Questa memoria dei primi martiri della Chiesa romana, celebrata all’indomani della solennità degli apostoli Pietro e Paolo, si è sempre conservata nella sede del Circo costruito da Caligola, poi detto di Nerone, negli horti di Agrippina (madre di Caligola) sul pendio meridionale del colle Vaticano, da dove si diramavano le vie Aurelia, Cornelia e Triumphalis. Si ricordava il famoso incendio del 16 luglio del 64, attribuito dal volgo a Nerone il quale, per stornare da sé l’accusa e forse per sobillazione dei giudei, allora potenti in Roma, sottopose a processo e colpì un gran numero di cristiani, che furono gettati alle belve e bruciati perché servissero da illuminazione notturna, secondo quanto ci narra lo storico Tacito nei suoi Annales (XV, 44). Il martirologio Geronimiano ne commemorava al 29 giugno un gran numero (979), il cui culto primitivo, dalla piccola chiesa di Santa Maria della Pietà al Camposanto teutonico, venne esteso a tutta la città nel 1923, poi nel 1969 a tutto il rito romano. Dal calendario romano precedente sono stati espunti 53 nomi di martiri che, anche se venerati da epoche antiche, non hanno più il corredo delle corrispondenti fonti biografiche. Un cenno ai protomartiri romani lo troviamo anche nella lettera scritta da san Clemente ai Corinzi verso il 96-98, riportato come lettura patristica nella liturgia delle ore del 20 giugno. Nel rievocare il martirio di Pietro e Paolo, egli ricorda «la grande moltitudine di eletti che sopportarono molti oltraggi e tormenti e lasciarono tra noi un magnifico esempio», e aggiunge che vennero sacrificate anche delle donne con supplizi penosi, come quello delle mitiche Danaidi, condannate a riempire senza sosta recipienti rotti, o legate alle corna di un toro. Nel 1626, sotto Urbano VIII vennero ritrovati – nel porre le fondamenta del baldacchino berniniano in San Pietro – sepolcri contenenti ossa bruciate miste a ceneri e carboni.. Altrettanti ne sono stati ritrovati durante i più recenti scavi.