è l’impulso che forse può essere decisivo.

La loro protesta sta avendo una grande eco mediatica: tanto che il Time le ha riconosciute “eroine dell’anno” ma sino ad oggi tutti i governi occidentali non hanno preso una posizione netta contro il regime. Ci sono stati comunicati, interventi più o meno forti, ma nessuna reazione netta ed efficace come chiedono i resistenti e le resistenti che risiedono in Italia e in Europa e che sono in contatto con i loro connazionali.

In modo spontaneo hanno fondato il movimento “Donna, vita, libertà” mutuando il nome da uno slogan curdo usato da gruppi indipendentisti

Chi vive in Italia ed è in contatto con i compatrioti rimasti in Iran sottolinea che saranno gli iraniani e le iraniane, in una Repubblica libera, democratica e laica, a decidere i loro leader e il futuro governo. Chiedono l’appoggio di tutte quelle persone che sono inorridite di fronte alle violenze che continuano ad essere perpetrate non solo a Teheran, ma in tutto il Paese: donne e bambini uccisi solo perché trovati nelle strade, giovani massacrati per aver partecipato a manifestazioni pacifiche, violenze sessuali indicibili anche a bambine piccole, tanto da far dire al Presidente Mattarella che è stata “calpestata la dignità umana e superato ogni limite”, ma chiedono anche a chi li sostiene di appoggiare e sostenere la loro autodeterminazione senza ingerenze.

In un incontro con nostri parlamentari hanno fatto delle richieste ben precise al nostro governo sia politiche, sia relative ai diritti umani violati: come l’interruzione dei tutti i rapporti diplomatici e economici tra l’Italia e il regime iraniano, l’espulsione dell’ambasciatore della Repubblica islamica dell’Iran dall’Italia e il ritiro delle rappresentanze diplomatiche italiane da Teheran o l’inserimento del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Pasdaran) nell’elenco dei gruppi terroristici, chiarezza sull’invio di armi utilizzate dalle forze repressive del regime, netta condanna all’utilizzo della pena di morte, il rilascio di tutti i prigionieri politici e di tutti i manifestanti catturati, l’invio immediato, tramite le organizzazioni dei diritti umani, di un comitato di accertamento dei fatti presso le carceri iraniane al fine di prevenire le violazioni dei diritti fondamentali degli incarcerati e dei manifestanti catturati, una presa di posizione a tutti i livelli istituzionali e politici, per sostenere la voce e la lotta di centinaia di migliaia di donne e uomini iraniani che stanno combattendo a mani nude per la libertà contro la violenza di un regime spietato, armato e sanguinario.

Molte singole donne, associazioni femministe, associazioni per i diritti umani in questi mesi si sono mobilitate scendendo in piazza da settembre quasi ogni settimana. Marisa Laurito ha lanciato una petizione che ha già raggiunto più di 80mila firme e il 7 gennaio alle ore 12 una manifestazione a Napoli al Teatro Trianon che vedrà la partecipazione di artisti, musicisti e intellettuali che vogliono mantenere acceso il focus su tutte le violenze, le atrocità, i diritti umani negati nella Repubblica islamica dell’Iran.

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