“Suonare per non morire” omaggio a Coco Schumann nel Giorno della Memoria del musicista salernitano Angelo Gregorio
Jazz & Shoah a Caserta il 27 gennaio 2023
Caserta – “La musica: un atto di resistenza”, questo il titolo del concerto che terranno i musicisti del progetto “Jazz & Shoah”, nato nella capitale belga promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles nel 2022, presso il Teatro Comunale di Caserta il 27 gennaio 2023 con inizio alle ore 19.15; un concerto unico nel suo genere che attraverso la storia di due musicisti jazz ebrei, Eric Vogel (trombettista) e Coco Schumann (chitarrista) con l’ausilio di diapositive e filmati di repertorio sottolinea il paradosso tra la musica gioiosa degli anni 20 (suonata al campo di concentramento di Theresienstadt (in ceco Terezín) e la desolazione della Shoah. Il progetto ”Jazz & Shoah” è un viaggio attraverso le vite dei ”Ghetto Swingers” (musicisti jazz ebrei del ghetto di Theresienstadt) permettendo di affrontare un tema così doloroso con un pizzico di leggerezza. Questo spettacolo significa anche affrontare uno shock: di fronte a questa musica inebriante, c’è lo sterminio ma anche la forza della vita. Il progetto, voluto fortemente dal dirigente dell’Area Promozione Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale portavoce della Diplomazia Pubblica e Culturale, dottor Paolo Sabatini è nato da un’idea del maestro jazzista di origini salernitane Angelo Gregorio protagonista anche di ricerche bibliografiche e d’archivio sulla storia dei musicisti jazz ebrei del ghetto di Terenzìn e intende celebrare la musica come atto di resistenza, in grado di infondere gioia a coloro che la fanno e nello stesso tempo a coloro che la ascoltano. Per capire fino in fondo il senso di questo concerto di grande valenza storico culturale, bisogna ricordare la figura di un grande chitarrista jazz ebreo, Coco Schumann, al secolo Heinz Jakob Schumann, soprannominato Coco dalla fidanzata francese che proprio non riusciva a pronunciare bene il nome Jakob, nato da padre tedesco e madre ebrea a Berlino il 14 maggio del 1934 e deceduto nella stessa città il 28 gennaio del 2018. Leggo, in un bellissimo articolo a firma di Emilio Esbardo sulla pubblicazione Il nuovo Berlinese: “A 13 anni sedeva in estate, trasognato, ad ascoltare la musica dei suoi musicisti preferiti, sul muro della terrazza estiva del Delphi, il cui edificio era stato costruito tra il 1927/1928 da Bernhard Sehring. Il Delphi divenne velocemente una mecca dello Swing grazie alle esibizioni di Teddy Stauffer. Negli anni ’80 e ’90 il Quasimodo, che avrà sede in uno locali dell’edificio del Delphi, diventerà una mecca del jazz, grazie all’ottima gestione dell’italiano Giorgio Carioti. Coco Schumann, dopo aver imparato bene la chitarra, inizierà a suonare in vari locali. Fino al 1943, come ebreo, musicista swing e minorenne, riesce sempre all’ultimo momento a sfuggire all’arresto. Lo swing era stato vietato dai nazisti perché andava contro al ritmo, al passo uniformato dei nazisti o come ha più volte dichiarato lo stesso Coco Schumann, “chi ha dentro di sé lo swing, non importa se stia in una sala o su un palco, non potrà più marciare a passo uniforme”. Scoperto, è stato internato nei campi di concentramento di Theresienstadt, di Auschwitz e di Dachau, dove la musica e “il suo angelo custode” lo hanno sempre salvato da morte sicura: diviene batterista del gruppo musicale “Ghetto-Swingers”. Nella sua autobiografia “Der Ghetto-Swinger – Eine Jazzlegende erzählt” (Il musicista swing del ghetto – una leggenda del jazz racconta), curata da Christian Graeff e Michaela Haas, si coglie tutto il dolore di quei mesi ma anche il coraggio di resistere anche di fronte a un mostro come Josef Mengele. Coco scrive dei Kapò e delle SS: “Non avevano altra distrazione che mandare le persone al forno, quindi, ovviamente, un po ‘di musica era un bene per loro”, “Sono stato costretto a suonare per dei criminali, ad allietare le loro serate, sempre insicuro di come sarebbe finita, dipendevo dal loro umore, un piccolo errore mi sarebbe costato la pelle“. Il chitarrista jazz ha vivida la coscienza di essere un sopravvissuto speciale, e lo stesso Maestro Angelo Gregorio a ricordare nella presentazione al suo progetto musicale una frase emblematica del musicista ebreo che dopo la guerra accompagnò artisti del calibro di Marlene Dietrich, Ella Fitzgerald, and Helmut Zacharias: “Io sono un musicista che è sopravvissuto al campo di concentramento e non un sopravvissuto all’Olocausto che fa musica“. Ricordo che un altro grande artista tedesco, Bertold Brecht, che si dilettava a suonare il benjo con il dixieland fu perseguitato perché quella per i nazisti era musica degenerata ed è alla fine di questo mio modesto articolo che prendo in prestito una riflessione del grande drammaturgo di Augusta perché sono convinto che meglio di altri riesca a spiegare non solo quello che è stato ma anche ciò che potrebbe ancora accadere a chi crede che la memoria storica sia solo cosa retorica per ricorrenze istituzionali noiose: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare“. A cura di Luigi De Rosa
Coco Schumann, musicista jazz
Jazz & Shoah
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