Che bello il ritorno della “Zeza” a Montepertuso, il carnevale più bello a Positano
Che bello il ritorno della “Zeza” a Montepertuso, il carnevale più bello a Positano perché riprende antiche tradizioni popolari e contadine imperdibili in genere originarie o importate in Costiera amalfitana da altre zone della Campania, questa della Zeza in particolare dall’ Irpinia, alcuni paesi della provincia di Avellino , con alcune varianti, ma la scena culto è quella dell’operazione da dove escono salsicce, e i protagonisti, i positanesi lo sanno, non sono stati scelti a casa, per tradizioni e origini familiari, insomma io e Positanonews non potevamo mancare.
La cosa più bella è stata quella di vedere giovani che continuano le tradizioni, dall’organizzazione, a chi sta dietro i banchi per il classico panino con salsiccia e broccoli, la pizzetta, le chiacchere delle mamme di Montepertuso. Poi lo spettacolo presentato egregiamente da Alessia Castellano, a introdurre lo spettacolo le scenette familiari di Salvatore Barba e Biagio Villano, bravissimi i giovani protagonisti con Michele Barba e Angela Villani, da applausi, ed infatti non sono mancati dal pubblico numeroso, il prete e i medici tutti appropriati nei propri ruoli, da Luigi Cipriano a Sergio Amendola e Giovanni Fusco, che giustamente ha operato e prelevato le buone salsicce paesane nella scena che a noi ha colpito di più. C’era anche il dietro le quintec con Angelo Vito Marrone, che per un mese ha preparato i ragazzi, con la successiva collaborazione di Gianmaria Talamo e Enzo De Lucia, dei Murattori, l’albergatore-regista. Ringraziamo Angelo Vito Marrone e tutti coloro che lo hanno aiutato chi ha rimesso in piede questa tradizione che ritorna per la gioia dei piccini e dei più grandi, la nostra in particolare. Ovviamente il patrocinio del Comune di Positano, che ha organizzato un bel carnevale, che continuerà in spiaggia domani, e don Raffì Celentano e tutta la Parrocchia di Santa Maria delle Grazie hanno contribuito a rendere questa serata memorabile.
Ma cosa è la Zeza?
Si tratta di un personaggio della commedia napoletana, qualcuno ci vede la moglie di Pulcinella. Chiacchierone e svampito, il personaggio sarebbe facilmente rapportabile ai comportamenti femminili che valgono il nomignolo, ma a quelli maschili? Nel corso dei secoli e nella cultura popolare, “Zeza” ha smesso di essere solo un semplice diminutivo, fino a diventare un sinonimo di messinscena e di scenetta popolare. “Fare ‘o zeza” sarebbe, letteralmente, mettere su un inutile ed improvvisato teatrino.
Quando un napoletano afferma, riferendosi a un esponente del gentil sesso: “Chella è ‘na zèza”, sappiate che non sta facendo ciò che si può definire propriamente un complimento. Riprendendo, infatti, un antico modo di dire, con questo termine si vuole indicare una donna che fa continuamente smorfie o vezzi, che si abbandona a smancerie di ogni genere e che è un’insopportabile chiacchierona, oltre che civettuola.
Il significato di “zèza” risale alla Commedia dell’Arte e, soprattutto, a quella consuetudine di attribuire il nome di un personaggio teatrale a chi assume nella vita di tutti i giorni il comportamento del personaggio stesso. Zeza, infatti, è il diminutivo di Lucrezia, moglie di Pulcinella, e dunque un nome proprio che successivamente è diventato aggettivo e poi aggettivo sostantivato per indicare una donna che aveva le medesime caratteristiche di questo personaggio.
Fu nel corso del Seicento, quando il Carnevale Napoletano raggiunse il periodo di maggiore splendore, che la “Canzone di Zeza” iniziò a diffondersi per le strade della città, recitata da attori improvvisati e accompagnata dal suono del trombone.
La storia
La storia è quella dell’amore tra la figlia di Pulcinella, Tolla (o Vicenzella) con Don Nicola, studente calabrese, le cui nozze sono fortemente contrastate dal padre di lei che teme di essere disonorato, mentre sua moglie Zeza, che è di ben altro avviso, vuole far divertire la figlia “co’ ‘mmilorde, signure o co’ l’abbate”. Pulcinella sorprende gli innamorati e reagisce violentemente, ma, punito e piegato da Don Nicola, alla fine si rassegna. Anche se si tratta di un testo “popolare”, si affrontano comunque, seppure in chiave grottesca, tematiche universali quali il conflitto tra le generazioni, la ribellione all’autorità paterna – rappresentata da Pulcinella – e la risoluzione dello scontro col matrimonio che, per certi versi, ricompone l’equilibrio familiare.
Fino alla prima metà dell’Ottocento, la “cantata vernacola […] sul gusto delle atellane che successero alle feste Bacchiche, alle Dionisiche e, quindi, ai fescenini e alle satire” e che “trae argomento dagli amori di un Don Nicola, studente calabrese, con Vincinzella, figlia di Zeza e Pulcinella”, si rappresentò nei cortili dei palazzi, nelle strade, nelle osterie e nelle piazze ad opera di attori occasionali o compagnie di quartiere, che si facevano annunciare a suon di tamburo e di fischietto e ben presto divenne un testo così famoso da essere conosciuto a memoria da tutti i ceti sociali di Napoli. Le parti femminili erano interpretate da soli uomini perché le donne non potevano essere esposte alla pubblica rappresentazione ed è una tradizione che si conserva ancora oggi. Nella seconda metà del XIX secolo, a seguito dell’emanazione di divieti ufficiali che ne proibivano la rappresentazione per le strade “per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi ed osceni”, la “Zeza” fu accolta, esclusivamente nel periodo di Carnevale, nei teatri frequentati soprattutto dalla plebe, dove il pubblico notoriamente interloquiva cogli attori nel corso della rappresentazione “con sfrenatezze di gergo e di gesti”. A causa di questi impedimenti, la “Zeza” si diffuse quindi nelle campagne adiacenti e, con caratteri sempre più diversificati, nelle altre regioni del Reame di Napoli.
Al giorno d’oggi la “Canzone di Zeza” è una rappresentazione tipica della Campania e specialmente dei paesi dell’Irpinia: in generale possono cambiare i nomi dei personaggi e le battute dei dialoghi da paese a paese, ma alla base permane sempre lo stesso canovaccio.
La scena che conosciamo noi è adatta alla cultura contadina, una ragazza, un pretendente, la scena del padre che si ingozza e sta male, l’operazione da dove escono salsicce.. Insomma è divertente ed ilare.
A Crotone, fino a qualche tempo fa, durante il Carnevale, si preparava un pupazzo di paglia, ’u Nannu, che a fine Carnevale si portava in processione. Dietro il Nannu, c’era un personaggio, travestito da vecchia, la zza’ Zeza, che piangeva ’u Nannu
Domenica 19 febbraio tutti alla Spiaggia Grande per il “Carnevale on the beach” dalle ore 9.00 alle 16.00 con gonfiabile Forum dei Giovani e Positivity. Pranzo a sacco e chi vuole può portare anche un dolce.
Martedì 21 febbraio la Sfilata di Carnevale con partenza alle ore 15.00 da Parco Cascone per proseguire sulla Spiaggia Grande, dalle ore 18.00 alle 00.00 – con il Carnevale Night Party con il DJSet Giuseppe Barba e Luca Sepe.