Buon Compleanno all’icona rock antiomofobia: Kurt Cobain
Ad Aberdeen (Stato di Washington), 56 anni fa, il 20 febbraio del 1967, nasceva il compianto Kurt Cobain il leggendario frontman dei Nirvana e mito della generazione grunge degli anni ’90, aveva solo 27 anni quando fu ritrovato morto (8 aprile 1994) da un elettricista nel garage della sua villa sul lago Washington. “Io sono troppo stravagante, lunatico, bambino! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente. Pace, Amore, Empatia. Kurt Cobain”, era la conclusione della lettera che fu recuperata accanto al suo corpo senza vita. L’autopsia successivamente confermò che la morte di Cobain fu causata da un “colpo di fucile autoinflitto alla testa”. Kurt a 20 anni costituisce i Nirvana, assieme a Krist Novoselic e in soli due anni la band diventa uno dei gruppi leader della scena musicale grunge di Seattle. Con il termine grunge si etichetta un genere di musica rock, in particolare alternative rock, che mescola influenze heavy metal, punk rock, ma anche hardcore punk e post-hardcore. Nel 1991, l’uscita del singolo ‘Smells Like Teen Spirit’ segnò l’inizio della svolta e il deciso indirizzo dell’artista americano verso l’alternative rock. I media musicali avrebbero poi conferito a quel brano il titolo di “inno di una generazione”, e, con esso, a Cobain l’appellativo di ‘portavoce’ della generazione X. Kurt si è trasformato in un’icona vera e propria a tal punto da influenzare ancora oggi sia la musica che la moda giovanile. Negli ultimi anni della sua vita Cobain lottò contro la dipendenza dalla droga e le pressioni dei media su di lui e sulla moglie Courtney Love, da cui ebbe una figlia, Frances Bean Cobain. A entrambe, nella lettera scritta prima della morte, Cobain si rivolge in un tenero post scriptum: “Frances e Courtney, io sarò al vostro altare. Ti prego Courtney continua così, per Frances. Per la sua vita, voglio che sia felice senza di me. Vi amo, vi amo”. Dopo un’infanzia segnata dal divorzio dei suoi genitori, mai superato, e un’adolescenza tutta dedicata alla musica ma anche ad eccessi sempre più frequenti con alcool e psicofarmaci, Cobain e la moglie tentarono più di una volta di disintossicarsi, soprattutto dopo diversi episodi di overdose di lui e la perdita della custodia della figlia (poi recuperata) a causa della rivelazione, poi smentita, sull’uso di eroina in gravidanza da parte di lei. Uno di questi tragici episodi si verifica a Roma, poche settimane prima della sua morte. Subito dopo l’ultimo concerto dei Nirvana al Terminal Einz a Monaco, in Germania, l’1 marzo 1994 a Kurt vengono diagnosticate una bronchite e una laringite. Il giorno dopo Kurt vola a Roma per prendersi una settimana di riposo. Viene raggiunto da Courtney e da Frances Bean e prende una suite all’Excelsior di Roma. Ma durante la notte Courtney si accorge che il marito è in overdose. Kurt viene portato prima al pronto soccorso e successivamente ‘inseguito’ dai giornalisti presso il Rome American Hospital. Lì rimane in coma farmacologico per tutta la notte, ma dopo qualche giorno si riprende. Anche in quell’occasione Kurt scampa alla morte e torna negli Usa. Per ironia della sorte lui che aveva detto no a Tarantino, in quell’occasione rivive sulla propria pelle una delle scene più drammatiche del film Pulp Fiction (1994). Ma di lui mi piace in quest’occasione ricordare un episodio giovanile. Nel 1986, Kurt fu arrestato per aver imbrattato i muri di Aberdeen con le scritte God is gay e Homosex Rules. Uscì con la condizionale, ma non è questo il lato più interessante della vicenda. Kurt è stato spesso chiamato omosessuale, sin da quando a scuola mostrò sincera amicizia per un ragazzo gay. Non ha mai tollerato l’omofobia, per questo, nel 1992, ha lanciato una provocazione al pubblico del Saturday Night Live, baciando appassionatamente il suo bassista, Krist Novoselic, al termine della diretta. Lo fece “per far incazzare gli omofobi“. Rip
A cura di Luigi De Rosa
(fonti thesoundcheck.it e stonemusic.it)
Kurt Cobain al Colosseo, Roma 1994