PICASSO E L’ANTICO Museo Archeologico Nazionale di Napoli 5 aprile – 27 agosto 2023

6 aprile 2023 | 18:49
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Inaugurata oggi la mostra Picasso e l’antico, a cui noi di Positanonews siamo accorsi perchè tanto del nostro paesaggio vi è nella pittura di Picasso. L’arco di pietra nel monumentale Parade sicuramente l’aveva visto insieme a tanti altri , in costiera amalfitana, a Positano precisamente, quando fu ospitato da Semenov nel Mulino di Arienzo.

Quarantatré i lavori di Picasso messi a confronto principalmente con le sculture Farnese e i dipinti da Pompei nella mostra “Picasso e l’antico”, dal 5 aprile al 27 agosto 2023 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Promosso dal MANN, diretto da Paolo Giulierini, con il sostegno della Regione Campania e con l’organizzazione di Electa, il progetto curato da Clemente Marconi si inserisce nel programma internazionale “Picasso Celebrazioni 1973 – 2023: 50 mostre ed eventi per celebrare Picasso”
nel cinquantenario della morte.
La mostra ha l’intento di illustrare la profonda influenza di uno dei più grandi musei di arte classica sull’opera di uno dei più importanti artisti moderni. Allestita nelle sale della collezione Farnese, l’esposizione si divide in due parti: la prima relativa ai soggiorni a Napoli di Picasso, delineando come si presentava il museo al tempo della visita dell’artista, allora non ancora solo “archeologico”, e la seconda relativa al confronto tra le opere del museo e i lavori di Pablo Picasso.
Sono presentate 37 delle 100 tavole che compongono la Suite Vollard, eccezionale prestito del British Museum di Londra. Queste incisioni, realizzate tra il 1930 e il 1937, si configurano come un fulcro interpretativo nell’opera dell’artista. A queste si aggiungono i rilevanti prestiti del Musée national Picasso-Paris e di Gagosian New York.
L’eco profonda del viaggio in Italia del 1917 sulla produzione artistica di Picasso è stato riconosciuto da tempo e rappresenta ormai un punto fermo in letteratura. Proprio all’impatto delle opere d’arte viste a Roma, Napoli e Firenze si attribuisce un decisivo rafforzamento della tendenza di Picasso verso il naturalismo del cosiddetto “secondo periodo classico”. All’interno di quel viaggio, il soggiorno a Napoli, con la visita sia a Pompei sia al museo che allora esponeva la Collezione Farnese e le opere da Ercolano
e Pompei, ha a sua volta una rilevanza particolare: il naturalismo di questa fase picassiana assume forme esplicitamente classicizzanti, ben riconoscibili nella maggioranza dei dipinti e disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni ‘30. Tutte le tematiche della mostra sono ripercorse dai saggi a firma di importanti studiosi di Picasso nel catalogo edito da Electa. Il 2023 segna il cinquantesimo anniversario della morte di Pablo Picasso e pone quindi l’anno sotto il segno della celebrazione della sua opera in Francia, Spagna e a livello internazionale. Celebrare oggi l’eredità di Picasso è un modo per interrogarsi su cosa  rappresenti oggi quest’opera fondamentale per la modernità occidentale. È mostrare la sua parte viva, accessibile e attuale.
“Picasso Celebration 1973-2023” è promossa dal Musée national Picasso-Paris, coordinatore e principale prestatore dell’evento, e da Bernard Picasso, nipote dell’artista e presidente della FABA – Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el arte – e del Museo Picasso di Malaga. L’iniziativa conta una cinquantina di mostre e di eventi che si svolgeranno in rinomate istituzioni culturali europee e nordamericane, che insieme, grazie a nuove interpretazioni e metodi moderni, consentiranno di fare il punto sullo stato degli studi e della comprensione dell’opera di Picasso. Il governo francese e quello spagnolo hanno deciso di collaborare a questo grande evento transnazionale, e la commemorazione sarà scandita da celebrazioni ufficiali in Francia e Spagna e si concluderà con un grande simposio internazionale nell’autunno del 2023, in occasione dell’apertura del Centro Studi Picasso a Parigi. È un «Picasso oggi» che incarna questa Celebrazione e che getta le basi per il Musée national Picasso-Paris di domani.

