Aprite la caccia sui Monti Lattari: i serial killer sono tra noi?

Le notizie delle stragi di gatti, continuano in questi mesi senza tregua, in molti dei comuni dell’agro e del salernitano, tra le più recenti a Nocera, Pagani e Roccapiemonte, fino a quella di questi giorni in costiera amalfitana nel comune di Scala.

Aleggiavano ancora nella nostra memoria, le ripetute stragi dei gatti di Ravello, per le quali anche il Parroco arrivò a chiedere pubblicamente un gesto di pietà, all’intolleranza della mano incivile dell’avvelenatore di queste creature di Dio.

Creature del tutto incolpevoli della mancata gestione dell’Amministrazione Comunale, nel contenere le nascite con dovuti progetti di sterilizzazione e gestione delle colonie feline di animali liberi.

A seguito di questi ultimi episodi, c’è chi è arrivato anche a proporre una ricompensa di mille euro, per chiunque permetta di individuare l’autore di questi avvelenamenti, che hanno destato non più solo sdegno, ma autentica paura tra i residenti di queste aree.

Le comunità oggetto di questi atti di violenza lanciano un forte un appello ai loro sindaci affinché, oltre a bonificare le aree interessate e segnalare con apposita cartellonistica la presenza sospetta di esche o bocconi avvelenati, si intensifichi la sicurezza di tutti, con l’adozione di telecamere di sorveglianza, in modo da porre fine a queste stragi ed anche ad altri possibili reati.

Basta un solo uomo crudele a macchiare un luogo, anche il più ameno ed animalista, e trasformarlo in un territorio fortemente respingente. Bambini, donne, persone anziane, turisti e tutti i soggetti più indifesi, in questi casi risultano a rischio.

Gli individui che maltrattano o uccidono gli animali infatti, prendono di mira proprio quelli più piccoli ed indifesi, e prima o poi sono destinati a trasformarsi nei serial killer di domani, in stalker, rapinatori o stupratori.

È arrivato il momento di parlare chiaro: si tratta in ogni caso di “persone” tendenti alla devianza sociale.

È stato ormai ampiamente dimostrato che il maltrattamento degli animali è il primo gradino della scala della violenza, ed in quanto tale è predittivo di future violenze. A sostenerlo ricerche e studi condotti non solo a livello mondiale, ma anche in Italia, dove per la prima volta è stato delineato il profilo zooantropologico criminale del maltrattore e/o uccisore di animali, in seguito ad una ricerca effettuata all’interno delle carceri.

Emerge che gli abusatori sono nella quasi totalità di sesso maschile, e l’87% dei detenuti intervistati si è reso responsabile di episodi di maltrattamento di animali prima e di malavita e bullismo dopo, a danno soprattutto di donne, minori ed anziani.

La crudeltà fisica su animali è tra i sintomi del “disturbo della condotta” considerato l’anticamera del disturbo antisociale in età adulta, e dovrebbe diventare d’obbligo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una preventiva classificazione di quei soggetti a rischio a partire dall’età scolare, affinché si realizzi la giusta percezione del fenomeno e delle sue implicazioni sociali.

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