San Cirillo, dottore della Chiesa, nacque verso il 370 e, dopo aver trascorso qualche tempo in un monastero, fu ordinato sacerdote e nel 412 succedette come Patriarca di Alessandria allo zio paterno, Teofilo. Nel 429 scoppiò una lunga e aspra controversia con il Patriarca di Costantinopoli Nestorio, che aveva preso posizione contro il termine theotòkos (madre di Dio) riconosciuto alla Vergine Maria. Cirillo confutò la dottrina dell’avversario sostenendo la divina maternità di Maria; cercò anche di ridurre alla ragione Nestorio, ma costui cominciò a calunniarlo presso la corte. Allora Cirillo inviò uno scritto a Teodosio II e alle “regine” (cioè alla moglie e alle tre sorelle dell’imperatore) sottolineando le bestemmie contenute nelle omelie nestoriane e sollecitando l’intervento risolutore di papa Celestino I. Infuriando la polemica, Teodosio convocò il concilio di Efeso nel 431, che portò alla scomunica e alla deposizione di Nestorio. In quella occasione, purtroppo, Cirillo agì in maniera autoritaria e affrettata, iniziando le sessioni senza attendere l’arrivo dei vescovi orientali e dei legati pontifici: per questo fu messo in carcere, uscendone solo a concilio finito. Le dispute però continuarono ugualmente, per la resistenza degli antiocheni sulle posizioni nestoriane. Cirillo morì il 27 giugno del 444 senza vedere una vera pace teologica. Numerosissime sono le opere che di lui ci sono pervenute, nelle quali la pacatezza espositiva e l’intento dottrinale si alternano ai motivi polemici e apologetici. Oltre alle 88 Lettere e alle 22 Omelie, ricordiamo: De adoratione et cultu in spiritu et veritate, un dialogo sulla interpretazione dell’Antico Testamento; Glaphyra (“ceselli”), commentari su Pentateuco, Genesi ed Esodo, nonché su Isaia e sui 12 profeti minori, sui Salmi e sui Vangeli, e una breve illustrazione del Simbolo niceno. Leone XIII ne estese il culto a tutta la Chiesa latina e lo proclamò dottore della Chiesa.