Introduzione
Nel 1917 Pablo Picasso soggiornò a Napoli due volte, nel corso del suo viaggio in Italia a seguito dei Ballets Russes: tra il 9 e 13 marzo, assieme a Sergei Djagilev, Jean Cocteau, e Léonide Massine, e per più giorni nel mese di aprile assieme a Djagilev, Massine, Igor Stravinskij, Ernest Ansermet, più il resto della compagnia. I soggiorni napoletani hanno esercitato una grande suggestione sul grande maestro catalano, specialmente per ciò che riguarda l’incontro con l’antico, tramite visite a Pompei e al Museo Nazionale. Queste visite ebbero un particolare impatto sulla produzione artistica di Picasso, come dimostrano i dipinti del “secondo periodo classico” (1917-1925) e l’opera grafica degli anni ’30, a partire dalle stampe che compongono la cosiddetta Suite Vollard (1930-1937).
In letteratura ha prevalso a lungo l’interesse per la meglio documentata visita a Pompei: tuttavia, la visita del Museo Nazionale, per la quale disponiamo solo di una serie di indizi, appare avere avuto un ruolo fondamentale nel passaggio di Picasso dal cubismo a un nuovo classicismo, grazie all’influenza della pittura pompeiana e del gigantismo e della monumentalità tridimensionale delle sculture Farnese, a partire dall’Ercole, chiaro alter ego dell’artista. Determinare le fonti di ispirazione per le opere di Picasso non è facile, considerato come una delle caratteristiche dell’opera classicizzante dell’artista sia la tendenza a evitare citazioni, a favore piuttosto
di allusioni generiche, e non mancando di associare nella stessa opera riferimenti non coerenti tra loro. Anche per questo, la mostra deve limitarsi a suggerire accostamenti tra possibili fonti di ispirazione, tra le opere del Museo Nazionale, e opere di Picasso, sulla base del confronto visivo. La ricerca di tali modelli non è mai un processo sterile: essa è, al tempo stesso, un contributo fondamentale alla ricostruzione del processo creativo dell’artista, e parte di quell’inevitabile dialogo che le opere di Picasso hanno da sempre sollecitato, e tuttora sollecitano, nell’osservatore. L’Ercole Farnese e la Suite Vollard Secondo lo storico dell’arte britannico John Richardson la serie di cento stampe che compongono la cosiddetta Suite Vollard, realizzate tra il 1930 e il 1937, offrirebbe una delle testimonianze principali della particolare importanza dell’Ercole Farnese per Picasso. Il riferimento va in particolare alla serie di incisioni che vanno sotto il titolo di Studio dello scultore (1933-1934), in cui Picasso identifica sé stesso con il protagonista, che più di una volta ha una testa e tratti del volto che richiamano da vicino l’Ercole, incluso talvolta l’atteggiamento pensoso. A queste incisioni va aggiunta un’opera del luglio 1933, Lo scultore e la sua statua (Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Museo Berggruen), nella quale lo scultore, seduto e con un braccio poggiato su una testa colossale, contempla una statua femminile. Non c’è dubbio che lo sguardo e la resa dell’anatomia dello scultore richiamino l’Ercole Farnese anche più delle incisioni della Suite Vollard, confermando ulteriormente l’autoidentificazione di Picasso con la statua. Inoltre, sempre secondo Richardson, nella stessa serie della Suite Vollard l’Ercole Farnese andrebbe riconosciuto nella testa di dimensioni generalmente colossali presente in diverse incisioni, nella funzione
sia di opera già realizzata che di modello. Si è proposta, in alternativa, l’identificazione di alcune di queste teste con lo Zeus Olimpio di Fidia, ma l’impressione è che ci si trovi sempre di fronte a versioni più o meno schematiche dello stesso tipo di testa, chiaramente ispirato, date le dimensioni e la fisionomia, dal nostro Ercole in riposo.
In conclusione, seguendo tutte queste proposte di Richardson, se ne dovrebbe concludere che la serie dello Studio dello scultore della Suite Vollard, per sé la principale esplorazione della scultura classica da parte di Picasso, rappresenterebbe il principale omaggio dell’artista all’Ercole Farnese.

