In un recente viaggio in Giordania, abbiamo visitato l’antica città di Petra, riparata da una stretta e profonda gola di circa un km, detta Siq, scolpita nella roccia oltre 2000 anni fa dai Nabadei.
I Nabadei, furono un popolo di commercianti dell’Arabia antica, insediatisi nella zona di Nabatene, nome assegnato al tempo di Flavio Giuseppe alle oasi del Nord Ovest, importantissimo crocevia fra la Siria e l’Arabia, dall’Eufrate al mar Rosso; questo popolo gestì l’importante traffico commerciale tra il nord ed il sud della penisola arabica e con il Mediterraneo, inoltre nell’area vi confluivano anche le merci provenienti da est, lungo la famosa Via della Seta che arrivava fino al Magreb (in arabo: al-Maghrib, luogo del tramonto), nell’odierno Marocco.
Poco è sopravvissuto della letteratura nabatea, di cui peraltro non si ha menzione nei testi antichi, ma la sua importanza è testimoniata dalla diffusione della loro lingua, attestata da numerosi graffiti e iscrizioni epigrafiche (vedi foto); il popolo arabo dei Nabatei, può sembrare un popolo distante da noi gente della Campania, ma vedremo che così non fu.
Incerta è la data della fondazione della città di Petra, ma di certo iniziò a prosperare come capitale dell’Impero Nabateo dal primo secolo Avanti Cristo, come accennato, diventando di importante rilevanza per il commercio dell’incenso, mirra e spezie.
Dominata dai Greci, Petra fu poi annessa all’Impero Romano e continuò ad essere il centro delle attività commerciali fino a quando un forte terremoto nel IV Secolo d.C., in concomitanza con il cambio dei flussi commerciali, portarono al suo declino ed abbandono.
A partire dalla metà del VII secolo Petra rimase disabitata, completamente perduta eccetto per i Beduini della zona che vi abitarono, fino a quando nel 1812 un esploratore Svizzero di nome Johannes Burckhardt partì in missione alla scoperta di Petra, travestendosi da arabo, convinse la sua guida Beduina a portarlo alla città perduta.
A seguito della spedizione, Petra ritornò ad essere conosciuta ai paesi dell’Ovest, come una fra le più affascinanti città antiche ed iniziò ad attrarre turisti da tutto il mondo, ai beduini che l’abitavano, il Governo giordano, costruì nuove case situate nei pressi della città antica e ancora oggi essi gestiscono, in esclusiva, tutte le attività turistiche all’interno del sito archeologico.
Petra è anche conosciuta come la «Città Rosa», dovuto al colore delle rocce delle quali sono scolpiti la maggior parte dei monumenti.
I Nabatei erano soliti seppellire i loro defunti in tombe di intricata struttura intagliate nella roccia, in realtà la città aveva anche cisterne, templi, ed a seguito dell’incursione Romana e poi Bizantina, si possono ammirare anche le sue Chiese, un teatro scolpito nella roccia (vedi foto), lungo la bellissima Strada delle Colonne.
Come tutte le città attraversate dalla Via della Seta, anche a Petra sono presenti, scolpiti nella roccia i caravanserragli, luoghi di ristoro per i ricchi mercanti ed il loro seguito di uomini e animali.
Interessante e iconico, il tempio di Al Khazneh, detto il Tesoro (vedi foto), poiché si riteneva che al suo interno vi fosse nascosto il tesoro del popolo Nabateo, notevole è la sua rassomiglianza, con la tomba di Ciro il Grande (vedi foto), sepolto dopo la sua morte, avvenuta nell’estate del 530 a.C., presso Pasargadae, in Persia.
In aggiunta ai resti storici, considerato che la città di Petra è stata abitata per 10000 anni, si possono ammirare installazioni umane che costituiscono un connubio fra aspetti naturali, culturali, archeologici e geologici; il sito fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1985, e fu considerato come una delle nuove Sette Meraviglie del Mondo, nel corso di un evento internazionale svoltosi a Lisbona il 7 luglio 2007.
