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Il sonno eterno degli innocenti: nascondiamo la vergogna sotto la cenere di fronte alle fiamme divoratrici di natura.

Nella notte del 23 agosto, un tasso veniva travolto da un auto che sfrecciava sulla Statale Amalfitana: a Maiori nei pressi di Capo d’Orso, teatro dei vasti incendi estivi anche quest’anno, probabilmente di natura dolosa.

Protetto dalla Legge n.157/1992 sulla fauna selvatica che ne vieta caccia e detenzione, questo esemplare di tasso era in difficoltà, proprio a causa della distruzione del suo habitat naturale.

Affamato e debilitato ha cercato di trovare un nuovo territorio per sopravvivere ed è sceso a valle, ma giunto in strada, probabilmente è stato abbagliato dai fari di un’auto ed è morto sul colpo.

Interi pezzi del “Parco dei Monti Lattari”, uno dei tesori boschivi più preziosi della Regione Campania, ad ogni stagione viene ridotto in cenere e centinaia di animali tra i quali rapaci, volpi, tassi ed altri piccoli mammiferi, nonché rettili, api ed insetti di ogni genere, scompaiono insieme alla rigogliosa vegetazione, in questo macrabo massacro dell’ambiente.

Dovrebbe essere una riserva iperprotetta, invece è oggetto di atti scellerati di persone senza scrupoli, disposte a tutto pur di soddisfare i propri interessi personali.

Quasi sempre infatti si tratta di incendi ad opera dell’uomo, che vanno ad aggiungersi agli altri rischi, dovuti a caldo e siccità, perché quando le piante si seccano, basta anche una sola scintilla, per mettere tutto a rischio.

L’elemento complice dell’evento è sempre il vento, che alimenta le fiamme, rende difficile lo spegnimento ed ostacola anche l’intervento dei mezzi aerei.

I costi necessari per gli interventi di somma urgenza di pulizia, disgaggio e messa in sicurezza della strada, sono sempre molto alti.

La morte del piccolo tasso ha segnato anche l’inizio del calvario di pendolari e turisti che non potranno circolare liberamente per più di 40 giorni su questa importante arteria stradale, durante i lavori di messa in sicurezza.

L’importo occorrente di 350.000€, finanziato da fondi pubblici, si sarebbe potuto utilizzare per programmi di prevenzione e tutela del territorio: pulizia del sottobosco, della statale e dei sentieri, perlustrazioni dirette, con droni e videotrappole, al fine di evitare di dover ingabbiare col metallo tutta la montagna con reti e muraglie, a riparazione di uno scempio stagionale ampiamente prevedibile.

I roghi della stagione 2023, ad oggi, solo in Costiera sono stati circa una decina in un mese, con il rombo di elicotteri e canadair che ha dominato per ore su tutta la costa, mentre interi pezzi del Parco andavano in cenere.

Perché non si riesce ancora a prevenire e contrastare questi atti criminali?

La comunità deve reagire in prima persona a questa incivile e drammatica consuetudine, attuando una vera e propria regia, tra volontari, agricoltori e pastori, ma anche comuni cittadini e turisti che, in una rete solidale di responsabilità, trasformi tutti in “custodi del patrimonio naturale”, secondo il principio dell’autoprotezione.

Vanno premiati gli amministratori locali, solo se sono stati in grado di mettere in atto il ripristino ecologico del proprio territorio, con una manutenzione costante, perché la gestione del turismo non può più prescindere da quella della tutela dell’ambiente, in cui territorio ed economia sono due aspetti strettamente interconnessi l’uno all’altro.

Che l’Araba fenice, in grado di rinascere dalla cenere, sia proprio il nostro territorio, più che un fugace evento danzante, seppur necessità ludica per i turisti.

Il territorio è quello che abbiamo di più prezioso e per il quale vale davvero la pena di combattere, affinché anche le nuove generazioni possano continuare a guardarlo senza rimpianti, in tutto il suo splendore.

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