“Bella Ciao”: storia dell’inno della Resistenza Italiana

25 aprile 2023 | 09:45
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“Bella Ciao”: storia dell’inno della Resistenza Italiana

Chi non conosce la canzone “bella ciao”? Eppure sono in pochi quelli che ne conoscono la storia.

Simbolo della resistenza italiana, inno antifascista dei partigiani, oggi la conoscono in tutto il mondo, la cantano in numerose lingue, la usano come colonna sonora di film.

L’origine di «Bella ciao» è ancora incerta. Secondo alcuni studiosi della canzone italiana fu influenzata dai canti di lavoro delle mondine, altri la fanno risalire al Cinquecento francese.

E’ interessante guardare il docufilm «Bella Ciao»; indaga le radici del canto e le colloca nel Centro Italia.

Inizialmente era molto diffuso nella zona che va dall’Abruzzo all’Emilia, poi è diventata il canto simbolo della Resistenza e della lotta partigiana. Era l’inno di combattimento della Brigata Maiella in Abruzzo. La sua diffusione è stata poi favorita dai governi di centro-sinistra, che l’hanno considerata una canzone-simbolo..

«Bella ciao» è stata ideata da chi ha partecipato alle lotte per la Resistenza. La sua caratteristica più importante è diventata con il tempo l’inno delle manifestazioni che rivendicano la libertà contro l’oppressione.

Uno degli episodi che contribuì a dare popolarità in epoca moderna ai canti popolari e di lotta è quello del 1964, al Festival dei due Mondi di Spoleto. I giovani e le giovani del Nuovo Canzoniere Italiano come Giovanna Marini, Caterina Bueno, Michele Straniero portano sul palco diverse canzoni di lotta e scatenano le polemiche. Come quella della ricca «signora impellicciata» che si alzò dalla platea ed esclamò a gran voce «Io possiedo trecentotrenta contadini e nessuno dorme nelle stalle!» Michele Straniero, poi, si trovò a cantare la canzone antimilitarista «O Gorizia tu sei maledetta», compresa una strofa che non era in copione. Anche perché, nel pubblico, erano seduti numerosi ufficiali. Infine, l’interpretazione di «Bella Ciao» fu eseguita da una ex-mondina, Giovanna Daffini, criticata da chi, avendo pagato lo spettacolo, pretendeva di vedere sul palco personaggi famosi.

Un canto che, ancora oggi, divide, ma che, suo malgrado, resta una canzone di lotta contro l’oppressione e di amore per la libertà.