Molto interessante il Museo archeologico, allestito nel Centro Visitatori, primo punto di accesso all’antica città di Petra, allestito grazie all’aiuto dei giapponesi, è ricco di reperti Nabatei e di epoca Greca, Romana e Bizantina.
Il sito è spoglio di statue e ornamenti, fatta eccezione per qualche dipinto murale, essendo stato dimora dei Beduini per molti secoli, per cui prima di intraprendere la visita di Petra, è consigliabile visitare il Museo, di notevole interesse e ricco di reperti rinvenuti a seguito degli scavi, come ad esempio, la colonna con testa di elefante rinvenuta presso il Grande Tempio, o il busto monumentale di Dhu-Shara o Dushara (Signore della montagna, in latino Dusares), antica e principale divinità dei Nabatei, identificata con Dioniso, rinvenuto presso la porta di Temenos, lungo la via delle Colonne Romane, molte immagini dei reperti sono raccolte nell’album https://www.facebook.com/media/set/?vanity=lurus&set=a.10224541847679304.
Per terminare, citiamo la presenza dei Nabatei, nell’area di Pozzuoli, dove hanno lasciato molti segni della loro presenza, commerciando tra l’Oriente, l’Oceano Indiano e l’Italia, sin dalla prima età imperiale i Nabatei stabilirono una propria base all’interno del porto puteolano (Pozzuoli), unica enclave mercantile nabatea al di fuori della madrepatria.
All’epoca Puteoli rappresentava il più grande scalo commerciale del Mediterraneo romano, fino alla sua caduta nel V secolo. Tra il XVIII secolo e gli anni Ottanta del Novecento, a più riprese, vennero riportate in luce basamenti e lastre iscritte, molte delle quali con dediche in latino al dio tutelare nabateo Dusares.
I preziosi reperti sono stati rinvenuti praticamente tutti sui fondali marini di Pozzuoli e, oggi, si possono ammirare nelle collezioni dei Musei di Napoli e del Castello Aragonese di Baia.
In occasione della Giornata Nazionale del Mare, tenutasi lo scorso martedì 11 aprile, presso le aree archeologiche sommerse tra Bacoli e Pozzuoli, alla presenza del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e del Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare Nello Musumeci, congiuntamente ai dirigenti della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, Mariano Nuzzo e del Parco Archeologico dei Campi Flegrei, Fabio Pagano, è avvenuto il discoprimento di nuovi altari nabatei (vedi foto), dedicati al Dio Dusares, resti sommersi ancora «in situ».
In particolare gli altari sommersi, sono situati presso la Ripa Puteulana, precisamente al Vicus Lartidianus, quartiere commerciale, base dei mercatores Nabatei, dove già alla metà del I secolo a.C., possedevano un loro specifico luogo di culto; i nuovi altari hanno dimensioni maggiori rispetto a quelli esposti nella sala baiana e, di conseguenza, presentano più alloggi per le lapidi; infatti due altari Nabatei dedicati al dio Dusares, furono individuati già in passato, nei fondali flegrei.
L’odierna sensazionale scoperta, testimonia ancora una volta la presenza di comunità orientali nell’antica Puteoli e segue come accennato, quella avvenuta negli anni’60 col ritrovamento di un altare dedicato alla divinità nabatea di dimensioni maggiori rispetto a quelli rinvenuti già nel 1754.
L’altare (vedi foto) è attualmente conservato al Museo Archeologico dei Campi Flegrei, ed è dedicato al Dio Dusares, si tratta di un blocco di marmo di Carrara bianco con striature bluastre che e riporta l’iscrizione Dusari Sacrum da un lato e dall’altro la scritta Sacrum; oltre all’altare furono rinvenute anche piccole lapidi di pietra da inserire nei vuoti presenti sull’altare.
Stando alle informazioni attuali, i nuovi altari hanno dimensioni maggiori rispetto a quelli esposti nella sala baiana e di conseguenza, presentano più alloggi per le lapidi, essi saranno in futuro restituiti alla comunità andando ad arricchire il patrimonio culturale che l’area flegrea offre ai suoi visitatori e ai suoi abitanti.
Luigi Russo