Ospedale unico e sanità territoriale, quale futuro dopo la bozza di rimodulazione del Recovery plan?
La Bozza di rimodulazione del Recovery plan previste meno case e ospedali di comunità
Roma – Ieri i presidenti regionali guidati dal friulano Massimiliano Fedriga hanno fatto presente al governo, ancor prima di quanto potrebbero fare i responsabili dell’Ue, che modificare il Pnrr non sarà affatto facile, elencando tutta una serie di incongruenze della bozza di rimodulazione del Recovery Plan . I governatori hanno tenuto a sottolineare come “le Regioni e le Province Autonome non sono state coinvolte” e che quindi chiedono un confronto “quanto mai opportuno e urgente” con l’esecutivo guidato dal Presidente Giorgia Meloni. L’area sanitaria è una delle più problematiche, il governo però a causa dell’aumento dell’inflazione intende cancellare dal Pnrr una parte sostanziale degli investimenti destinati a infrastrutture sanitarie esistenti o da realizzare entro il 2026. Dal Piano a quanto pare sarà stralciata la realizzazione di 414 (su 1350) Case di Comunità, che avrebbero dovuto sostituire gli inadeguati studi medici privati e alleggerire i pronto soccorso degli ospedali; saranno eliminati 96 dei 504 cosiddetti “ospedali di comunità” previsti, le strutture di degenza più piccole destinate a pazienti non gravi o cronici. Non godranno del Pnrr anche 76 delle 600 Centrali operative territoriali da cui partirebbe la presa in carico dei pazienti e lo smistamento a servizi più adeguati. Il governo intende così spostare gli obiettivi su altre linee di investimento. Tagliare questi servizi, sottolineano le Regioni, che ricordiamolo sono sovrane in materia sanitaria, “significa rinunciare a interventi urgenti e necessari”. I fondi “ex articolo 20”, scrivono, erano già stati destinati all’ammodernamento delle strutture ospedaliere, spesso costruite oltre 50 anni fa, se andranno dirottati per riempire i buchi aperti dal Pnrr sorgerà un problema di copertura, come già rilevato dal Servizio studi parlamentari. Per vecchie e nuove opere, inoltre, le Regioni hanno firmato contratti di sviluppo e elaborato piani operativi regionali vincolanti e ora “devono procedere nella prosecuzione delle opere, senza ritardi e senza incorrere nella mancanza di finanziamenti”. Rivedere il programma in corsa potrebbe generare una pioggia di ricorsi e sanzioni. La Commissione Europea, dopo la drammatica pandemia vissuta in questi anni, si sarebbe aspettata una riforma sanitaria significativa con un rilancio importante dei servizi sociosanitari di prossimità, ma sembra che si stia andando in tutt’altra direzione, o no?
Massimiliano Fedriga (Lega), residente del Friuli Venezia Giulia.