Picasso e l’Ercole Farnese
Secondo lo storico dell’arte britannico John Richardson, il principale biografo di Picasso, il grande maestro catalano avrebbe provato un’ossessione per l’Ercole Farnese: sia in termini formali, per le sue dimensioni colossali e le variazioni di proporzioni tra le parti del corpo, che diventeranno una caratteristica delle figure del “secondo periodo classico”, sia a livello di contenuto, per l’immagine di Ercole con il volto pensoso e la testa abbassata sotto il peso delle fatiche intraprese, che avrebbe portato Picasso a identificare sé stesso in questa immagine dell’eroe. Tale fascino della statua non sorprende, considerato come fin dalla sua scoperta nel 1546 l’opera fosse una delle statue più celebri dell’antichità classica, ispirando artisti come Michelangelo, Annibale Carracci e Rubens. Anche se a partire dall’epoca neoclassica la fortuna dell’opera si attenuò, Picasso appartiene a una nutrita schiera di artisti affascinati dalla statua. Al riguardo, quello dell’Ercole è un caso esemplare della generale tendenza, da parte di Picasso, a  ignorare l’opinione negativa espressa dagli studiosi di arte antica dell’epoca. Per l’Ercole basti citare il giudizio sulla statua di Charles Picard, una delle principali autorità sulla scultura greca del Novecento, che nel 1926, in un suo primo manuale sul tema commentava in maniera sprezzante l’opera, definendola “assai pretenziosa” e presentando Glicone ateniese, autore della statua, come uno scultore che avrebbe
preso a esempio Lisippo, “aggiungendo allo stile del maestro di Sicione la peggiore enfasi asiatica”. Picasso e le sculture Farnese
Oltre all’Ercole e al Toro Farnese, la letteratura su Picasso ha posto l’enfasi su altre sculture della stessa collezione che sarebbero servite da modello per le figure maschili giovanili e femminili del “secondo periodo classico”. Si tratta anzitutto del ritratto di Antinoo e della testa colossale di Artemide tipo Ariccia, nota come Era Farnese. In realtà l’immagine di Antinoo è riconoscibile in maniera lampante solo in una delle incisioni della Suite Vollard, e assai meno in altre opere con figure giovanili del “secondo periodo classico”. Quanto all’Era Farnese, l’opera è stata considerata un modello per le teste femminili classicizzanti realizzate a Fontainebleau nell’estate 1921 e generalmente associate a Tre donne alla fontana dello stesso anno (New York, The Museum of Modern Art). Indubbiamente il taglio dato a queste teste, che include l’indicazione della parte superiore del torso, ricorda da vicino un busto antico; ma diversi particolari del volto e dei capelli si discostano dall’Era Farnese ed è difficile escludere dipinti come l’Arcadia dell’Ercole e Telefo (esposto qui al MANN) come ulteriore fonte di ispirazione, come pure altre sculture classiche, talvolta menzionate in letteratura. Il modello dell’Era Farnese sarebbe però riconoscibile in alcune teste femminili nella Suite Vollard. Altre opere della collezione Farnese che possono aver fornito ispirazione a Picasso sono il gruppo di Pan e Dafni, per il soggetto e le prime fasi del Flauto di Pan; la Flora, per la resa del panneggio di diverse figure femminili del “secondo periodo classico”; l’Amazzone a cavallo (esposta al MANN), per le figure di donne a cavallo o di cavalli rampanti in una serie di incisioni della Suite Vollard; il busto di Sileno, per diverse teste della Suite Vollard; e infine le statue di Afrodite, come il tipo Dresda Capitolino, la cosiddetta Callipige (esposta al MANN), o l’Afrodite accovacciata, variamente associabili alle statue di Afrodite e figure di modelle nella Suite Vollard.
Picasso e il Toro Farnese
Gli studiosi di Picasso sono unanimi nel considerare l’incontro di Picasso con le sculture Farnese come una delle principali rivelazioni artistiche del suo viaggio in Italia nel 1917. Il riferimento più frequente è in particolare alle sculture colossali dalle Terme di Caracalla, a partire dall’Ercole e dal Toro, che avrebbero avuto un impatto sull’opera classicizzante di Picasso ben maggiore rispetto alle collezioni di scultura greca e romana del Louvre. In particolare, la letteratura su Picasso ha insistito sul duplice effetto che il gigantismo e la monumentalità tridimensionale delle sculture Farnese avrebbero avuto sull’opera di Picasso: da un lato, conferire un aspetto scultoreo alle opere pittoriche e alle stesse opere scultoree dell’artista, segnate prima dell’incontro con il Museo Nazionale dalla bidimensionalità dell’approccio cubista; dall’altro, rendere l’artista particolarmente sensibile alla scala, nel senso non tanto di dimensioni ma soprattutto di proporzioni. Una delle testimonianze più significative della sensibilità di Picasso per il senso delle proporzioni e le variazioni di scala è data non a caso dalle stampe della Suite Vollard della serie dello Studio dello scultore, qui in mostra, comprese le incisioni che mostrano lo scultore intento a osservare statue di formato inferiore al naturale e la presenza  ossessiva di teste di dimensioni superiori al naturale e colossali.
Quanto al Toro Farnese, mancano nell’opera di Picasso riferimenti espliciti al gruppo. È però possibile confrontare la composizione piramidale della scena con una serie di opere del “secondo periodo classico”, a partire dalla Corrida del 1922 (Parigi, Musée national Picasso-Paris) e dal Ratto del 1920 (New York, The Museum of Modern Art). A queste opere si può aggiungere il gruppo scultoreo della tav. 57 della Suite Vollard. In effetti, considerato il particolare interesse di Picasso per i tori e la corrida, è difficile pensare che
il colossale gruppo farnesiano non abbia esercitato una sua impressione sull’artista.

