Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna, un tempo in cui si moltiplicano i Rosari, sono frequenti i pellegrinaggi ai santuari, si sente più forte il bisogno di preghiere speciali alla Vergine. Una necessità avvertita con particolare urgenza nel tempo, drammatico, che stiamo vivendo. Lo sottolinea più volte il Papa che evidenzia l’importanza di rivolgersi a Maria nei momenti di difficoltà. Un invito caldo e affettuoso a riscoprire la bellezza di pregare il Rosario a casa. Lo si può fare insieme o personalmente, diceva, ma senza mai perdere di vista l’unico ingrediente davvero indispensabile: la semplicità.
La storia del mese di maggio dedicato a Maria ci porta al Medio Evo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X detto il saggio, re di Castiglia e Leon, in “Las Cantigas de Santa Maria” celebrava la Madonna. Di lì a poco il beato domenicano Enrico Suso di Costanza mistico tedesco vissuto tra il 1295 e il 1366 nel Libretto dell’eterna sapienza si rivolgeva alla Madonna. Ma il Medio Evo vede anche la nascita del Rosario, il cui richiamo ai fiori è evidente sin dal nome. Siccome alla amata si offrono ghirlande di rose, alla Madonna si regalano ghirlande di Ave Maria. Le prime pratiche devozionali, legate in qualche modo al mese di maggio risalgono però al XVI secolo. In particolare a Roma san Filippo Neri, insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre, a cantare le sue lodi, a offrire atti di mortificazione in suo onore. Un altro balzo in avanti e siamo nel 1677, quando il noviziato di Fiesole, fondò una sorta di confraternita denominata “Comunella”. Si cominciò con il Calendimaggio, cioè il primo giorno del mese, cui a breve si aggiunsero le domeniche e infine tutti gli altri giorni. Erano per lo più riti popolari semplici, nutriti di preghiera in cui si cantavano le litanie, e s’incoronavano di fiori le statue mariane. L’indicazione di maggio come mese di Maria lo dobbiamo però a un padre gesuita: Annibale Dionisi. Un religioso di estrazione nobile, nato a Verona nel 1679 e morto nel 1754 dopo una vita, a detta dei confratelli, contrassegnata dalla pazienza, dalla povertà, dalla dolcezza. Nel 1725 Dionisi pubblica a Parma con lo pseudonimo di Mariano Partenio “Il mese di Maria o il mese di maggio consacrato a Maria “. Negli stessi anni, per lo sviluppo della devozione mariana sono importanti anche le testimonianze dell’altro gesuita padre Alfonso Muzzarelli che nel 1785 pubblica “Il mese di Maria o sia di Maggio” e di don Giuseppe Peligni.
Il resto è storia recente. La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854) cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di santi come don Bosco, si alimenta del sapiente magistero dei Papi. Basti pensare a san Giovanni Paolo II il cui motto: “Totus tuus” richiamava esplicitamente il legame con la Vergine. Wojtyla è stato beatificato il 1° maggio 2011.
Per tutto il mese, a partire da oggi, in molti fanno un “fioretto”. Si tratta di segno d’amore, dunque, un sacrificio, una rinuncia a qualcosa a cui teniamo grandemente, ma elargito con la stessa leggerezza con cui si dona un fiore. Come qualcosa che non pesa, qualcosa che possiamo sostenere con coraggio e grazia. Ciò che conta davvero è lo spirito con cui scegliamo di fare a meno di qualcosa che ci piace, o a cui teniamo. Se fin dall’inizio il nostro pensiero è solo quello di fare uno scambio con la Madonna o Gesù, non siamo sulla buona strada. Il Fioretto non è un do ut des, un fare qualcosa aspettandosi in cambio qualcos’altro. Non è una merce di scambio. Siamo noi a scegliere a cosa rinunciare, cercando nel nostro cuore qualcosa a cui teniamo veramente. Non si tratterà di una rinuncia infinita, nessuna imposizione, nessun obbligo. Un gesto spontaneo, dunque, non mosso da un fine ulteriore, altrimenti sarebbe un ricatto, non un gesto d’amore! Il veicolo con cui dobbiamo rivolgerlo è la preghiera, e della preghiera il Fioretto deve avere la solennità, la piena consapevolezza di quanto stiamo pronunciando. Come la preghiera non è fatta solo di parole messe una in fila all’altra, ma ciò che conta è il sentimento che infondiamo in essa, l’atteggiamento del nostro spirito.