Ireneo (che in greco significa “pacifico”), uno dei più grandi teologi del secolo II, nacque a Smirne verso l’anno 130, e fu discepolo di san Policarpo il quale a sua volta era stato alla scuola degli apostoli, in particolare di san Giovanni. Al tempo di Marco Aurelio, Ireneo era presbitero della Chiesa di Lione, e quando nel 177 il vescovo Potino morì, novantenne in carcere per i maltrattamenti subiti, egli fu chiamato a succedergli. Fu certamente un grande pastore, tanto che San Gregorio di Tours scriverà che Ireneo «in breve spazio di tempo, con la sua predicazione, rese cristiana tutta la città di Lione». Tra il 190 e il 200 si inasprì la controversia circa la data di celebrazione della Pasqua: le Chiese dell’Asia la festeggiavano in data fissa il 14 del mese di Nisan, fosse anche un giorno feriale, mentre a Roma la si celebrava sempre in data mobile, la domenica dopo il plenilunio di primavera. Il papa Vittore I voleva scomunicare per questo le comunità di tutta l’Asia, ma molti vescovi, tra cui Ireneo a nome delle Chiese della Gallia, scrissero al Papa esortandolo ad avere cura della pace, dell’unione e della carità. La loro iniziativa sortì un effetto positivo: la scomunica non fu comminata e le Chiese dell’Asia man mano si uniformarono all’uso romano. È possibile, come scrive san Gregorio Magno anche se non esistono prove certe, che Ireneo sia morto martire verso il 202, dato che dal quel tempo la Chiesa lo onora come tale. Ma più che come martire, egli meriterebbe di figurare tra i Dottori della Chiesa: la sua opera maggiore è la Adversus haereses (contro le eresie) in cui smaschera le false dottrine degli gnostici. Egli è il primo a fornire un’esposizione abbastanza completa della dottrina tradizionale della Chiesa. Particolare rilievo egli dà alla dottrina della ricapitolazione in Cristo di tutta la storia dell’umanità, mentre grande valore hanno le sue testimonianze sull’Eucarestia, su Maria e sulla tradizione delle Chiese.