Picasso e il Minotauro
Nella mitologia classica, la storia del Minotauro consiste in due parti: la prima riguarda la concezione del mostro, mentre la seconda comincia con il tributo che Minosse esige dagli Ateniesi e si chiude con l’uccisione del mostro da parte di Teseo, che grazie all’aiuto di Arianna riesce a trovare la via di uscita dal Labirinto.
Data la particolare rilevanza per Atene di questa seconda parte del mito abbiamo diverse rappresentazioni di questo soggetto su vasi attici a figure nere e figure rosse. Queste immagini si concentrano in genere sull’uccisione del Minotauro, con Teseo che afferra la testa del mostro terrorizzato nell’atto di fuggire o lo trafigge con una spada. L’interesse di Picasso per il Minotauro si concentra su questa seconda parte del mito, a partire dalla copertina del primo numero della rivista Surrealista Minotaure del maggio 1933, per la quale Picasso raffigura il mostro scaraventato a terra da Teseo, ma pronto a combattere fino all’estremo. A questa immagine, che enfatizza la ferocia del Minotauro, vanno affiancate le incisioni coeve per la Suite Vollard, qui in mostra, che evidenziano il lato umano del mostro, ferito e prossimo a essere ucciso da Teseo. La figura di Teseo e gli spettatori che protendono le mani in direzione del Minotauro sono un evidente richiamo al dipinto di Teseo liberatore da Pompei, di cui Picasso aveva una foto Alinari. Tuttavia, l’intero mito è riformulato da Picasso nei termini di una corrida, soggetto particolarmente caro all’artista. Altre immagini del Minotauro nella Suite Vollard sono ancora più distanti dalla tradizione classica, come il Minotauro che brinda e il Minotauro cieco. Queste incisioni fanno da premessa alla Minotauromachia, l’opera di Picasso caratterizzata dal più alto livello di consapevolezza del proprio rapporto creativo con la tradizione classica.
Pasifae
Nella mitologia greca e romana la prima parte della storia del Minotauro riguarda la concezione del mostro, risultato dell’unione di Pasifae, moglie di Minosse, re di Creta, con un toro. Questa parte è raccontata da un certo numero di fonti letterarie antiche e, malgrado alcune variazioni, la storia è abbastanza coerente, a partire dall’ira di un dio verso Minosse o Pasifae. Come punizione divina, Pasifae concepisce una passione per un toro, e per soddisfare il suo piacere sessuale la regina ricorre all’arte di Dedalo.
Da questa unione di Pasifae col toro nasce il Minotauro, una creatura che combina il corpo di un toro e quello di un uomo, e che Minosse imprigiona nel Labirinto. Malgrado questa storia fosse messa in scena fin da Euripide, essa è raramente rappresentata nell’arte greca e diviene più popolare nell’arte romana. È probabile che Picasso conoscesse la storia del Minotauro nella sua interezza ed è interessante prendere in esame le parti del mito che, a differenza dei Surrealisti, non ha affrontato, a cominciare dalla figura altamente erotica di Pasifae, personaggio che Picasso può ben aver incontrato in immagine a Pompei e nella visita del Museo Nazionale, e dalla sua storia d’amore con il toro, illustrata in numerose opere di André Masson realizzate tra 1932 e 1945. Questa è una ulteriore testimonianza dell’approccio selettivo di Picasso alla tradizione classica, e della sua relativa libertà dal movimento Surrealista, interessato dagli aspetti più cupi del mito greco. A Picasso, al contrario, interessava il Minotauro
per il suo lato umano, anzi troppo umano.

