Sorrento,a Villa Fiorentino,la mostra di Edgardo Curcio e gli echi della secessione viennese a Napoli.
La mostra dà l’avvio a un progetto triennale con lo scopo di arricchire, con un’offerta culturale di alto profilo scientifico, la vocazione turistica di Sorrento e dei suoi magnifici scenari naturali, valorizzando ad un tempo il notevole patrimonio artistico del territorio campano.
Sorrento – Altro interessante evento culturale questa settimana nella nostra città , da Venerdì prossimo 24 marzo a Villa Fiorentino, apre la mostra di Edgardo Curcio, Echi della Secessione viennese a Napoli. Un evento di forte rilievo promosso e organizzato dalla Fondazione Sorrento e dall’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” con il suo infaticabile presidente Luciano Russo, nonchè con il patrocinio del Comune di Sorrento, dell’Università degli Studi Federico II di Napoli e del Dipartimento di Studi Umanistici dello stesso Ateneo, oltre che con il sostegno della Direzione regionale Musei della Campania. Con le sue sessanta opere esposte nella splendida cornice di Villa Fiorentino la Citta di Sorrento, vuole celebrare, un artista importante del nostro Novecento, trascurato e dimenticato dalla critica, nel centenario della sua scomparsa. La mostra ha lo scopo di celebrare e far conoscere un’artista napoletano di grande respiro europeo. Nato a Napoli nel 1881 Edgardo Curcio fu uno dei protagonisti della Secessione dei Ventitré nata con una Mostra giovanile che nel 1909 diede inizio a un profondo rinnovamento della ricerca artistica napoletana. La sua carriera si concluse troppo presto, poiché nel 1923, morì a soli 42 anni per un banale incidente nella sua casa di vacanza a Torre del Greco.
La mostra di Villa Fiorentino, dà l’avvio a un progetto triennale concepito da Isabella Valente allo scopo di arricchire con un’offerta culturale di alto profilo scientifico la vocazione turistica di Sorrento e dei suoi magnifici scenari naturali, valorizzando ad un tempo il notevole patrimonio artistico del territorio campano. Il progetto prevede tre grandi esposizioni, di cui due dedicate all’Ottocento e una al Novecento, intervallate da varie mostre monografiche a partire da questa incentrata su Edgardo Curcio. L’esposizione a Villa Fiorentino si articola in sei sezioni: la prima consente di capire l’ambiente artistico dei primi decenni del secolo, a partire dal ruolo di maestro di Giuseppe Boschetto e della sua Scuola libera che accolse alcuni degli artisti napoletani protagonisti dei movimenti giovanilistici dell’epoca, tra i quali proprio il Curcio. In questa sezione incontriamo Eugenio Viti, Giuseppe Aprea, Edoardo Pansini, Saverio Gatto, Gennaro Villani e Roberto Scognamiglio. La seconda sezione raccoglie alcuni dei capolavori di Curcio che sinteticamente ne delineano l’intero percorso. Altre quattro sezioni seguono uno schema cronologico, focalizzando l’attenzione sui suoi temi prediletti: i paesaggi, le nature morte, ma soprattutto la figura femminile e le scene di convegni familiari, dove è ancora la donna protagonista, una donna borghese, elegante senza ostentazione, connotata con molta precisione dal punto di vista sociologico, ma, molto spesso privata della sua identità, trasformata in un’icona astratta. Tutto questo all’insegna di una ricerca coloristica molto sofisticata, che risentiva tanto del Postimpressionismo quanto delle Secessioni mitteleuropee, in contrapposizione con il colorismo della tradizione napoletana.
Edgardo Curcio – Di estrazione borghese, nipote del noto scultore Nicola Renda, l’artista si è formato fra Napoli e Roma. A Napoli aveva subìto in un primo momento l’influenza di Michele Cammarano presso il Regio Istituto di Belle Arti, poi di Giuseppe Boschetto di cui aveva frequentato per qualche anno la scuola libera, al di fuori percorsi accademici ben presto abbandonati. Giunto tra il 1905 e il 1906 a Roma, sede di circoli internazionali attivi da oltre un secolo, Curcio si iscrisse alla Scuola libera con modello vivente dell’Accademia romana, frequentò inoltre il Circolo artistico e la Scuola libera del nudo di via Margutta. Nella città eterna, dove fu raggiunto dai suoi amici Eugenio Viti, Arturo Bacio Terracina e Edoardo Panzini, grazie alle mostre annuali della Società amatori e cultori di Belle Arti e successivamente alla grande Esposizione internazionale che si tenne a Valle Giulia nel 1911, in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, ebbe modo di accostarsi a esperienze più moderne, molto diverse da quelle conosciute in ambito partenopeo, ancora improntate a retaggi ottocenteschi.
In particolare fu colpito dagli eredi dell’impressionismo e soprattutto dagli artisti della Secessione viennese che si univano intorno a Klimt e che, coraggiosamente, davano nuova dignità agli elementi decorativi. Questi stimoli lo indussero a intraprendere un viaggio a Parigi al fine di conoscere meglio il panorama postimpressionista documentato a Roma con molte lacune. Intanto fin dal 1909 con molti giovani napoletani, Curcio aveva avviato con una Mostra giovanile l’avventura della cosiddetta Secessione dei Ventitrè che ben presto nelle esposizioni successive avrebbe stabilito contatti con i giovani secessionisti veneziani di Ca’ Pesaro e con quelli della secessione romana. Si trattava di una avanguardia intermedia, secondo la definizione adottata da Alessandro Del Puppo per gli artisti di Ca’ Pesaro, e quindi distante fra le posizioni radicali dei futuristi e il destino passatista dei tanti ottocentisti italiani del ‘900, ma animata da una felice irrequietezza giovanilistica che li poneva in linea con i fermenti postimpressionisti e secessionisti di tanti artisti europei dei primi decenni del ‘900. Grazie a queste esperienze, Curcio ha approfondito una ricerca sul colore del tutto inedita a Napoli che costituiva una sfida al colorismo che affondava le sue radici nella tradizione più antica che dall’’800 risaliva al ‘600. Artista colto, si divideva fra le passioni letterarie – nella direzione di Verlaine, Govono, Fogazzaro – e le sue ricerche artistiche che spaziavano dai Nnabis ai secessionisti austriaci, fino agli inglesi eredi di Whistler e addirittura a Picasso. Negli anni giovanili guardò con attenzione i lavori esposti a Roma la Felice Casorati, che nel 1908 si era trasferito a Napoli, partecipando alle mostre che lo stesso Curcio aveva contribuito a organizzare. Entrò in amicizia con il pittore romano Cipriano Efisio Oppo e stabilì un legame profondo con i napoletani Edoardo Panzini ed Eugenio Viti, ma, con la sua pittura fuori dai condizionamenti mercantili, stimolò l’interesse finanche dei futuristi Umberto Boccioni e Francesco Cangiullo di cui divenne amico. Nei confronti dei futuristi mantenne una certa distanza sul piano delle scelte linguistiche, anche se le opere della sua ultima fase ci fanno intravedere una tendenza alla geometrizzazione della donna, probabilmente foriera di futuri sviluppi in una direzione cubisteggiante, che la morte improvvisa ha crudelmente troncato di netto e troppo precocemente. – 20 marzo 2023 – salvatorecaccaviello