Aquila e Priscilla (o anche Prisca) – una coppia di giudeo-cristiani – sono due collaboratori di Paolo, a lui molto cari. Li incontriamo per la prima volta a Corinto durante il secondo viaggio missionario dell’Apostolo, che intuì subito le buone qualità dei due coniugi e il contributo che potevano dare alla sua difficile missione. Poiché entrambi erano fabbricanti di tende, diedero a Paolo, che faceva lo stesso mestiere, la possibilità di lavorare e di procurarsi il necessario per vivere senza essere di peso a nessuno durante l’anno e mezzo che rimase a Corinto. Quando poi decise di tornare in Siria, Aquila e Priscilla lo accompagnarono fino a Efeso, dove si fermarono dedicandosi a istruire nella catechesi cristiana il giudeo-alessandrino Apollo, che era versatissimo nelle Scritture, ma ignorava alcuni punti essenziali della nuova dottrina. Probabilmente furono loro a battezzarlo prima che egli partisse per Corinto. A Efeso misero la loro casa a disposizione della comunità per le adunanze del culto, facendone una “chiesa domestica” e ospitando Paolo il quale, nella prima lettera ai Corinti (16, 19) dice: «Molti saluti nel Signore vi mandano Aquila e Priscilla, con quelli che nella loro casa si adunano, dei quali sono ospite». Un caldo elogio dei due (che intanto per ragioni di commercio si erano trasferiti a Roma) l’Apostolo lo fa poi scrivendo ai Romani (16, 3-5): «Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù: per salvare a me la vita, essi hanno rischiato la testa. […] Salutate anche la comunità che si raduna in casa loro». Forse l’Apostolo, nel suo ringraziamento, allude al tumulto degli argentieri, capeggiati da Demetrio, a Efeso, di cui parlano gli Atti (19, 23 e segg.). Non si conosce con certezza il tempo, il luogo e il genere di morte della santa coppia. Il “Sinassario Costantinopolitano” chiama i due sposi «apostoli e martiri», ma non vi sono prove sufficienti per il martirio. Probabilmente decedettero entrambi per morte naturale a Efeso.