L’8 luglio si celebra la giornata internazionale del mar Mediterraneo, un’occasione per aumentare la consapevolezza sullo stato di salute del Mare Nostrum e sui pericoli che lo minacciano.
Il Mediterraneo è uno scrigno della biodiversità marina del nostro Pianeta perché, pur avendo solo una superficie di circa l’1% di tutti gli oceani, ospita oltre 12 Mila specie marine, tra il 4 ed 12% della biodiversità marina mondiale.
Fin dall’antichità il mar Mediterraneo è stato un crocevia di popoli e culture, un luogo di intrecci e mescolanze, di scambi, negoziazioni e trasformazioni ed oggi non si può dire che sia da meno. Dal punto di vista geografico è un mare quasi chiuso – che cinge e culla l’Italia per tutta la sua lunghezza – e contribuisce a determinare quel clima mediterraneo che ha da sempre favorito una grande ricchezza di specie e varietà colturali. Quelle varietà colturali oggi esportate in tutto il mondo e che sono alla base della Dieta mediterranea, considerata il simbolo dell’alimentazione salutare e per questo entrata nella Lista dei patrimoni culturali immateriali dell’UNESCO.
Dal punto di vista geopolitico, invece, è un mare che si trova al centro delle Terre (così vuole anche la sua etimologia) e insieme fa da confine a tre grandi mondi: quello europeo, quello nord africano e quello asiatico. Un’area oggi più che mai strategica, crocevia tra i mercati sviluppati e i nuovi mercati emergenti, che svolge un ruolo importante nel consentire la connettività globale. Nel Mediterraneo sud-orientale, infatti, si trovano cavi sottomarini che veicolano fino a un terzo del traffico Internet mondiale. Un traffico che non interessa solo i dati, ma anche le rotte commerciali e turistiche, dato che le acque sono solcate ogni anno da migliaia e migliaia di navi che trasportano merci e passeggeri. E tra queste autostrade create dall’uomo, lotta per tenersi il suo spazio una ricchezza biologica inestimabile. Le condizioni idrologiche e climatiche proprie del Mare Nostrum hanno infatti favorito l’insorgenza di una grande varietà di habitat e di nicchie ecologiche. Questo bacino è infatti un hot-spot di biodiversità: ospita fino al 18% delle specie marine conosciute (secondo le stime del WWF sono circa17.000 le specie presenti), di cui circa il 20-30% endemiche. Un mare, quindi, dalle caratteristiche uniche, nel quale si intrecciano (e si scontrano) differenti influenze culturali e rilevanti specificità naturali. E proprio queste ultime sono oggi sempre più minacciate. In primis perché lo stesso IPCC ha classificato il Mediterraneo come un hotspot climatico, ovvero un’area del pianeta che sta subendo un aumento delle temperature più rapido rispetto alla media globale, con conseguente impatto sui sistemi naturali ed anche umani. Le acque sempre più calde creano le condizioni (ma non sono l’unico fattore) per il verificarsi di fenomeni meteorologici estremi, come i Medicane, i MEDIterranean hurriCANES ovvero “uragano mediterraneo”. L’aumento della temperatura dell’acqua porta alla sua deossigenazione, ovvero alla diminuzione del contenuto medio di ossigeno, con la seguente moria di pesci e altre specie marine. Ma, purtroppo, non finisce qui: le minacce per tutti gli organismi che popolano il mare si ritrovano anche nel crescente inquinamento (sia da plastica che da contaminanti chimici), nella pesca eccesiva ed illegale, nel traffico marittimo in continuo aumento, nell’infrastrutturazione sottomarina, nell’invasione di specie aliene, nell’acidificazione ed eutrofizzazione delle acque. Ed ogni problema trova le sue cause principalmente nell’agire umano.
Lenze, reti da pesca, buste, bottiglie, flaconi, pneumatici e molto molto altro: nel bacino del Mediterraneo si riversano le acque dei diversi fiumi provenienti da territori altamente popolati, come il Nilo, il Rodano e il Po. I grandi pezzi di plastica feriscono, strangolano e causano spesso la morte di animali, mentre i pezzi più piccoli e le microplastiche vengono ingeriti dai pesci ed entrano nella catena alimentare, arrivando fino a noi. Sono anche le intricate e diffuse rotte marittime a mettere in pericolo alcune delle grandi specie che popolano il mare: il Mediterraneo è infatti l’area marina in cui avvengono più collisioni tra cetacei e navi. E proprio per la salvaguardia di questi grandi mammiferi marini già nel 1991 fu istituito il Santuario Pelagos, un’area marina protetta compresa tra Francia e Italia e classificata come Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Queste ultime, definite ASPIM – Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea, appunto – sono state create a partire dalla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dai rischi dell’inquinamento, uno strumento giuridico che coinvolge 21 paesi che si affacciano sul Mare Nostrum e che richiede alle parti contraenti di adottare tutte le misure necessarie per proteggere e migliorare l’ambiente marino, contribuendo al suo sviluppo sostenibile.
Da qui la creazione di aree marine protette, tra cui nella parte italiana si annoverano Capo Caccia e Isola Piana, Capo Carbonara, Miramare, Porto Cesareo, Torre Guaceto e molte altre ancora. Ci sono poi anche associazioni che mirano a tutelare le acque e le specie del Mediterraneo. Tra le principali ricordiamo Marevivo costantemente impegnata in azioni di sensibilizzazione per ottenere leggi efficaci e concrete finalizzate alla conservazione e alla difesa dell’ecosistema marino.