Il catalogo “Picasso e l’antico. L’incontro con le opere del Museo Archeologico di Napoli”, pubblicato da Electa in occasione della mostra al MANN (5 aprile – 27 agosto 2023), prende l’avvio dai due soggiorni effettuati da Picasso nel 1917 nel capoluogo campano e a Pompei per poi ripercorrere il tema portante dell’esposizione: la visita all’allora Museo Nazionale di Napoli, non ancora (solo) archeologico e l’influenza sulla sua arte. L’esposizione si inserisce nel progetto internazionale “Picasso Celebration 1973 – 2023: 50
mostre ed eventi per celebrare Picasso” nel cinquantenario della morte. Il volume ricostruisce ispirazioni e metamorfosi della sua arte a partire dall’osservazione di alcuni dei grandi capolavori dell’archeologia classica. Tappa fondamentale di un periodo speciale del percorso artistico di Pablo Picasso, il cui naturalismo assume forme esplicitamente classicizzanti dopo il viaggio in Italia, ben riconoscibili nella maggioranza dei dipinti e disegni non cubisti degli anni dal 1917 al 1925 e nell’opera grafica degli anni ‘30.

Vincenzo De Luca
Presidente della Regione Campania

Com’è noto, Picasso, nel 1917, ha compiuto un memorabile viaggio in Italia con il poeta francese
Jean Cocteau per iniziare a lavorare sul sipario di Parade, il balletto ideato dallo stesso Cocteau, che
abbiamo già potuto ammirare, portato dalla Regione Campania nella cornice di Capodimonte in una
precedente mostra. Arrivano in Italia nel febbraio 1917 e Picasso resta a Roma con Ol’ga Chochlova,
étoile dei Ballets Russes e sua prima moglie. Quando Cocteau arriva a Napoli, scrive a Picasso per
invitarlo a raggiungerlo, ma il pittore risponde: “Sto bene a Roma, e poi c’è il Papa”. Immediata la replica
del poeta all’amico pittore: “Sì è vero, a Roma c’è il Papa, ma a Napoli c’è Dio”. E certo Picasso nel
raggiungere l’amico ebbe modo di vedere, oltre che la vita, la solarità e l’arte di Napoli che sicuramente
estrinsecò nell’opera Parade, anche Pompei e il Museo Nazionale di Napoli. Da questo rapporto nasce un
ritorno alla classicità che è possibile intravedere in moltissime opere, come le tante incisioni che giungono,
per questa straordinaria mostra, dal British Museum.
Nel tempio dell’archeologia dialogano, come solo qui è possibile, statue, affreschi antichi e opere
di Picasso, che rielaborano e vivificano il passato. Nel cinquantesimo della morte di Picasso la Regione
Campania sostiene ancora una volta il MANN di Napoli nella convinzione che anche questa iniziativa
contribuirà al rafforzamento costante del turismo e della cultura espressa da una terra di una bellezza
senza pari.
Dopo i Longobardi, Canova, i Gladiatori e i Bizantini ora è la volta di Picasso: d’altronde la Spagna
a Napoli è sempre stata di casa.

Generico aprile 2023