L’Italia non è un Paese per orsi, la morte di Juan Carrito
Castel di Sangro – Ha destato scalpore e indignazione tra gli animalisti e non solo la notizia diffusa da ANSA – Abruzzo della morte dell’orso Marsicano, ribattezzato dalla stampa locale: Juan Carrito, per le gravi ferite riportate a seguito di un investimento automobilistico. L’animale, sebbene di problematica gestione, era diventato nei mesi scorsi un beniamino degli abitanti della zona, a sua volta era il primo di una cucciolata di quattro dell’orsa “Amarena”, ribattezzata così per l’irrefrenabile predilezione di questo plantigrado per le ciliegie, anch’essa poco avvezza alla diffidenza verso gli uomini. Purtroppo è stata questa attitudine a fidarsi degli esseri umani, a entrare nelle aree coiddette antropizzate a condannare a morte “Juan Carrito”, che nel 2021 era stato avvistato per la prima volta con mamma Amarena e i tre fratelli mentre attraversava l’autostrada A25 all’altezza di Carrito, da qui il nome. Quest’orso era stato anche il protagonista su “Sky” di un docu-film del regista Massimiliano Sbrolla dal titolo “Il marsicano – l’ultimo orso”; questo per sottolineare la fama che da subito accompagnò l’esistenza di questo che all’epoca era ancora solo un orsacchiotto vispo e intraprendente. La sua morte, al di là di frasi fatte e della facile retorica di circostanza è sostanzialmente la sentenza senza appello di un fallimento, il nostro che troppo spesso ci limitiamo a postare e filmare questi animali, senza fermarci invece a riflettere e soprattutto a rispettarli, e delle istituzioni e di tutti coloro che dovevano adoperarsi affinché tutto questo non accadesse. Nel 2023 gli strumenti legislativi e operativi per impedire ad un orso di finire su una strada trafficata mettendo in pericolo la sua incolumità e quella degli automobilisti avrebbe dovuto funzionare ma così non è stato.
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