Un interessante incontro culturale si è tenuto ieri a Sorrento, presso Villa Fiorentino, organizzato dall’Istituto di Cultura Torquato Tasso e Fondazione Sorrento, ” Roma Antica e l’oceano Indiano”, relatore il Professor Dario Nappo, del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli.
Fin dall’antichità, i Romani intessevano rapporti commerciali con l’India, in particolar modo quello delle spezie, soprattutto il pepe che veniva usato anche per la conservazione dei cibi, tale commercio era molto redditizio, con un rendimento di 1 a 100; un aspetto particolarmente interessante era il modo avveniva il trasporto delle merci dalle coste dell’India a Roma.
Il trasporto del grano, dalle province medio-orientali all’Urbe, avveniva grazie alle navi annonarie che raggiungevano il porto di Anzio, poi il carico veniva caricato sulle delle navi fluviali, in grado di navigare lungo il Tevere, arrivando nel cuore della capitale.
Malgrado la via terrestre della seta, i collegamenti di Roma con l’India, avvenivano via mare poiché ritenuti più agevoli e sicuri, tramite il porto di Alessandria, uno dei maggiori porti dell’impero romano, si navigava lungo il Nilo per arrivare sul mar Rosso, per sfociare infine sull’Oceano Indiano e raggiungere così le coste dell’India (vedi foto).
Nel florido porto egiziano, una serie di agenti curava l’aspetto economico delle spedizioni, anche finanziandole direttamente, risulta che l’imperatore Tiberio avesse capitali investiti in tali operazioni.
La varietà delle acque da attraversare, quella fluviale del Nilo, quella bassa e rocciosa del mar Rosso ed infine quella oceanica, prevedeva l’impiego di diverso tipo di navi, piccole e con poco pescaggio nel primo tratto, grandi navi invece per la traversata dell’oceano.
Naturalmente era previsto un trasbordo delle merci dal fiume al mar Rosso che avveniva via terra, probabilmente a dorso di mulo, dal Nilo fino a porti romani; si ovviò a tale incombenza, costruendo un canale artificiale, antesignano del canale di Suez, largo abbastanza per il transito di due triremi.
L’imperatore Augusto operò in quei territori, delle spedizioni militari, con l’intento di approfondirne la conoscenza; dopo di lui, l’imperatore Traiano, effettuò una campagna in medio oriente, durante la quale conquistò, tra gli altri, il piccolo Regno di Nabatea che divenne la Provincia d’Arabia (Arabia Petrea); il popolo dei Nabatei raggiunse il massimo splendore proprio curando i rapporti commerciali tra l’Arabia ed il Mediterraneo, alcuni di loro si insediarono a Baia, fondando una prosperosa comunità e costruendo luoghi di culto che sono giunti sino ai giorni nostri.
Si narra che l’imperatore Traiano, vedendo partire le navi romane verso le coste indiane, avesse manifestato il proposito di andarci, ma essendo anziano rinunciò all’idea, morì infatti poco tempo dopo.
Non è sicuro che Traiano fu il primo a realizzare il collegamento tra il Nilo ed i porti romani del mar Rosso, di sicuro potenziò il già citato collegamento che prese il nome di Fiume di Traiano; fu risolto anche il problema del dislivello tra il Nilo ed il mar Rosso che era più alto; probabilmente se ne occupò il famoso architetto Apollodoro di Damasco, autore tra l’altro della famosa Colonna di Traiano; antichi papiri attestano che l’uso del canale si protrasse sino all’epoca Bizantina.
Il professor Nappo, a conclusione della conferenza, ha citato la presenza dell’Esercito romano nelle isole Farasan (vedi foto), un avamposto romano nel mar Rosso; nel 2003 furono ritrovate due iscrizioni latine, la distanza cronologica tra esse, dimostra come l’insediamento durò alcuni decenni, nelle iscrizioni è citato il nome dell’isola principale Farasan che è rimasto lo stesso ancora oggi. Pochi mesi fa è stata scoperta una terza iscrizione, tutt’ora allo studio degli esperti, le conclusioni saranno pubblicate a breve.
La navigazione tra l’Arabia e l’India, grazie ai Monsoni (dall’arabo mawsim che significa “stagione”) venti periodici tipici dell’Oceano Indiano, come ha ricordato il professore, avveniva per parallelo, il controllo della rotta, si ricavava misurando l’altezza del Sole di giorno e della Stella Polare di notte, rispetto all’orizzonte (la longitudine in mare fu scoperta solamente nel XVIII secolo).
Se fi fu contaminazione, tra il popolo arabo, o per meglio dire dell’Arabia Saudita con l’impero romano, non si può affermare, di sicuro vi è stata quella tecnologica, soprattutto nel campo della navigazione; ed in particolare riguardò gli strumenti di navigazione.
Gli arabi e gli indiani esperti navigatori, misuravano l’angolo verticale della Stella Polare rispetto al piano dell’orizzonte con le dita (isbà) o con le mani (dhubbàn), un dhubbàn era pari a 4 isba, ogni isbà corrispondeva a circa 1°40’ (vedi foto).
Nel IX secolo d.C. comparvero i primi strumenti in legno per la misurazione degli angoli: il kamàl e il khashàbà, parola araba che significa semplicemente “pezzo di legno”, questi strumenti furono assimilati ed implementati dalle marinerie occidentali.