Oggi Positano in Costiera amalfitana festeggia il santo Patrono San Vito . Pubblichiamo uno scritto dello storico Gennaro Cuccaro
Perchè i secoli medievali sono considerati secoli bui? Luciano De Crescenzo, nel suo testo “Storia della filosofia medievale” affermò che a spegnere la luce furono la Chiesa e i Barbari. L’assolutismo e il potere temporale dell’ecclesia, uniti alle disgregazioni dei popoli a causa delle invasioni delle orde barbariche, spensero la luce delle età dell’oro, prima ellenistica e poi della Roma Imperiale.
I “barbari nostrani” erano di origine araba, i temutissimi pirati Saraceni. Si è utilizzato il termine arabo in questo caso, perché in quell’epoca esso era sinonimo di musulmano, dato che molto spesso vi era una confusione geografica e antropologica, fra gli Arabi “europei” di Sicilia e di Spagna, gli Arabi del Nord Africa e gli Arabi del Medio Oriente. L’unica cosa certa era la differenza fra Islam e Cristianesimo.
Noti in tutto il Mediterraneo per i loro saccheggi e per le loro razzie, questi pirati infestavano, come zanzare, le martoriate regioni del Sud Italia. Una schiera di essi accampata ad Agropoli, dopo aver considerato il momento proficuo per attaccare le sponde cilentane, ebbe la capacità di annientare le difese della nobile città di Paestum o Posidonia, che presero proprio la notte del 23 giugno 915.
Alcuni fra i superstiti, ritenendo inutile ricostruire la città in una zona malarica, quale era la pianura circostante, si rifugiarono sulle alture, dove secondo le cronache dell’epoca, fondarono un nuovo insediamento che, dalle sorgenti del fiume Sele, prese il nome di Caput Aquae (letteralmente “Testa dell’acqua”), termine dal quale deriverebbe il toponimo Capaccio. Altri superstiti, invece, fuggirono via mare, alla ricerca di un luogo dal clima più salubre.
Il 25 giugno, diretti verso le coste dell’antico Ducato bizantino di Amalfi, approdarono sulla Spiaggia Grande di Positano, dove furono accolti dai monaci benedettini dell’Abbazia di San Vito.
Le testimonianze dirette che possediamo di queste vicende storiche, oltre che documentarie, sono anche archeologiche e toponomastiche. Un ricordo della distruzione della città di Paestum e della fuga dei pestani verso Positano è rappresentato dal meraviglioso bassorilievo, datato XI – XII secolo, che oggi si trova sulla porticina d’ingresso del campanile, ma che, come narra il Monsignor Errico Talamo, in precedenza era una transenna presbiteriale dell’antica Abbazia.
Sul bassorilievo è raffigurato o raffigurata, come dir si voglia, un o una pistrice, animale mitologico nato dall’incrocio tra un drago e un pesce o tra una volpe e un serpente marino, circondata da sette pesci e da una volpe. La sua coda a spirale simboleggia la paura dell’ignoto, come un vortice che risucchia tutto e tutti nei gorghi del mare. Essa raffigura, soprattutto, la paura verso chi o cosa proviene dal mare, nel nostro caso i Saraceni.
Questa storia di sofferenza ma anche di speranza tramandataci fino ad oggi dalla tradizione storica, è il simbolo dell’ospitalità positanese, che a questo punto si può definire “innata” e che dura ancora oggi con l’accoglienza dei nostri graditi ospiti. Questa storia ci fa riflettere anche e soprattutto su questo dato di fatto: la venerazione verso il martire San Vito è veramente molto antica, più di 1000 anni.
Ai giorni d’oggi probabilmente la Chiesa Madre di Positano viene menzionata il più delle volte come Chiesa dedicata alla Madonna Assunta, ma ricordiamo che questo santuario ecclesiastico ha appunto due patroni, la Vergine Assunta e San Vito, emblemi della spiritualità vivida che si respira in questo paese.