Emodinamica fondamentale per la cardiologia, ma manca in Penisola sorrentina e negli ospedali da Sorrento ad Amalfi mancano anche i cardiologi

3 agosto 2023 | 12:42
Share0
Emodinamica fondamentale per la cardiologia, ma manca in Penisola sorrentina e negli ospedali da Sorrento ad Amalfi mancano anche i cardiologi
Emodinamica foto Gvm

Emodinamica fondamentale per la cardiologia, ma manca in Penisola sorrentina e negli ospedali da Sorrento ad Amalfi mancano anche i cardiologi. Incontro casuale con un cardiologo che lavora a Roma sulle spiagge, amante della Costiera amalfitana e Penisola sorrentina, ci fa un’osservazione pertinente sulla mancanza dell’emodinamica e della sua importanza per intervenire tempestivamente ed evitare decessi o anche danni futuri e permanenti al cuore. Non risulta esserci a Sorrento e Vico Equense, non sappiamo se prevista in futuro, ma considerando che Positano e Praiano orbitano sulla Penisola sorrentina,  è grave che non ci sia e non sia prevista, visti i tempi di trasporto. Ma altro problema ora più grave per noi in Campania, ma anche nel Sud Italia a quanto sappiamo, è che mancano cardiologi, in genere concentrati nei capoluoghi Napoli e Salerno, per loro un super lavoro ma anche rischi per l’utenza, situazioni critiche denunciate quasi quotidianamente fra due costiere, all’Ospedale Costa d’Amalfi di Castiglione di Ravello problemi anche per il 118.

Ma cosa è l’enodinamica?

L’emodinamica è quella branca della cardiologia che analizza e studia il comportamento del sangue in movimento nei vasi (arterie e vene).
Oggi in un laboratorio di emodinamica è principalmente studiato il circolo coronarico, cioè l’insieme delle arterie che veicolano il sangue al cuore per il suo funzionamento. Queste arterie sono in numero di tre e il loro ruolo è indispensabile per la vita.
Purtroppo le arterie coronarie molto spesso vanno incontro a una temibile patologia chiamata aterosclerosi, che consiste nell’accumulo di depositi di grasso all’interno del vaso, ostacolando il passaggio del sangue verso il cuore. Quando tali depositi raggiungono dimensioni critiche e il flusso sanguigno risulta fortemente ridotto, il miocardio (cuore) comincia a soffrire di ischemia.
L’ischemia, quindi, consiste nell’insufficiente apporto di sangue al muscolo cardiaco, provocando non solo sintomi come il dolore anginoso o la fatica respiratoria, ma portando spesso a conseguenze gravi come l’infarto miocardico, lo scompenso cardiaco e la morte.
Per evitare questi eventi è necessario diagnosticare tempestivamente eventuali ostruzioni delle arterie coronarie e stabilire la giusta terapia. L’esame più accurato in tali casi è rappresentato dalla coronarografia.
La coronarografia si esegue introducendo dei cateteri (tubicini) all’interno del cuore attraverso i quali è iniettato un mezzo di contrasto che permette di opacizzare e visualizzare il flusso del sangue all’interno delle coronarie, evidenziando l’esatta sede di una eventuale ostruzione.
Questi cateteri sono introdotti fino al cuore passando da piccoli fori praticati sull’arteria femorale, localizzata a livello dell’inguine, oppure su quella radiale, sita a livello del polso.
Una volta eseguita la coronarografia, se necessario è possibile procedere anche con l’angioplastica, che consiste nella disostruzione di una coronaria attraverso l’utilizzo di speciali dispositivi come palloncini e stent. Questi strumenti permettono di mantenere aperto il vaso ristabilendo il normale flusso di sangue al suo interno.
Sia la coronarografia sia l’angioplastica sono procedure non dolorose e prevedono l’esecuzione di una semplice anestesia locale senza la necessità di dover “essere addormentati”, abolendo così i rischi potenzialmente connessi con una anestesia generale.
Il luogo dove sono praticati quotidianamente tali interventi è il laboratorio di emodinamica. Qui è eseguito anche un tipo particolare di angioplastica, chiamata angioplastica primaria, riservata alle persone colpite da infarto miocardico acuto.
L’infarto miocardico acuto è causato dall’occlusione improvvisa di un vaso coronarico dovuta alla formazione di un trombo al suo interno. L’infarto acuto rappresenta un evento drammatico che espone la persona colpita a un elevato rischio di morte già nei primi minuti dopo il suo esordio. L’unica terapia possibile consiste nel liberare l’arteria coronaria dal trombo che la occlude, ripristinando così il normale flusso di sangue (riperfusione).
In questi casi il trattamento migliore, universalmente riconosciuto, è rappresentato dall’angioplastica primaria, che consiste nell’esecuzione in urgenza della coronarografia, per localizzare l’esatta sede dell’occlusione coronarica, e la successiva, immediata riperfusione del vaso attraverso l’impiego dei sopracitati dispositivi come palloncini e stent.
Fattore cruciale dell’angioplastica primaria e della terapia dell’infarto miocardico acuto è il tempo. L’angioplastica primaria, per essere efficace, deve essere effettuata nel più breve tempo possibile dall’insorgenza dell’infarto miocardico acuto.
Grazie all’angioplastica coronarica la prognosi della persona infartuata è notevolmente migliorata e la maggior parte delle persone, oggi, sopravvive all’episodio acuto ed è dimessa, entro una settimana, in buone condizioni generali, tanto da poter condurre la propria esistenza senza particolari limitazioni.